Secondo triumvirato: differenze tra le versioni

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{{vedi anche|Marco Antonio|Ottaviano|Marco Emilio Lepido}}
[[Immagine: Marcus Antonius.jpg|thumb|200px|left|Ritratto di Marco Antonio]]
I tre protagonisti del patto avevano personalità molto diverse e, come si è visto, strisserostrinsero l'accordo per convenienza personale, piuttosto che per una sincera identità di vedute.
<br /> '''[[Marco Antonio]]''' era desideroso di raccogliere e proseguire l'opera già cominciata da Cesare: riforma in senso monarchico dello stato ed espansione ad Oriente dell'impero. Dopo aver dato pubblica lettura del testamento del dittatore, seppe usare per i suoi fini le ire popolari contro i cesaricidi, diventando così leader indiscusso del partito cesariano. Il suo consolato del 44 fu caratterizzato da politiche demagogiche e una legislazione confusa. Percepì fin daben subitopresto il pericolo rappresentato dal giovane Ottavio, sia in quanto erede universale di Cesare, sia perché era ben visto dagli ottimati. Costretto dopo Modena ''ob torto collo'' a condividere con il futuro rivale la scena politica, scatenò, come si è visto, sanguinose rappresaglie contro i propri nemici politici <ref> Ibidem, p. 402</ref>.
<br /> '''[[Ottaviano]]''', figlio adottivo di Cesare, come si è visto fu astuto e abile allo stesso tempo nello sfruttare la confusione creatasi dalle lotte fra partiti avversi. Fu visto inizialmente, nonostante la pericolosa parentela, come paladino degli ottimati da contrapporre ad Antonio. Non a caso in occasione della battaglia di Modena accompagnò come ''propraetor'' i consoli con milizie a lui fedeli. Ben presto, però, fece pentire l'aristocrazia della scelta fatta e mostrò di voler vendicare il padre adottivo e raccoglierne l'eredità politica.
<br />Seppe raggiungere subito in maniera spregiudicata la massima magistratura della ''Res publica'' con un vero e proprio colpo di stato e, come vedremo, una volta entrato in contrasto con Antonio, si presentò come campione del ''mos majorum'' tanto caro all'aristocrazia senatoria e della conservazione e tutela dei valori della repubblica e delle sue istituzioni. Non fu solo bravo nel sapersi muovere nell'agone politico, ma si circondò di valenti uomini, come quel [[Marco Vipsanio Agrippa]] abile generale che gli regalò i suoi successi militari più importanti.
<br /> '''[[Marco Emilio Lepido]]''', sostenitore di Cesare e poi di Antonio subito dopo le idi di marzo, fu invece presto un comprimario, una spalla degli altri due colleghi e in molti casi poco affidabile. Di fronte al crescere della personalità e dell'importanza degli altri triumviri, egli fu sempre più relegato ai margini della scena politica. Dopo Filippi, che come vedremo fu la vittoria definitiva sui cesaricidi, ottenne solo l'Africa. Chiamato a sostenere Ottaviano contro [[Sesto Pompeo]] in [[Sicilia]] (36 a.C.), fu un alleato poco fedele e giunse alla fine col patteggiare per il figlio di [[Pompeo Magno]]. Abbandonato dai soldati, dovette arrendersi e chiedere perdono a Ottaviano (ormai padrone dell'Occidente). Per punizione fu costretto a rinunciare alle otto legioni giunte in Sicilia al seguito di Sesto Pompeo che aveva preso al comando, le magistrature affidategli (mantenendo solo quella di ''pontifex maximus'', titolo puramente onorifico) e ritirarsi a vita privata a [[Circei]] fino alla morte (ca. 12 a.C.)<ref> Ibidem, p. 403</ref>.
 
==Lo scontro con i cesaricidi e Sesto Pompeo==
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==Lo scontro tra i triumviri==
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L'eliminazione degli ultimi pompeiani riunitisi attorno alla figura di Sesto Pompeo e la marginalizzazione di Lepido furono gli ultimi episodi della lunga contesa politica che precedette lo scontro tra Antonio e Ottaviano. Come si è visto i due finrivaleggiarono daben subito rivaleggiaronopresto nel contendersi l'eredità politica di Cesare. Solo i buoni uffici di Lepido e le circostanze spinsero i due a tralasciare gli odi reciproci e di giungere ad un'alleanza politica vantaggiosa per entrambi.
<br /> Dopo l'incontro di Taranto del 37 l'impero fu diviso tra i due triumviri: ad Ottaviano toccò la soprintendenza sull'Occidente, mentre ad Antonio il ricco e appetito Oriente. Sempre nella città pugliese i due futuri rivali decisero che gli eccezionali poteri triumvirali riconosciuti con la ''lex Titia'' avrebbero dovuto cessare nel 32 e l'anno dopo avrebbero ricoperto il consolato come colleghi, ma tale patto non fu rispettato poiché si consumò la definitiva rottura fra di loro. Infatti ben presto tra di loro cominciò ad esserci una lotta per conquistare l'egemonia del potere usando ogni mezzo, compresa la diffamazione dell'avversario. Un esempio è la tentata incriminazione d'Ottaviano nel 32 da parte del console Sosio, partigiano di Antonio. Il futuro imperatore, però, prontamente reagì alle accuse e fece circondare la ''[[senato romano|curia]]'' dai suoi legionari; trovatosi in difficoltà il console con il collega Gneo Domizio (anch'egli del partito d'Antonio) fuggì in Oriente.
<br /> Contemporaneamente anche Ottaviano usò ogni mezzo per mettere in cattiva luce l'avversario: rese pubblico il suo testamento dove questi chiedeva d'esser seppellito in Egitto, cosa inaccettabile per l'aristocrazia senatoria tradizionalista; la quale infatti in una seduta del senato lo dichiarò decaduto da ogni potere. In questo caso il figlio di Cesare sfruttò il suo l'ambandonoabbandono dei costumi tradizionali, la "vita inimitabile" da sovrano tolemaico che questi conduceva in Egitto e la sua presunta intenzione di voler fare d'Alessandria la nuova capitale dell'impero. Nel testamento vi era però anche una verità per lui scomoda: dall'unione tra Cesare e Cleopatra era nato un figlio, '''[[Cesarione]]''', il quale avrebbe avuto tutti i diritti per esigere l'eredità del padre e frustrare la propaganda d'Ottaviano, presentatosi come vero e unico successore del grande condottiero.
 
==Note==