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{{vedi anche|Dio (Buddhismo)}}
 
 
=== Religioni orientali ===
==== Induismo ====
[[File:Blake ancient of days.jpg|thumb|''L'Antico dei Giorni'', rappresentazione di Dio in un'incisione di [[William Blake]]]]
La visione di Dio presso la [[Induismo|religione induista]] è estremamente articolata, dal momento che l'Induismo stesso può essere considerato un insieme più o meno eterogeneo di numerose correnti filosofiche e religiose, a volte in evidente contraddizione tra loro. Questo rende l'Induismo difficilmente classificabile; infatti, sebbene da molti venga considerato politeista, vi si ritrovano tratti di diverse tipologie di religiosità, tra cui monoteismo ed [[enoteismo]]. I principali punti di vista della religione induista sono sei, e vengono chiamati [[Darshana]]; designano le differenti possibilità di approccio ad uno o più degli aspetti filosofici, [[Devozione|devozionali]], [[Metafisica|metafisici]] e [[Ritualismo|ritualistici]] emersi in un'epoca che affonda le sue radici nel mito (l'Induismo è infatti la più antica delle principali religioni del mondo).
 
{{citazione necessaria|Secondo alcuni non è corretto parlare di "Dio" in un contesto induista, poiché tale termine, nella cultura indiana, può riferirsi tanto alla totalità del divino quanto ai suoi singoli aspetti: ad esempio, l'aspetto personale o quello impersonale, l'aspetto creativo o quello distruttivo, l'aspetto femminile o quello maschile, l'aspetto dolce o quello austero, l'aspetto trascendente o quello immanente, ecc.}}
 
Questa tendenza a racchiudere in [[simbologia|simbologie]] aspetti tra loro opposti e complementari spiega l'{{citazione necessaria|apparente contraddizione }}tra le varie forme divine venerate nell'Induismo. Ciò si riflette nel sistema delle [[murti]] (raffigurazioni di Dio o dei suoi aspetti). Ad esempio [[Devi]] a seconda dell'aspetto che si vuole considerare viene chiamata [[Kali]] (aspetto terrifico della Madre Divina che, per amore del devoto, distrugge i demoni) oppure [[Bhavani]] (aspetto creativo della Madre Divina, letteralmente "colei che dà la vita") e, allo stesso modo, [[Shiva]] (l'aspetto paterno/maschile di Dio) viene chiamato a seconda dei casi "''Hara''" (letteralmente "distruttore") o "''Shankara''" (letteralmente "benefico").
 
Solitamente, con Dio in un contesto induista ci si riferisce al Dio-persona (generalmente chiamato [[Īśvara]], che significa "il Signore"), il Dio con una propria individualità, con degli attributi, con nomi e forme (in [[sanscrito]], ''nama-rupa''), il Dio dotato di tutti i poteri, al tempo stesso immanente e trascendente, il Dio che [[Avatar (religione)|si incarna]] ed impartisce gli insegnamenti necessari per ottenere la [[realizzazione spirituale]]. Īśvara (nelle sue innumerevoli forme e nomi) costituisce l'aspetto supremo di Dio presso i principali culti [[devozione|devozionali]] ([[Bhakti]] o [[Bhakti Yoga]]) monoteisti, ovvero [[Shivaismo]] (monoteismo di Shiva), [[Vaishnavismo]] (monoteismo di [[Vishnu]]/[[Krishna]]) e [[Shaktismo]] (monoteismo di [[Devi]], la Madre Divina, chiamata anche [[Shakti]]). Nessuno di questi culti nega l'esistenza o la validità delle altre forme/nomi divini; ciò che varia in ognuno di essi è soltanto l'aspetto peculiare (di Dio) su cui ci si vuole focalizzare, per farne oggetto di devozione.
 
Secondo la scuola di pensiero del [[Vedānta]], in particolare secondo la [[Advaita Vedānta|filosofia Advaita]] (filosofia della [[monismo|non dualità]]), esiste un substrato metafisico di tutto ciò che esiste – su tutti i piani, [[piano grossolano|grossolano]], [[piano sottile|sottile]] e [[piano causale|causale]] – un vero e proprio supporto situato al di là di ogni individualità, sia che essa riguardi l'anima individuale (detta [[Jīva]]) o quella universale (Ishvara, o Dio-persona). Questo substrato si trova oltre il mondo dei nomi e delle forme, ma per poter essere indicato viene chiamato [[Brahman]]; esso rappresenta la base del manifesto e dell'immanifesto, uno stato indifferenziato di puro essere, eternità e beatitudine, senza nascite e senza cause, situato al di là di qualsiasi speculazione filosofica o moto devozionale.
 
Per l'induista, le varie religioni (chiamate [[Dharma]]) sono sentieri che conducono all'unica meta; l'unica cosa che differisce sono gli strumenti per giungere a questa meta, ovvero i nomi e le forme, le ritualità, ecc. Da qui il forte senso di rispetto verso tutte le fedi, poiché ognuna di esse è vista come una possibile via per raggiungere l'unico Dio e riscoprire la propria [[Atma|natura divina]].
 
