Unione Sovietica: differenze tra le versioni
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La più grande per superficie, economia e popolazione e la più importante sul piano politico era la [[Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa|Repubblica Socialista Sovietica Russa]], l'odierna [[Federazione russa]]. Anche il territorio dell'Unione Sovietica subì vari mutamenti, e nel periodo più recente corrispondeva approssimativamente a quello del tardo [[Impero Russo]], senza tuttavia [[Polonia]], [[Finlandia]] ma con in più [[Estonia]], [[Lettonia]] e [[Lituania]]. L'organizzazione politica del paese prevedeva un [[Monopartitismo|solo partito politico]] ufficialmente riconosciuto, il [[Partito Comunista dell'Unione Sovietica]] ([[PCUS]]), guidato da un [[segretario generale del PCUS|segretario generale]] e dal [[Politburo]].
== Storia ==
{{Vedi anche|Storia dell'Unione Sovietica|Costituzione dell'Unione Sovietica}}
[[File:Red Banner Of Labor.jpg|thumb|right|200px|[[Ordine della Bandiera rossa del Lavoro]]]]
La Russia era uno dei pochi [[paesi europei]] a non avere vissuto nel corso del [[XIX secolo]] una trasformazione politica, oltre che economica e sociale, in senso [[democrazia|democratico]].
Le tensioni tra le esigenze di cambiamento espresse da una parte della popolazione e un modello politico statico, basato su una [[autocrazia|monarchia autocratica]], furono all'origine di tre rivoluzioni.
La [[rivoluzione del 1905|prima]], senza esito, ebbe luogo nel [[1905]], successiva alla sconfitta nella [[Guerra russo-giapponese|guerra contro il Giappone]]. La [[rivoluzione di febbraio|seconda]] e la [[rivoluzione del 1917|terza]] avvennero invece nel [[1917]], rispettivamente a marzo (febbraio secondo il [[calendario giuliano]], seguito dalla [[Chiesa ortodossa russa]] e, ai tempi, in vigore in [[Russia]]) e novembre (ottobre), innescate da gravi problemi politico-sociali, da un diffuso malcontento nei confronti della monarchia e dalla tremenda crisi sofferta dall'[[Impero russo]] durante la [[prima guerra mondiale]].
=== La rivoluzione di febbraio ===
{{vedi anche|Rivoluzione di febbraio}}
Nel febbraio [[1917]] [[Pietrogrado]] insorse contro il regime [[zar]]ista e venne costituita la [[Duma]] (un [[Governo provvisorio russo (1917)|governo provvisorio]] multipartitico), presieduta dal [[Georgij Evgen'evič L'vov|principe L'vov]], che rimase in carica solo alcuni mesi. Fu la [[Rivoluzione di Febbraio]]. Il [[15 marzo]] lo [[Nicola II di Russia|Zar Nicola II]] fu costretto ad abdicare.
Il [[7 maggio]] durante la [[VII conferenza panrussa]] del [[Partito Operaio Socialdemocratico Russo]], la componente [[Bolscevichi|bolscevica]] propose di trasferire tutto il potere ai ''[[soviet]]'' degli operai, dei soldati e dei contadini che nel frattempo si andavano formando in tutto il paese.
Si formò poi un nuovo [[Governo Provvisorio Russo|Governo provvisorio]] guidato da [[Aleksandr Fëdorovič Kerenskij]], mentre fallì il tentativo controrivoluzionario del generale [[Lavr Georgievič Kornilov]].
=== La rivoluzione d'ottobre ===
{{vedi anche|Rivoluzione d'ottobre}}
La terza rivoluzione, iniziata con la presa del [[Palazzo d'Inverno]] il [[7 novembre]] [[1917]], ebbe successo e passò alla storia sotto il nome di ''[[Rivoluzione Russa]]'' o, più precisamente, di [[Rivoluzione d'ottobre]]. Venne formato un governo rivoluzionario, il [[Consiglio dei commissari del popolo]], presieduto da [[Lenin]].
