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Con il decreto Regio 24 del settembre 1923, il [[governo]] concedeva ad enti pubblici, a società o a privati l’esercizio degli impianti telefonici, con un duplice scopo: da un lato sgravare lo stato dalle considerevoli spese di ricostruzione post-bellica non ancora effettuate, e dall’altro realizzare una svolta nella gestione del servizio, conferendogli un assetto più razionale ed efficace. <ref name= "tesi luiss" />
 
Si decise, cosi, una suddivisione del territorio in cinque grandi zone, comprendenti sia impianti urbani che interurbani di minore importanza, da affidare ad altrettante società private. Queste avrebbero dovuto assorbire le concessionarie preesistenti, e creare una sesta concessione per gli impianti interurbani principali. Le cinque zone furono: <ref name= "occorsio" > {{cita web
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|autore= Eugenio Occorsio
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|titolo= Reti: quali regole? La questione-base dello sviluppo italiano
|accesso= 16 novembre 2012
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|editore= Baldini Castoldi Dalai Editore
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}} </ref>
 
* 1a zona: [[Piemonte]] e [[Lombardia]]; [[Stipel]]
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* 3a zona: [[Emilia]], [[Marche]], [[Umbria]], [[Abruzzo]] e [[Molise]]; [[TIMO]]
* 4a zona: [[Liguria]], [[Toscana]], [[Lazio]], [[Sardegna]]; [[Teti (azienda)|TETI]]
* 5a zona: [[Italia meridionale]] e [[Sicilia]]; [[Società Esercizi Telefonici|SET]]
 
 
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<references />
<references />
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==Bibliografia==