Alpago: differenze tra le versioni
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<br/>L'arrivo dei [[Longobardi]] segnò la nascita di quelle che poi sarebbero diventate le ''[[Regola (ente)|regole]]'' (in long. ''[[Fara (Longobardi)|fare]]'', da cui il toponimo Farra), cioè le associazioni delle famiglie locali che gestivano lo sfruttamento del territorio. In Alpago la memoria dei Longobardi si ha nelle due masserie o decanie che dividevano la regione nel nucleo di Farra e in quello di Pieve. Lo sfruttamento economico della regione si associava alla difesa militare delle chiuse del Cansiglio e di Fadalto, a loro affidate, che comunicavano col Friuli.
<br/>Passato ai [[Franchi]] di [[Carlo Magno]] dopo la sua conquista in Italia nel 774, il territorio divenne una contea assegnata prima alla [[Marca del Friuli]] e poi ([[923]]) ai vescovi-conti di Belluno. Con la venuta di [[Ottone I del Sacro Romano Impero|Ottone I]], infatti, la potenza vescovile si accresce e il dominio su tutto l'Alpago, chiamato ancora nel diploma di concessione del 10 settembre 963 ''Valle Lapacinense'', viene confermato al Vescovo di Belluno, Giovanni, singolare figura di vescovo e di soldato che teneva la spada accanto alla croce per attestare la sua giurisdizione civile e militare insieme a quella ecclesiastica, avute in successione al suo predecessore [[Aimone]].Successore di Giovanni fu Giovanni II, al quale, l'Imperatore [[Ottone III]] consigliava di concludere la pace con i veneziani. La potenza vescovile, che cominciò a declinare e si era indebolita, rimase scossa ed in seguito soppiantata dai Caminesi prima (1312) e dagli [[Scaligeri]] poi (1322).
<br/>Durante il basso medioevo l'Alpago fu al centro delle sanguinose lotte tra le varie famiglie feudatarie, tra le quali si distinguevano gli [[Ezzelini]], i [[Caminesi]], i [[Carraresi]] e gli [[Scaligeri]]. Il lungo periodo di conflitti si risolse nel [[1404]] quando Belluno e Feltre si diedero alla [[Serenissima]]. Prima che ciò avvenisse, l'Alpago era una contea, data nel 1323 ad [[Endrighetto
Il nome di Alpago rimase poi ai suoi discendenti, in luogo Bongaio, come narra lo stesso Piloni.
Can Grande lo rimeritava così dei servigi che egli aveva reso agli Scaligeri, in diverse loro imprese, segnalandosi per il suo valore e mostrava con ciò di riconoscere anche i meriti da lui acquistati parteggiando per i Ghibellini, dei quali era fedele sostenitore.
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