Plotino: differenze tra le versioni

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"La voglia di appartenersi" che viene attribuita all'anima è la volontà-distacco dall'Uno che nel giro di un'istante diviene essere e pensare un corpo in cui si trova incarnata. Come per Anassimene il peccato di nascere, la voglia di vivere senza l'apeiron-Uno porta necessariamente a incarnarsi in un corpo che soffre la nostalgia; Plotino non lo interpreta come una punizione dell'Uno "che è lì ancora ad attenderti", ma come la conseguenza necessaria di una libera scelta.
 
Il percorso delle [[Enneadi]] è dalla materia all'Uno in cui avviene l'estasi dell'asceta e il ritorno dell'Uno alla materia. Non è solo un percorso filosofico della mente, un modo di esposizione efficace delle teorie filosofiche, è un percorso dell'essere, un'ascesi di vita che fissa le tappe che ognuno può percorrere per la realizzazione di .
 
In ogni uomo vi è una parte trascendente che prende letteralmente il volo in estasi non appena ha visione dell'Uno e il fine ultimo della vita umana resta per gli antichi la visione della verità e la contemplazione di Dio, che "è lì sempre ad aspettarti a braccia aperte, ... se non lo vedi sei tu che gli hai voltato le spalle": le Enneadi aiutano l'uomo che ha girato le spalle all'Uno a rivolgergli lo sguardo, a liberarsi dalle catene e dagli idoli della vita per contemplare la verità nella sua faccia (come dice Platone nel mito della caverna).
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E le Enneadi sono anche la via seguita dai filosofi neoplatonici che dall'Uno sono stati rapiti per tornarvi,dopo un inevitabile allontanamento.
Plotino nota che vi sono tre ipostasi, coeterne: la ''chora'' o materia platonica di cui è fatto il mondo sensibile e della molteplicità-spazialità indefinita, l'essere -pensiero e l'Uno. [[Aristotele]] e [[Platone]] non distinguevano chiaramente l'Uno dall'essere.
Tornando dall'Uno alla ''chora'', nell'estasi e prima ancora ragionando, si vede che l'Uno esce fuori di (anche lui in estasi) verosimilmente perché è ridondante divenendo uno-che-è (ora predicabile e non più ineffabile).
L'essere guarda la bellezza, pienezza originaria dell'Uno (che diversamente dall'essere non solo è Tutto, ma è più del Tutto perché ridondante), e non potendola più raggiungere pensa stesso che è il bene, nel circolo essere di pensiero - pensiero dell'essere coincidenza di pensiero ed essere e pensiero di pensiero di cui parlava Aristotele.
L'essere-pensiero è mondo intellegibile che solo con la nostra mente pensante può essere visto, non con i sensi del corpo; l'estasi-divisione dell'Uno arriva fino al mondo sensibile in cui è frantumata l'unità originaria. Le idee dell'essere si fondono qui con la ''chora'', la materia che per Platone è poter essere, via di mezzo fra essere (in quanto fa esistere il mondo sensibile) e non-essere (in quanto non è idea ed è quindi fuori da questo).
 
Il Sensibile è male non solo perché l'essere è bene, come mostra Platone, e la ''chora'' di cui è fatto il sensibile è, almeno in parte non-essere e quindi male; ma anche perché questa ''chora'' che non è ben comprensibile ma che e in nella sua vuotezza è comunque una, si fonde con le idee creando una molteplicità dispersiva.
Nell'essere ogni idea è tutte le altre, la chora è una anch'essa, ma il sensibile che ne è l'unione non è più Uno ma molteplice. Gli enti di questo mondo sono bene in quanto a immagine dell'essere, ma male in quanto non sono gli altri enti e non sono una cosa sola. È paradossale la natura non solo dell'uomo ma di ttutti gli enti come lui: proprietà dell'ente è essere se stesso e non essere gli altri enti, l'altro -da-, altrimenti non potremmo parlare di enti ma si parlerebbe solo di ente.
 
===Il male come diversità===