Il [[18 gennaio]] [[1918]] venne sciolta l'assemblea costituente e il [[3 marzo]] venne firmata la pace di [[Trattato di Brest-Litovsk|Brest-Litovsk]], che portava il paese fuori dalla prima guerra mondiale. La decisione di firmare la pace provocò tensioni all'interno del [[Partito operaio socialdemocratico russo|Partito Operaio]] che si trasformò in [[Partito Comunista Russo]] e provocò altresì le dimissioni dei commissari non [[bolscevichi]].
Sempre nel [[1918]] nacque l'[[Armata rossa]], che sostituì il vecchio e disgregato esercito. La reazione delle forze escluse dal potere e delle potenze straniere non si fece attendere. Nella primavera del [[1918]] gli inglesi occuparono i porti di [[Murmansk]] e [[Arcangelo (città)|Arcangelo]], mentre i giapponesi si impadronirono del porto di [[Vladivostok]]. In seguito intervennero anche [[Francia]] e [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]. In [[Ucraina]], [[Finlandia]], [[Estonia]], [[Lettonia]] e [[Lituania]] si instaurarono regimi nazionalistici con l'aiuto tedesco, mentre in Russia nacquero ben 18 governi opposti al governo sovietico.
La [[Guerra Civile Russa|guerra civile]], che durò dal [[1918]] al [[1921]], vide l'[[Armata rossa]], guidata da [[Lev Trotsky|Trockij]], combattere in particolare contro gli eserciti dell'[[Armata bianca]], guidati dall'ammiraglio [[Aleksandr Vasilevič Kolčak|Kolčak]] in [[Siberia]] e del generale [[Anton Denikin|Denikin]] nella [[Russia meridionale]].
A partire dal [[1919]] l'Armata rossa riuscì a prevalere, conquistando la [[Crimea]] alla fine del [[1920]] e nel [[1921]] il [[Caucaso]] settentrionale, la [[Georgia]], l'[[Armenia]] e l'[[Azerbaijan]]. La [[Guerra Civile Russa|guerra civile]] durò però fino al [[1923]] con la sconfitta degli ultimi eserciti contadini, detti "[[Armata Verde|verdi]]".
Mentre dovette soccombere in [[Estonia]], [[Lettonia]] e [[Lituania]] che diventeranno stati indipendenti, anche se poi verranno occupati e forzatamente annessi all'Urss, dalla fine della seconda guerra mondiale al [[1991]]
=== Dalla fondazione alla morte di Stalin ===
{{vedi anche|Storia dell'Unione Sovietica (1922-1953)}}
La [[Guerra civile russa|guerra]] finì con la vittoria dell'[[Armata Rossa]] e la fondazione dell'Unione Sovietica, il primo [[stato socialista]] del mondo, il [[30 dicembre]] [[1922]], sotto la guida di [[Vladimir Lenin|Lenin]].
L'Unione Sovietica succedette all'[[Impero Russo]], ma la sua estensione fu inferiore a causa dell'indipendenza di [[Polonia]], [[Finlandia]] e degli [[stati baltici]]: [[Estonia]], [[Lettonia]] e [[Lituania]]. Lenin mise in atto una politica per la quale a queste cinque ex-[[Gubernija|Gubernija dell'Impero russo(province dell'Impero Russo)]], i cosiddetti [[Governatorati baltici]], venne garantita l'indipendenza, mentre a molte altre entità venne concessa un'ampia autonomia.
Già nel [[1924]], il [[Regno d'Italia]], per volontà di [[Benito Mussolini]], riconobbe ufficialmente l'Unione Sovietica.
Dopo la morte di Lenin, nel [[1924]], ci fu una lotta per la conquista del potere all'interno della leadership del partito tra chi sosteneva che per sopravvivere la rivoluzione avrebbe dovuto estendersi ai paesi a capitalismo avanzato (soprattutto la [[Germania]]), consentendo così l'intervento armato della classe operaia di quei paesi al fianco di quella russa per schiacciare i contadini, concepiti come intrinsecamente controrivoluzionari ([[Trotsky]])<ref>N. Bucharin, ''Sulla teoria della rivoluzione permanente'', in AA.VV. ''La "rivoluzione permanente" e il socialismo in un paese solo'' Editori Riuniti, Roma 1970</ref>; e chi teorizzava la necessità, scaturita dal fallimento dei moti del 1919 in [[Germania]] e [[Ungheria]], (ma dai primi ritenuta incoerente con il principio marxista dell'[[internazionalismo]]) del "socialismo in un solo paese". Il segretario del Partito Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto [[Stalin]], fautore del "socialismo in un solo paese", emerse come nuovo capo contrapponendosi a [[Lev Trotsky|Lev Trockij]]. Al fianco di Stalin e contro Trockij si schierò tutta la vecchia guardia bolscevica, con in testa [[Nikolaj Ivanovič Bucharin]] e, in un primo momento, [[Grigorij Evseevič Zinov'ev]], in seguito entrambi processati e fucilati come elementi controrivoluzionari. La compattezza del partito nel respingere le tesi trotzkiste portò a una rapida emarginazione di Trotzky e al suo allontanamento dal partito, culminato nell'esilio iniziato nel [[1929]].
