Secondo triumvirato: differenze tra le versioni

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==Le conseguenze della vittoria di Ottaviano: la nascita del principato==
 
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[[File:Statue-Augustus.jpg|thumb|200px|Statua di Ottaviano con indosso la lorica, la tipica corazza dei comandanti romani, rinvenuta nella villa della moglie Livia a [[Prima Porta]], vicino a Roma e ora custodita ai [[Musei Vaticani]].]]
L'alba del I secolo a.C. vide la ''res publica'' ormai incapace a gestire con le sue obsolete istituzioni l'enorme impero creato in secoli di guerre. Quella di questo secolo fu una storia travagliata e caratterizzata dall'affermarsi di elementi e tendenze che portarono alla fine del regime repubblicano e la nascita di un nuovo sistema politico. Il cambiamento forse non fu inevitabile, ma sicuramente a ciò contribuì l'abilità e la prudenza dimostrata da Ottaviano. Egli con calma e astutamente svuotò di ogni valore reale le vecchie magistrature pur presentandosi come campione della tradizione repubblicana e del ''mos maiorum''.
<br> Nel 31 a.C. e negli anni successivi egli guidò lo stato ricoprendo regolarmente e senza soluzione di continuità la carica di console e di triumviro (anche se, dopo il secondo quinquennio di proroga, egli avrebbe dovuto lasciare gli enormi poteri riconosciuti alla carica). Sintomo del cambiamento di regime e dell'accentramento nelle sue mani di ogni leva di comando fu il riconoscimento fattogli già prima di Azio, nel 36 a.C., della '''sacrosanctitas''', ossia l'inviolabilità del suo corpo sotto pena la morte, tipica dei [[tribuni della plebe]]. Sei anni dopo si vide riconosciuto un altro aspetto importante della ''[[tribunicia potestas]]'': lo '''[[ius auxilii]]'''. Con questo egli diventava patrono di tutta la plebe e rendeva la sua abitazione inviolabile da parte di chiunque, compresa la forza pubblica. Altro onore a lui tributato fu il giuramento di fedeltà a lui fatto da parte di tutta l'Italia nel 32 prima dello scontro con Antonio.
<br> Nel 28, dopo il suo rientro dall'Oriente, il popolo lo salutò come ''princeps'', qualifica prestigiosa che si precisò poi in ''princeps senatus'', ossia colui a cui era riconosciuto il diritto a esprimere per primo il parere nei dibattiti al Senato. Dato che tale parere -viste le forze militari di cui poteva disporre Ottaviano- era indiscutibile e determinante, la funzione dell'antico organo costituzionale romano, come assemblea dove si dibatteva liberamente su tutto e si prendevano decisioni collegialmente, fu fortemente limitata. Inoltre egli ottenne il titolo da portare in perpetuo d'''imperator''.
[[Immagine:Ara Pacis Rom.jpg|thumb|200px|left|L'[[Ara Pacis]] fu fatta edificare da Augusto per celebrare la pace, da cui il nome, riportata nei confini dell'impero dopo le sue vittoriose campagne militari in Spagna e in Gallia.]]
<br> Fu quindi un misto dei poteri regali propri del consolato, del proconsolato e del triumvirato, delle prerogative dei tribuni e di altri onori e riconoscimenti che gli davano un'autorità morale e di prestigio a fare del figlio di Cesare un ''primus'' su tutti quanti. Egli si presentò come pacificatore dello stato e dopo Azio fece chiudere il tempio di [[Giano]] a Roma, antico gesto simbolico per segnare la fine di un conflitto e l'inizio di un periodo di pace.
<br> Le trasformazioni apportate furono ovviamente precedute da una attenta consultazione dei più fidati consiglieri; c'era chi, come Mecenate, voleva l'instaurazione di una monarchia pura e chi invece, come Agrippa, un ritorno alla repubblica. Ottaviano attento conoscitore degli animi e memore degli errori commessi dal suo grande genitore, optò per una via mediana: accentrare i poteri nelle sue mani, facendosi al contempo garante e tutore della ''res publica'' e del regolare funzionamento delle sue istituzioni.
<br> Atto finale della sua egemonia politica fu, nel 27 a.C., il riconoscimento fattogli dal Senato in due sedute del titolo di '''[[augusto (titolo)|augustus]]''', ossia uomo degno di venerazione e di onore, che sancì la sua posizione sacra che si fondava sul ''consensus universorum'' di senato e popolo romano. In tale occasione egli, non senza voler fare una messa in scena, volle rimettere tutti i poteri attribuitigli, ma dietro una fittizia insistenza dei senatori, non solo gli furono riconfermati ma gli si attribuì anche l'''imperium proconsulare'' della durata di dieci anni per pacificare le frontiere.
<br> Con tale atto Ottaviano divenne '''Augusto''' e da tale data in poi è così ricordato dalla storiografia, inoltre egli ottenne anche un'ulteriore legittimazione dei suoi poteri straordinari, ampliati in seguito con la [[tribunicia potestas]] nella sua totalità (23 a.C.) e rinnovatagli annualmente a vita; l'imperium proconsulare a vita e valido anche a Roma e in Italia (tradizionalmente fuori dalla competenza dei proconsoli). Rinunciò, invece, ad altri poteri come la dittatura -considerata da lui ''contra more maiorum'' (forse anche per la spiacevole fine fatta da Cesare)-; quella di ''curator legum et morum''; la ''censoria potestas''; il consolato unico a vita. Accettò al contrario la carica di ''pontifex maximus'', ricoperta fino alla morte da [[Lepido]] dopo esser stato messo da parte da lui, nel 12 a.C.. Infine nel 2 a.C. gli fu dato il titolo anche di ''pater patriae''.
 
La vittoria di Ottaviano Augusto ad Anzio, non fu quindi solo la fine di un periodo turbolento e sanguinoso della storia romana ma fu il giro di boa della storia complessiva dello stato romano. Il regime nato dai cambiamenti di fine I secolo a.C. è chiamato comunemente '''impero''', invece la storiografia preferisce usare il termine '''[[principato]]''', per il primo periodo a rimarcare il carattere non ancora monarchico-assoluto del governo di Augusto e dei suoi immediati successori. Per le epoche successive, invece, proprio per evidenziare tale aspetto si usa il termine '''[[dominato]]''', soprattutto da [[Diocleziano]] in poi. Comunque, ciò che più importa per il quadro storico generale è che da Augusto in poi saranno singoli uomini, con l'esercizio dei loro enormi poteri e la loro personalità, a caratterizzare la vita politica, militare e sociale dello stato romano e non più una oligarchia chiusa e legata alle proprie tradizioni morali e politiche<ref> ibidem, pp. 495-502</ref>.
 
==Note==