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«Una vittima senza macchia, dal bellissimo aspetto (questo le è stato fatale!), ornata d'oro e cionta di bende, viene collocata davanti all'altare, ode preghiere di cui non capisce il senso, vede che le pongono tra le corna quelle messi che sono cresciute grazie alla sua fatica e infine viene colpita e arrossa di sangue il coltello che forse aveva intravisto poco prima, riflesso nell'acqua limpida. Ed ecco che i sacerdoti si affrettano a scrutare dentro le viscere strappate al suo petto ancor caldo [...]. E di queste osate cibarvi, uomini? Tanto grande è la vostra fame di cibi proibiti!» Ovidio, ''Metamorfosi'', pagg. 130-138. Cit. in: Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. 16.
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ritenendo che la perversa dieta carnea, negazione della condizione felice dell'antica Età dell'oro, erasia nata col sacrificio cruento agli dei: in tal modo, il vegetarianismo pitagorico si configura non soltanto come una scelta privata, ma anche come un rifiuto dai risvolti politici e sociali.
 
Nella metempsicosi credeva anche Empedocle (490-430 a.C. circa), dedito anch'esso alla dieta pitagorica e ugualmente contrario al sacrificio animale. Secondo la leggenda, dopo una vittoria olimpica alla corsa dei carri, per rispettare l'usanza che il vincitore sacrificasse un bue, fece fabbricare un bue di mirra, incenso e aromi, e lo distribuì secondo rito<ref>
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«quando non si osava neppure gustare la carne di bue, nè si sacrificavano animali agli dei, bensì si offrivano focacce e frutti immersi nel miele e altri simili sacrifici puri, e quando ci si asteneva dalle carni, ritenendo contrario alla religione il mangiarne e macchiare di sangue gli altari degli dei: piuttosto gli uomini viventi allora avevano certi modi di vita che si chiamano orfici, rivolgendosi a tutto ciò che non ha vita e astenendosi al contrario da tutti gli esseri animati». Platone, ''Leggi'', 782 c-d, cit. in G. Colli, ''La sapienza greca'', tomo I, Adelpgi, Milano 2005, pag. 163.
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(contemporanea al pitagorismo), e un aspetto importante della figura mitica di Orfeo era il suo rapporto con la natura e la sua vicinanza al mondo animale, con il quale ha un rapporto di incantamento<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. 20.
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Plutarco (46-120 d.C.), in polemica con Aristotele e con le idee degli stoici (secondo le quali non esisterebbe alcuna relazione di giustizia tra l'uomo e gli animali), nel suo dialogo ''Sull'intelligenza degli animali'' comincia con una condanna della caccia e della macellazione, in quanto fonte di insensibilità e crudeltà e quindi causa di un danno sociale, e presenta un gran numero di argomenti a favore della razionalità animale<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. 25.
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Nel saggio ''Del mangiar carne'', invece, si concentra sull'orrore di quella che vedeconsidera come un'inutile crudeltà, legata non alla povertà e alla necessità, ma all'arroganza della ricchezza:
 
{{quote|ma voi, uomini d’oggi, da quale follia e da quale assillo siete spronati ad aver sete di sangue, voi che disponete del necessario con una tale sovrabbondanza? Perché calunniate la terra, come se non fosse in grado di nutrirvi? [...] Non vi vergognate di mischiare i frutti coltivati al sangue delle uccisioni? Dite che sono selvatici i serpenti, le pantere e i leoni, mentre voi stessi uccidete altre vite, senza cedere affatto a tali animali quanto a crudeltà. Ma per loro il sangue è un cibo vitale, invece per voi è semplicemente una delizia del gusto<ref>
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Fondamentalmente, afferma Porfirio, gli argomenti dell'uomo contro la ragione animale sono dovuti alla ghiottoneria.
 