Stalin avviò un programma di rapida industrializzazione e di riforme agricole, sviluppando rapidamente l'economia [[socialismo|socialista]] grazie ai successi della pianificazione. Per fare ciò ampliò la portata della [[polizia segreta]] di stato (prima [[NKVD]], poi [[Direzione Politica di Stato|GPU]], e infine [[KGB]]), e fece sì che, durante il suo governo, un numero imprecisato di persone che non appoggiavano la sua politica, da alcuni autori stimato in alcune centinaia di migliaia di deportati<ref>J. Ellenstein, ''Histoire de l'URSS'', Parigi, Editions Sociales 1973, t. II, p. 170 e segg. e 224 e segg.</ref>, da altri in decine di milioni<ref>A. Glucksmann, ''La cuoca e il mangia-uomini: sui rapporti tra Stato, marxismo e campi di concentramento'', Milano, L'erba voglio 1977</ref> o addirittura fino a centodieci milioni di morti<ref>M. Voslensky, ''La nomenklatura. La classe dominante in Unione Sovietica'', Longanesi, Milano 1980</ref>, venissero condannate alla pena capitale o incarcerate nei [[Gulag]]. Particolarmente famoso è il periodo [[1936]]-[[1939]], conosciuto come periodo delle [[Grandi purghe]].
Tra il [[1936]] e il [[1939]] l'Unione Sovietica fu l'unico paese a fornire aiuto alla [[Seconda repubblica spagnola|Repubblica spagnola]] aggredita dai fascisti del generale [[Francisco Franco]] con l'appoggio di [[Hitler]] e [[Mussolini]], in contrasto con il silenzio complice delle democrazie liberali occidentali.
Falliti i tentativi di costruire patti di mutua difesa antifascisti, nel contesto della complicità occidentale con la politica espansionista di [[Hitler]] ad est, nel [[1939]] l'URSS firmò un patto di non aggressione ([[Patto Molotov-Ribbentrop|Molotov-Ribbentrop]]) con la [[Germania nazista]], in seguito al quale annesse le repubbliche baltiche di [[Estonia]], [[Lettonia]], [[Lituania]] e, transitoriamente e a scopo difensivo, alcuni territori di [[Finlandia]], [[Polonia]], [[Romania]], e [[Mongolia]]. Per questi atti fu espulsa dalla [[Società delle Nazioni]].
Aggredita dalle truppe hitleriane con l'[[Operazione Barbarossa]], iniziata il 22 giugno [[1941]], l'URSS vide la porzione occidentale del territorio rapidamente occupata dal nemico, che vi commise eccidi e devastazioni. Grazie anche al trasferimento a oriente delle industrie belliche, reso possibile dal periodo di pace guadagnato con il patto di non aggressione, ed ai massicci aiuti in armi ed altro equipaggiamento ricevuti da Stati Uniti e Gran Bretagna,<ref>{{en}} [[Winston Churchill]], ''The second World War'', London, Cassel & Company Ltd, 1964: vol. 6 (''War comes to America''), pp. 84-89; ''ibidem'', vol. 8 (''Victory in Africa''), pp. 312-313; ''ibidem'', vol. 12 (''Triumph and Tragedy''), pp. 191-192</ref> l'Unione Sovietica riuscì a bloccare l'invasione e, a partire dalla vittoriosa [[battaglia di Stalingrado]], a respingere le truppe dell'Asse. L'avanzata dell'Armata Rossa si concluse a [[Berlino]] nel maggio [[1945]].
