Giuseppe D'Abundo: differenze tra le versioni

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Nonostante sia rimasto in Sardegna soltanto per un anno, D'Abundo riuscì, con notevole capacità organizzativa, a promuovere la fondazione di un istituto e di una clinica psichiatrica.<ref> G. Lutzenkirchen, op. cit., pag. 565.</ref>
 
Nel 1895 fu nominato professore straordinario di Psichiatria presso l’[[Università di Catania]], dove rimase per circa un trentennio. Nel [[1896]] e nel [[1897]], nella città siciliana tenne anche corsi liberi di [[Antropologia culturale]] che furono molto seguiti. Per l'inaugurazione dell'anno accademico 1897-98, sotto il Rettorato del cavalier Capparelli, tenne una relazione molto interessante sul tema: "''Evoluzione psicologica ed evoluzione sociologica alla fine del secolo diciannovesimo''".<ref>C. Dollo, op. cit., pag. 442.</ref> Da gennaio [[1898]] divenne Ordinario di Psichiatria e Clinica psichiatrica e dal [[1903]] Ordinario di Clinica delle malattie nervose e mentali. Fu incaricato dell'insegnamento di [[Medicina legale]] negli anni accademici 1901-1902 e 1911-1912. Fu anche Preside della Facoltà di Medicina e chirurgia nell'[[anno accademico]] 1903-1904. <ref> ibidem.</ref> A Catania si prodigò per la realizzazione e, poi, per l'ampliamento di una clinica psichiatrica che fu considerata dai contemporanei una delle più attrezzate e moderne d'Italia.<ref> G. Lutzenkirchen, op. cit., pag. 565.</ref>
 
Nel 1907 fondò la ''"Rivista italiana di neuropatologia, psichiatria ed elettroterapia"''. Fu tra i fondatori della ''"Società italiana di neurologia"''(SIN), il cui primo Congresso si svolse a Napoli l'8 aprile 1908, nel Salone Principe, con discorso d'inaugurazione del professore Bianchi.<ref>AA. VV.''100 Anni della Società italiana di Neurologia'', op. cit., pagg.30-31.</ref> Durante la permanenza in Sicilia videro la luce i più significativi contributi dello studioso in campo neurofisiologico e neuropatologico.<ref> G. Lutzenkirchen, op. cit., pag. 565.</ref>D'Abundo ebbe infatti l'opportunità di raccogliere un vasto numero di storie cliniche nel 1908, durante il [[terremoto di Messina]], e, tre anni dopo, durante la [[guerra italo-turca]].
Durante [[la prima guerra mondiale]] diresse, poi, il Centro neuropsichiatrico del XII corpo d'armata e delle truppe d'oltremare che fu istituito nella clinica di Catania per il ricovero di quattrocento soldati.<ref>ivi, pag.566</ref> L'esperienza fatta nel centro e soprattutto l'opera di controllo medico-legale per l'assegnazione delle pensioni di guerra gli fornirono dati e materiali per numerose pubblicazioni sui traumi cranici e della colonna vertebrale e gli valsero, in seguito, la nomina a Grande Ufficiale dell'[[Ordine della Corona d'Italia]].<ref>ibidem.</ref>
 
===Il ritorno a Napoli===
 
Nel [[1923]] si trasferì presso l'[[Università degli studi di Napoli]], dove occupò la cattedra di clinica delle malattie nervose e mentali che Leonardo Bianchi aveva dovuto lasciare, per raggiunti limiti di età. Durante il sesto Congresso della ''SIN''( ''"Società italiana di Neurologia"''), organizzato proprio a Napoli, D'Abundo, dopo aver rivolto un saluto di simpatia e ammirazione a Leonardo Bianchi che si era ritirato dall'insegnamento, affermò che le nuove conquiste della scienza avevano imposto una revisione del patrimonio scientifico neurologico e che revisione significava processo di acuta selezione e non annientamento di un passato di indagini, perché nella scienza non si doveva essere né ultraconservatori né anarchici; dichiarò, poi, che dal connubio armonico ed equilibrato tra clinica e indagini di laboratorio la neuropatologia avrebbe ottenuto brillanti risultati.<ref>AA. VV.''100 Anni della Società italiana di Neurologia'', op. cit., pag.42</ref> D'Abundo, all'apice della carriera, portò a [[Napoli]] lo stesso entusiasmo di studioso e di ricercatore che aveva contraddistinto la sua attività negli anni precedenti. Nonostante le difficoltà del periodo postbellico, riuscì a stipulare con l'Amministrazione comunale e con quella provinciale due convenzioni che gli consentirono di continuare le attività di ricerca, che erano state quasi interrotte a causa della crisi economica, e anche di provvedere ai bisogni e alle necessità della clinica neuropsichiatrica, grazie all'erogazione di un consistente contributo annuale.<ref> G. Lutzenkirchen, op. cit., pag. 566.</ref>
 
Nel 1924 decise insieme a Leonardo Bianchi di fondere in un'unica rivista ''"La Rivista italiana di neuropatologia, psichiatria ed elettroterapia"'', diretta da D'Abundo, e ''"Annali di neurologia"'', periodico diretto da Leonardo Bianchi, con l'intento di pubblicare su un'unica rivista gli studi e le ricerche più significative che si facevano in Italia. La nuova rivista assunse il nome di ''"Neurologica"'', ma ebbe una vita «stentata e faticosa».<ref>ivi, pag. 567.</ref> Nell'estate del [[1926]] Giuseppe D'Abundo decise, perciò, la cessazione del periodico e, contemporaneamente, Leonardo Bianchi progettò la rinascita della rivista ''"Annali"''.<ref>ibidem.</ref>
 