Tipici dei primi secoli cristiani sono gli eremiti e i monaci, consacrati ad una volontaria emarginazione sociale, e pur se il vegetarianismo non rappresentava un rigido precetto (tanto che in alcuni monasteri si allevavano addirittura animali), molti eremiti e monaci mangiavano solo pane e in scarsa quantità, e alcuni rifiutavano anche gli alimenti cotti. Per l'asceta ortodosso questa pratica alimentare era vissuta essenzialmente come un sacrificio mirante alla purificazione dell'anima attraverso la mortificazione del corpo, ed èera dunque una scelta che haaveva a che fare solo con il rapporto personale con Dio<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pagg. 36-38.
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Più tardi, tra il XII e il XIV secolo, si diffusediffonde in Europa il catarismo: la convinzione che tutto il mondo materiale fosse opera del Male comportava la negazione dell'atto sessuale – vistoconsiderato come un errore, soprattutto in quanto responsabile della procreazione, cioè della creazione di una nuova prigionia per un altro spirito – e pertanto erai catari rifiutatorifiutavano ogni alimento originato da un atto sessuale (carne e uova ma non il pesce, in quanto in epoca medievale non ne era ancora conosciutanota la genesi per riproduzione sessuale degli animali acquatici)<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. 39.
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In Gran Bretagna, durante la rivoluzione degli anni quaranta del Seicento, una fase culturale in cui vennero messe in discussione tutte le istituzioni politiche, religiose e culturali, emerge anche un propagandista del vegetarianismo, il cappellaio Roger Crab (1621-1680), che vedevaconsiderava il consumo di carne come un lusso e una causa di rialzo dei prezzi e di aggravamento della povertà. eRoger cheCrab aderì ad una forma di vegetarianismo stretto, (ovvero seguiva, come venne definita in seguito, una dieta vegana)<ref>
 
 
 
 
 
 
 
 
 
In Gran Bretagna, durante la rivoluzione degli anni quaranta del Seicento, una fase culturale in cui vennero messe in discussione tutte le istituzioni politiche, religiose e culturali, emerge anche un propagandista del vegetarianismo, il cappellaio Roger Crab (1621-1680), che vedeva il consumo di carne come un lusso e una causa di rialzo dei prezzi e di aggravamento della povertà e che aderì ad una forma di vegetarianismo stretto (ovvero seguiva, come venne definita in seguito, una dieta vegana)<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. 56.
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A questi argomenti, nellaNella seconda metà del Seicento, durante l'espansione coloniale della potenza inglese e l'avvio dello sfruttamento degli schiavi neri per la produzione dello zucchero, si aggiunseroaggiungono prestoal vegetarianismo nuovi elementiargomenti legati al mutamento del contesto storico. Una figura emblematica di questa fase è lo scrittore inglese Thomas Tryon (1634-1703), che decise di rinunciare a ogni lusso e adottare una dieta vegetariana. Tryon denuncia il comportamento dell'europeo cristiano, che vedeconsidera come un oppressore intollerante il cui lusso e i cui sprechi «non possono essere mantenuti se non principalmente grazie alla grande Oppressione degli Uomini e degli Animali<ref>
In questo periodo l'astensione dal consumo di carne fu relativamente diffusa tra gli appartenenti ai gruppi di dissenso protestante radicale inglese, spinti sia da speranze in un ritorno allo stato precedente la caduta di Adamo, preparandosi riprendendo la dieta vegetariana delle origini, sia dall'adozione di un pacifismo universale contrario in ogni forma allo spargimento di sangue<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pagg. 56-57.
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A questi argomenti, nella seconda metà del Seicento, durante l'espansione coloniale della potenza inglese e l'avvio dello sfruttamento degli schiavi neri per la produzione dello zucchero, si aggiunsero presto nuovi elementi legati al mutamento del contesto storico. Una figura emblematica di questa fase è lo scrittore inglese Thomas Tryon (1634-1703), che decise di rinunciare a ogni lusso e adottare una dieta vegetariana. Tryon denuncia il comportamento dell'europeo cristiano, che vede come un oppressore intollerante il cui lusso e i cui sprechi «non possono essere mantenuti se non principalmente grazie alla grande Oppressione degli Uomini e degli Animali<ref>
Thomas Tryon, ''Friendly Advice to the Gentlemen-Planters of the East and West Indies'', London, 1684, pag.166. Cit. in: Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. 60.
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Nel Settecento il vegetarianismo inizia ad essere un argomento sostenuto e diffuso dai medici, in nome della salute e delle caratteristiche dell'anatomia e della fisiologia umana che, a partire dall'apparato digerente, dalla dentatura e dalle mani, secondo loro dimostravanodimostrerebbero la natura vegetariana dell'uomo. IlTra medicoi epiù filosofonoti olandesemedici (trasferitosie ascienziati Londra)fautori Bernarddel devegetarianismo Mandevillenell'Europa (1670-1733),di osservaquesto cheperiodo senzatroviamo dubbioin l'uomoSvezia delleLinneo origini(1707-1778) sie nutrivai solosuoi deidiscepoli, fruttiin dellaFrancia terraLouis eLémery che(1677-1743) loe stomacoPhilippe dell'essereHecquet umano(1661-1737), èin conformeInghilterra adEdward unaTyson dieta vegetale(1651-1708), sostenendoJohn cheArbuthnot il(1667-1735)– consumomedico didella carnefamiglia èreale unainglese forzatura dellae naturaGeorge dovutaCheyne a(1671-1743), quellain cheItalia oggiAntonio chiameremmoCocchi ''cultura''.(1695-1758) L'altro argomentola usatocui dainfluenza Mandevilleebbe fadimensioni levainternazionali sullee passioniche naturalinel dell'uomo:1743 la «ripugnanza perpubblicò l'uccisione'Del evitto di conseguenzapitagorico per iluso consumodella di animali» è innata nellmedicina''uomo, perchè,destinato affermaad Mandeville,essere «èpiù impossibilevolte cheristampato une appetitotradotto naturalesia cinel inducaSettecento maiche anell'Ottocento fare oe a desiderare che altri facciano per noi ciò per cui proviamo avversione». Queste sue idee si legano inoltre asuscitare un discorsovivo più generale sul potere e sulle gerarchie socialidibattito, che illustra il carattere continuo dei rapporti di dominio e sottomissionesoprattutto tra glii uomini,medici conitaliani gli animali addomesticati posti al gradino più bassodell'epoca<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pagg. 72-73.
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Tra i più noti medici e scienziati fautori del vegetarianismo nell'Europa di questo periodo troviamo in Svezia Linneo (1707-1778) e i suoi discepoli, in Francia Louis Lémery (1677-1743) e Philippe Hecquet (1661-1737), in Inghilterra Edward Tyson (1651-1708), John Arbuthnot (1667-1735), medico della famiglia reale inglese, e George Cheyne (1671-1743), che portò il vegetarianismo a diventare in Inghilterra un fenomeno sociale, in Italia Antonio Cocchi (1695-1758), la cui influenza ebbe dimensioni internazionali e che nel 1743 pubblicò ''Del vitto pitagorico per uso della medicina'', destinato ad essere più volte ristampato e tradotto sia nel Settecento che nell'Ottocento, e a suscitare un vivo dibattito, soprattutto tra i medici italiani dell'epoca<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pagg. 74-77.
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Sempre inIn questo periodo Voltaire (1694-1778) torna sulla questione della crudeltà verso gli animali e del vegetarianismo in numerose opere.
 