La vittoria riportata sulle truppe della Germania nazista, dell'Italia fascista e dei loro alleati ebbe però un elevatissimo costo in vite umane e distruzioni materiali: 28 milioni di vittime e la distruzione di 1.700 città, 70.000 villaggi e 32.000 imprese industriali.
Sotto Stalin, l'Unione Sovietica uscì dalla [[seconda guerra mondiale]] (conosciuta in Unione Sovietica come la [[grande guerra patriottica]]) come una delle principali potenze mondiali, con un territorio che inglobava gli [[Stati baltici]] e una porzione significativa della Polonia ante-guerra, unitamente a una sostanziale [[Sfera di influenza|sfera d'influenza]] nell'Europa orientale (vedi [[Impero Sovietico]]).
Il confronto politico tra l'Unione Sovietica e gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] persistette per molti anni e viene denominato con il termine di [[guerra fredda]].
=== Da Chruščёv a Brežnev ===
{{vedi anche|Storia dell'Unione Sovietica (1953-1985)}}
Dopo la morte di [[Stalin]] si scatenò una nuova lotta per il potere, dalla quale [[Nikita Chruščёv]] uscì vincitore.
Sotto la sua guida, l'Unione Sovietica fu protagonista dell'appoggio al processo di liberazione delle nazioni africane e asiatiche dalla dominazione coloniale europea e americana, intervenendo ad esempio, nel 1956, a difesa dell'[[Egitto]] di [[Nasser]], minacciato di aggressione militare da parte di [[Francia]] e [[Regno Unito]] per la sua decisione di nazionalizzare la [[Compagnia del Canale di Suez]].
Uno dei momenti peggiori nelle relazioni [[Stati Uniti d'America|USA]]-URSS fu la [[crisi dei missili di Cuba]], quando Chruščёv iniziò a installare missili nucleari a medio raggio in difesa dell'isola di [[Cuba]], che aveva proclamato il carattere socialista della rivoluzione vittoriosa nel [[1959]] ed era stata attaccata nell'aprile [[1961]], con lo [[sbarco nella Baia dei porci]] delle forze contro-rivoluzionarie provenienti dal territorio USA su mandato dell'amministrazione americana.
L'elevata tensione raggiunta tra le due potenze, che per giorni tenne il mondo sull'orlo della guerra atomica, si risolse in un accordo comprendente lo smantellamento delle postazioni missilistiche sovietiche in territorio cubano. Come contropartita, l'URSS ottenne l'impegno americano a non aggredire mai la Repubblica di Cuba e lo smantellamento dei missili USA dispiegati da anni in [[Turchia]]. La parte dell'accordo concernente i missili USA non venne all'epoca resa nota al pubblico.
Chruščёv, che per tutto il suo periodo al potere oscillò tra i poli opposti di una radicale destalinizzazione (conosciuta come [[distensione]]) e di una difesa del vecchio ordine (come nel caso dell'invasione dell'[[Ungheria]] nel [[1956]]), fu rimosso nel [[1964]] da un blitz interno al partito, guidato da [[Leonid Brežnev]], che prese il potere e governò fino alla morte nel [[1982]]. Questo evento inaugurò quella che sarebbe stata conosciuta negli anni seguenti come "epoca della stagnazione".
=== Perestrojka e glasnost' ===
{{vedi anche|Storia dell'Unione Sovietica (1985-1991)|Perestrojka|Glasnost'}}
Dopo la prematura scomparsa di [[Jurij Vladimirovič Andropov]] e il breve interregno di [[Konstantin Ustinovič Černenko]] - esponente della vecchia guardia del Partito ed ex braccio destro di Breznev - il nuovo presidente [[Michail Gorbačëv]], negli [[anni 1980|anni ottanta]], riformò drasticamente il sistema politico sovietico con il suo programma detto ''[[glasnost]]''.