Giuseppe D'Abundo fu membro, oltre che della ''Società neurologica italiana'', della ''Società italiana di oto-neuro-oftalmologia'', della ''Accademia delle scienze medico-chirurgiche'' di [[Napoli]], della ''Società fra i cultori di scienze naturali'' di [[Cagliari]], della [[Accademia Gioenia]] di Catania e corrispondente di numerose istituzioni scientifiche straniere.
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Al periodo pisano risalgono le sue ricerche sulla marcata azione battericida e tossica del [[sangue]] dei malati di mente; egli giunse alla conclusione che in questo tipo di malati esisteva una scarsissima predisposizione a contrarre malattie infettive.<ref>ibidem.</ref>
D'Abundo studiò per un lungo periodo la [[tabe dorsale]] (la paralisi progressiva che rappresenta il terzo stadio della [[sifilide]]), nel tentativo di chiarirne l'eziopatogenesi e la clinica e compì ricerche ispirate al localizzazionismo , all'individuazione cioè di lesioni localizzate nel sistema sistema nervoso correlate a precisi sintomi o a costellazioni di questi ([[ sindrome|le sindromi]]).<ref>AA. VV. ''Il medico di folli e traumatizzati'', op.cit.</ref>
Si dedicò anche allo studio dei disturbi oculo-pupillari nelle sindromi neurologiche, allo studio delle vie linfatiche del [[cervello]], della [[fisiologia]] del talamo ottico, delle [[afasia|afasie]] e dei disturbi funzionali del [[linguaggio]], dell'aspetto fisiologico delle turbe psichiche, della rigenerazione del tratto midollare nei gangli vertebrali.<ref>ibidem e C. Dollo, op. cit., pag. 442.</ref>Particolarmente interessanti furono le sue ricerche sulle atrofie cerebrali in animali appena nati; egli dimostrò che la distruzione di un'area corticale apportava disturbi alla normale funzionalità e poteva causare atrofie del cranio e un arresto di sviluppo non solo nell'emisfero dello stesso lato ma anche in quello opposto e atrofie del cranio.
Egli può essere considerato un precursore della sieroterapia e della malarioterapia; infatti, cercò di dimostrare come l'iniezione di siero di sangue di persone affette da paralisi progressiva avanzata, in soggetti colpiti dalla stessa patologia ma in forma meno grave, producesse una «sorta di attività riordinatrice dal punto di vista psichico».<ref> G. Lutzenkirchen, op. cit., pag. 566.</ref>
 
In psichiatria si occupò in particolar modo di isteria e ipnotismo. Fu sostenitore della teoria della «polarizzazione psichica» di Leonardo Bianchi, che derivò la sua teoria dalle esperienze del cosiddetto «magnetismo animale» di [[Alfred Binet]] e [[Charles Feré]],<ref>AA. VV. ''Il medico di folli e traumatizzati'', op. cit.</ref> e studiò anche le conseguenze neurologiche e psichiatriche di fatti traumatici, interessandosi soprattutto delle malattie neuropsichiatriche conseguenti agli incidenti ferroviari ([[railway spine]]) e seguendo le teorie di Jean Martin Charcot e del suo allievo [[Joseph Jules François Félix Babinsky]].<ref>ibidem.</ref>
 
Di particolare interesse sono gli studi del professore D'Abundo sugli stati nevrotici conseguenti al terremoto di [[Messina]] e [[Reggio]] del [[1908]] e sui traumi di guerra.<ref> ibidem.</ref>
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=== Gli studi sulle proiezioni cinematografiche e sulle impronte digitali===
D'Abundo nei suoi studi s'interessò anche dell'uso clinico del [[cinematografo]] e nel [[1911]], in un articolo pubblicato sulla rivista da lui diretta<ref>G. D'Abundo, ''Sovra alcuni particolari effetti delle proiezioni cinematografiche nei nevrotici'', in ''"Rivista italiana di Neuropatologia, psichiatria ed elettroterapia"'', 5 <sup>o</sup>, 10, 1911, pp. 433-42.</ref> e recensito dai maggiori periodici stranieri, propose l'abolizione delle scene terrificanti dalle proiezioni cinematografiche, ritenendo che esse avrebbero potuto causare, in soggetti dalla debole personalità, l'insorgenza di particolari [[Psicosi|forme psicotiche]].<ref>G. Lutzenkirchen, op. cit., pag. 566.</ref>Lo studioso sosteneva, infatti, che le proiezioni cinematografiche con «bozzetti fantastici o tragici» avrebbero potuto determinare in soggetti nevrotici particolari «turbe intellettuali».
 
La proiezione cinematografica «che sviluppa un'azione tragico-criminosa e fantastico-magica», secondo la teoria dello studioso, non agisce determinando uno [[shock]] nel sistema centrale, come accade per una forte causa emotiva, ma esplica silenziosamente la sua influenza. La sintomatologia psicopatica si sviluppa in seguito velocemente come una vera esplosione. Il meccanismo di azione del cinematografo non era noto a molti spettatori e «l'incomprensibile, psicologicamente, risveglia il sentimento del meraviglioso e dell'occulto che, nel silenzio della notte, assume proporzioni colossali, specialmente nei fanciulli predisposti ereditariamente e intimoriti precedentemente da racconti di magia».<ref> G. D'Abundo, op. cit.</ref>