Jean-Antoine Roucher (1745-1794), nel poema ''Les Mois'', dedica il primo canto alla pace, all'amicizia e all'uguaglianza universale dell'antica Età dell'oro, un'immagine turbata dal pensiero della crudeltà che pervade il mondo del poeta, un'«abitudine al sangue» da cui originano odio e violenza<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pagg. 79-81.
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{{quote|Quale nero pensiero rattrista la mia ebbrezza! Questi agnelli che sotto i miei occhi impazzano d'allegrezza, strappati alla loro madre, ai fiori di questo poggio, finiranno in città abbattuti da un coltello. Servono per apprestare un banchetto sanguinario, dove l'uomo, arrogandosi un diritto immaginario, tiranno degli animali, esibisce senza rimorsi i suoi assassinii mascherati, e si nutre di morti. Fermati, uomo vorace, fermati [...]<ref>
A. Roucher, ''Les Mois'', Paris, 1779, pag. 15. Cit. in: Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pag. XX.
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* Nel 1791 a Londra esce un pamphlet intitolato ''The Cry of Nature'', di John Oswald (1760?-1793). Per questo autore la scelta vegetariana rappresentava un sistema di vita che il semplice sentimento naturale bastava a giustificare, ma anche una presa di posizione morale e politica, in quanto considerava il mutamento radicale del rapporto con gli animali e la natura un nodo politico essenziale per giungere alla fondazione di una società egualitaria. Per Oswald la tirannia sugli animali è un prodotto della civiltà della disuguaglianza, una civiltà divisa tra ricchi e poveri e fondata sul potere e, a un livello ancora più profondo, sul dominio sulla natura<ref>
Erica Joy Mannucci, ''La cena di Pitagora'', Carocci Editore, 2008, pagg. 86-87.
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