Il complesso delle sue riforme politiche ed economiche, conosciuto con il nome di ''[[perestrojka]]'' (ristrutturazione), portò a forti alterazioni in direzione dell'autogestione della pianificazione centralizzata, con la conseguenza del rapido collasso dell'economia, di pesanti disfunzioni nelle filiere produttive. In politica estera, la nuova direzione sovietica negoziò con gli Stati Uniti una riduzione degli armamenti, in un'ottica di riavvicinamento che avrebbe di lì a poco significato la fine del socialismo reale.
L'amministrazione Gorbačëv, con la cosiddetta "dottrina Sinatra" si propose di instaurare un nuovo atteggiamento di "non ingerenza" verso gli altri paesi socialisti dell'Est Europa. Di fatto questa situazione permise una quasi immediata transizione politica che, tra la fine del [[1989]] e la prima metà del [[1990]], avrebbe portato al disfacimento del blocco orientale e alla transizione degli stati che ne avevano fatto parte all'economia di mercato.
I [[Stati baltici|Paesi baltici]]: [[Estonia]], [[Lettonia]] e [[Lituania]] invasi da Stalin prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, ed annessi con la forza nel dopo guerra all'Unione Sovietica, videro prevalere al loro interno un forte senso di nazionalismo che, le avrebbe portate a richiedere ed ottenere l'indipendenza, prima ancora che la stessa Unione Sovietica si sfaldasse su se stessa. La [[Germania Est]], dopo la caduta del [[Muro di Berlino]], si staccò dall'influenza sovietica e, sulla spinta della direzione gorbacioviana che aveva sostituito, con i buoni uffici di Mosca, [[Erich Honecker]] e la vecchia direzione della [[Partito Socialista Unificato di Germania|SED]], nel 1990 venne annessa alla Repubblica Federale.
Il [[1º luglio]] [[1991]] venne sciolto ufficialmente il [[Patto di Varsavia]].
=== Dissoluzione dell'Unione Sovietica ===
{{vedi anche|Putsch di Mosca|Dissoluzione dell'Unione Sovietica }}
[[File:Mikhail Gorbachev 1987.jpg|thumb|L'ultimo presidente sovietico [[Michail Gorbačëv]]]]
Nell'agosto [[1991]] (fra il 19 e il 21), l'Unione Sovietica si dissolse dopo un fallito [[putsch di Mosca|colpo di stato]], tentato da alcuni elementi dei vertici militari e dello Stato ([[Janaev]], [[Jazov]] e altri), che osteggiavano la direzione verso cui Gorbačëv stava guidando la nazione e il nuovo patto federativo delle repubbliche sovietiche che doveva essere siglato dopo poche settimane.
Settori politici liberisti e filo-occidentali guidati da [[Boris Eltsin]] usarono il colpo di stato come pretesto per mettere in un angolo Gorbačëv, bandendo il Partito Comunista e spezzando l'Unione. L'[[8 dicembre]] [[1991]] i presidenti di [[Russia]], [[Ucraina]] e [[Bielorussia]] firmarono a [[Belaveža]] il trattato che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico.
In seguito l'Unione Sovietica venne sciolta formalmente dal [[Soviet Supremo]], il [[26 dicembre]] [[1991]]. Il [[25 dicembre|giorno prima]] Gorbačëv aveva rassegnato le proprie dimissioni da presidente dell'URSS.
Già in precedenza, prima l'[[11 marzo]] [[1990]] la [[Lituania]], e poi nel corso del [[1991]], furono prima le [[repubbliche baltiche]] poi le altre [[repubbliche sovietiche|repubbliche]] a dichiarare la propria indipendenza:
* [[9 aprile]] - [[Georgia]]
* [[20 agosto]] - [[Estonia]]
* [[21 agosto]] - [[Lettonia]]
* [[24 agosto]] - [[Russia]] e [[Ucraina]]
* [[25 agosto]] - [[Bielorussia]]
* [[27 agosto]] - [[Moldavia]]
* [[30 agosto]] - [[Azerbaijan]]
* [[1º settembre]] - [[Uzbekistan]]
* [[21 settembre]] - [[Armenia]]
L'eredità politica e militare dell'Unione Sovietica fu raccolta dalla Russia, tanto da subentrarle già nel [[1991]] nelle [[Nazioni Unite]] e nel suo [[Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite|Consiglio di sicurezza]] come [[Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite#Membri permanenti|membro permanente]].
== Politica ==
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