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I [[mantra]] esistevano già nell'epoca vedica<ref name=tantra/>: erano gli inni delle ''saṃhitā'' dei Veda recitati dal [[brahmano|bramino]] durante la [[liturgia]]. Nei culti tantrici il mantra diventa una forma espressiva densa di significati, utile a chiunque non soltanto per invocare la divinità, ma anche in altre occasioni, in apparenza più profane. È infatti proprio nell'ambito del tantrismo (sia induista sia [[buddismo|buddista]]) che i mantra assumono quell'importanza che oggi è dato di vedere nell'Induismo: l'uso attuale dei mantra è essenzialmente tantrico, non vedico e nemmeno post-vedico.
Da un punto di vista occidentale il mantra può apparire come una formula [[magia|magica]], come cioè una particolare successione di parole, o vocalizzazioni, che posseggono il potere di agire su oggetti, eventi o persone. I mantra sono in realtà la forma fonica delle divinità<ref name=tantra/><ref>Questo non vale per tutti i mantra: esistono, per esempio, mantra che rappresentano parti del
Nelle pratiche rituali un mantra è visualizzato interiormente, e ciò equivale a visualizzare quella divinità di cui il mantra è l'essenza<ref name=tantra/>. L'enunciazione (''uccāra'') di un mantra è dunque concepita come vissuta nel proprio corpo, in una precisa corrispondenza fra l'umano e il divino. La ripetizione (''japa'') di uno stesso mantra può condurre a uno stato di [[grazia (teologia)|grazia]], perché i singoli fonemi che lo compongono, già di per sé stessi potenti (nel senso di portatori di [[shakti|energia divina]]), riescono a costruire una realtà di ordine metafisico che conduce alla liberazione<ref name=tantra/>.
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