==== Buddhismo ====
Il [[Buddhismo]] è fondamentalmente una religione non-teista; [[Gautama Buddha]], fondatore della religione, rifiutò sempre di occuparsi di questioni metafisiche sostenendo di insegnare solo ciò che è necessario a seguire la Via, e nient'altro. Al monaco Malunkyaputta che gli poneva simili domande rispose che se un uomo avvelenato desiderasse sapere tutto dell'avvelenatore prima di assumere l'antidoto, non riuscirebbe a salvarsi.<ref>Walter Henry Nelson, ''Buddha: His Life and Teaching''. Penguin Putnam, 1996, pagg 94-95. ISBN 1-58542-001-8.</ref>
 
In tutte le speculazioni posteriori, gli dei, che pure compaiono spesso nelle scritture buddhiste, sono considerati [[Esseri senzienti (Buddhismo)|esseri senzienti]] al pari degli altri, e quindi prigionieri del [[Saṃsāra]]; la natura "divina" è solo una di quelle appartenenti al ciclo delle rinascite, ed agli dei si nega dunque la trascendenza (esempio ''Brahmajala Sutta''). Un altro atteggiamento verso gli dei è che avendo natura diversa da quella umana sia impossibile ogni forma di contatto: nel ''Tevijja Sutta'', Gautama condanna come sciocchezza l'idea che i [[brahmino|brahmini]] possano insegnare ad altri come raggiungere [[Brahma]], che essi stessi non conoscono.
 
Nelle scuole [[Theravada|Buddhismo Theravāda]] nessun essere vivente è al di là del Saṃsāra, e dopo la sua morte un [[Buddha]] è al di là dei sensi. A partire dal [[Buddhismo Mahayana|Buddhismo Mahāyāna]] però si assiste a un progressivo fenomeno di "divinizzazione" della figura del Buddha; la scuola Mahāyāna si formò in un'area di forte influenza [[ellenismo|ellenistica]] (dentro o vicino all'[[Impero Kushan]]), e fu la prima scuola a rappresentare il Buddha con statue e bassorilievi, oltre che la prima a riferirsi a lui col nome Bhagavān (venerabile, divino), usato nell'[[induismo]] per riferirsi agli dei.
 
Nel [[Buddhismo Mahayana|Buddhismo Mahāyāna]], pur negandosi decisamente il concetto di un creatore o di una entità onnipotente (sia singolari che plurali), si parla tuttavia in alcuni ''sutra'' (ad esempio nel Mahāparinirvāṇa Sūtra) di un principio noto come "Natura di Buddha" (''Buddha-dhatu'' o ''Tathagatagarbha''), piano ultimo di tutte le cose, la "Mente Risvegliata", eterno e onnisciente, immanente e trascendente la realtà, un germoglio del quale è presente in ogni essere senziente ed apre a esso la strada per diventare un vero Buddha. Sebbene siano esistiti ed esisteranno infiniti Buddha, la loro natura è la medesima; nel ''Lalitavistara Sūtra'', Gautama dice: «Io sono il dio sopra gli dei, superiore a tutti gli altri dei; nessun dio è come me – come potrebbe essercene uno più in alto?». Questa "essenza" del Buddha è indistruttibile, incomprensibile, divina, eterna, infinita, onnisciente, immacolata, increata e immortale, e il suo reame, secondo il ''Nirvāṇa Sūtra'' è inerente a tutti gli esseri senzienti. Contemporaneamente è [[Anatman|priva di sé]] ed è, significativamente, identica alla [[vacuità]]. L'esistenza degli dei non viene quindi negata, ma relegata ai paradisi della Forma e ai paradisi Senza Forma, limitati nel tempo e nello spazio, soggetti alla rinascita e alla morte, luoghi in cui è difficile produrre azioni positive o negative (in questo specularmente identici agli inferni), luoghi dove, sotto forma di divinità, gli enti godono i frutti delle loro azioni karmicamente positive ma ineluttabilmente destinati a finire come qualsiasi forma di vita dipendente da altro.
 
Nel [[Buddhismo Vajrayana]], nelle scuole [[Buddhismo tantrico|tantriche]], in particolare nel [[Buddhismo tibetano]], è presente la figura dello [[Yidam]], discutibilmente tradotto come "deità"; gli Yidam sono forme di Buddha che rappresentano particolari qualità della mente; tali forme sono parte centrale di alcune specifiche meditazioni nelle quali lo studente si identifica con esse per sviluppare le qualità che la forma rappresenta. Alcune forme, come ad esempio quella del "Buddha primordiale" ([[Adi-Buddha]]), rappresentano la natura della mente stessa, non creata, avente le caratteristiche di [[Spazio (fisica)|spazio]] ([[vacuità]]), luminosità (capacità di conoscere e di sperimentare) ed assenza di limiti; il praticante buddhista ha come scopo ultimo il riconoscimento della natura della mente, l'Illuminazione. Nel ''[[Kunjed Gyalpo Tantra]]'' ("Tantra del Re Creatore del Tutto"), appartenente alla tradizione [[Nyingmapa]], l'Adi-Buddha, identificato con [[Samantabhadra]], dice di sé: «Io sono il nucleo di tutto ciò che esiste. Io sono il seme di tutto ciò che esiste. Io sono la causa di tutto ciò che esiste. Io sono il tronco di tutto ciò che esiste. Io sono le fondamenta di tutto ciò che esiste. Io sono la radice dell'esistenza. Io sono "il nucleo" perché Io contengo tutti i fenomeni. Io sono "il seme" perché Io do la nascita a tutte le cose. Io sono "la causa" perché tutto viene da me. Io sono "il tronco" perché le ramificazioni di ogni evento partono da me. Io sono "le fondamenta" perché tutto poggia su di me. Io sono chiamato "la radice" perché Io sono tutte le cose». Nel Buddhismo Vajrayana non è presente il concetto di un Dio creatore.
 
=== Nuovi movimenti religiosi ===