Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 48:
4. L'ESTETICA DELLA C. Quanto all'estetica, tu parli di una C. tardoromantica. Sono in disaccordo. Il tipo di emissione non ha nulla da fare, innanzitutto, con la pletoricità e il grasso da candele che andava tanto negli anni Cinquanta, e che appunto risentiva ancora del tardoromanticismo e del verismo (che è verismo sulla carta, di fatto è una riconcezione del melodramma prevalentemente piuttosto kitsch [e peraltro con molte belle cose]). La C. era l'esatto *contrario* dell'estetica decadente. In effetti, anzi, sono portato a ritenere che la Lucia della Sutherland, cantante che in fondo ha recuperato uno stile "petali di rosa", molto fin-de-siècle, aggiornandolo, sia molto più legata ad un'estetica tardoromantica di quanto non avvenisse con la C.; vale anche per la Norma, e in genere tutte le altre cose. Lo stile non è per nulla scolpito (per Norma, il "sublime tragico"), il notevole nervosismo di un personaggio come Lucia, che non può essere concepito esclusivamente in chiave elegiaca (il personaggio dà evidenti segni di squilibrio da quando appare in scena a quando ammazza a pugnalate il marito appena sposato...), e la forte tensione espressiva di tutte le eroine protoromantiche sono stati riportati dalla Sutherland ad un clima abbastanza "digestivo", pre-Callas. La C. ha rievocato, per Norma Vestale Medea, ma anche per Sonnambula Puritani Lucia, uno stile che credo proprio sia molto più vicino al concetto degli autori (Bellini più che Donizetti, probabilmente) di quanto sia intervenuto in séguito. Non è solo una questione di tecnica di canto, cioè di fonazione, ma anche di sensibilità nei confronti della ripartizione, della scansione esatta, del melos, dello spirito informatore generale, di uno stile e di una retorica. Il canto della C. ha, anche considerando quanto di suo ci metteva (ma perché no, se poteva permetterselo?), un'idiomaticità che nessun'altra interprete ha avuto. Lei cantava, ci mancherebbe che si mettesse anche a fare ricerca -- oggi le primedonne fanno ricerca quanto vogliono, ma oggi i mezzi e le chiavi interpretative (anche quando non sono in grado di servirsene) ce li hanno. All'epoca no. Non possiamo rimproverarle di non aver fatto l'edizione critica di tutto quel che cantava. Perché la sua funzione è stata proprio quella di riesumare uno stile che nessun foglio di carta, pentagrammata o no, riuscirà a trattenere. E' ovvio, dunque, che abbia agito sulla base dell'intuito: perché in qualunque altro modo sarebbe stato impossibile. Poi, è vera anche la questione che noi non sappiamo come cantassero le primedonne d'allora e che possiamo fare solo supposizioni; però rimane il fatto che, giusto per limitarci alla più documentata delle sue interpretazioni, Norma, dopo quelle stentate della Lehmann, della Cigna, la C. è stata la prima, ma anche l'ultima ad essere *perfettamente a suo agio* in ogni parte dell'opera, che non era eseguita con tagli troppo significativi. Non mi riferisco a trasposizioni di suono, o altro, perché in certi casi non sono così sostanziali (non per valutare le capacità della C., o la sua congenialità con un certo tipo di repertorio). C'è la qualità di una fonazione, dico, che le permette di inquadrare un "No, non tremare" di cui si distingue ogni nota, mentre la Sutherland, per esempio, non articola a sufficienza. Quanto a più moderne interpreti (June Anderson? La Gruberova?) non mi pronuncio perché sono troppo al disotto del piano della storia.
 
:Ciao, ti risponderò con un attimo di calma perché le osservazioni interessanti sono molte. Brevemente, ti segnalo solo una cosa pratica: anche se rispondi da te (cosa che si fa spesso) dovresti mettere un messaggio sulla mia pagina di discussione per informarmi, altrimenti posso non accorgermi. Ricorda anche di usare questo simbolo - <nowiki>~~~~</nowiki> - per firmare tutto i tuoi interventi nelle pagine di discussione: salvando la pagina farà apparire automaticamente la tua firma. A presto --~~~~[[Utente:Francesco Cesari|Al Pereira]] 06:51, 30 nov 2006 (CET)
 
::Dopo tanto tempo rieccomi. Ho fatto quel piccolo cambiamento alla voce Callas. Volevo anche chiederti, visto che di voci mi pare ti intendi parecchio, se conosci il tenore [[Albino Toffoli]]. Attualmente la voce relativa è in cancellazione e a me non pare sia di levatura enciclopedica, tuttavia un tuo parere sarebbe molto gradito. La pagina della canc. relativa è questa: [[Wikipedia:Pagine da cancellare/Albino Toffoli]].<br/>
::Riguardo alla Maria Callas, il punto su cui abbiamo idee diverse riguarda il rigore del suo approccio al repertorio - chiamiamolo così - protoromatico. L'ammirazione da parte mia, come avrai capito, non manca, e tra l'altro mi guarderei bene dall'indicare alcuni nomi che hai citato - in particolare la Sutherland - come alternativa alla Callas. Però resto dell'idea che la Callas con l'epoca di Bellini, e con quel gusto, non abbia così tanto a che fare: l'opera di quegli anni - chiunque sia l'autore - ha un aplombe formale dal quale non si sgarra e che la Callas sembra quasi ignorare (come gli altri cantanti e direttori dell'epoca, beninteso). Le sue interpretazioni tendono piuttosto ad esaltare passi della partitura, a volte intere arie, che a quel punto potrebbero stare anche in un'opera di fine ottocento: il grande arco melodico lo sente e in genere lo rispetta, grazie al suo istinto musicale, e questo tra l'altro è molto belliniano, ma non il senso della forma. Verista è per esempio il raddoppio della sua voce all'orchestra, nella seconda parte del cantabile di concertato del finale I dei Puritani, nel quale sembra non rendersi conti che cantando in quel registro l'effetto è sì espressivo ma anche stridente. Tu mi porti esempi - del tutto eccezionali - di cabalette senza ripresa in Verdi, per altro compensate in altro modo, ma una cabaletta senza ripresa in Donizetti non riesco a sentirla come nient'altro che un aborto musicale. Con questo non voglio certo legare la Callas al nome di Verdi, tutt'altro! e neppure la definirei pucciniana, dato che a fronte di alcune interpretazioni eccellenti (Tosca, l'aria di Turandot, certi passaggi superlativi anche in Manon) ce ne sono altre che mi convincono poco (Butterfly) o nulla (Bohème). Secondo me la Callas è un soprano ponchielliano, cioè dotata di un fraseggio straordinario che trae vantaggio dalla disomogeneità dei registri e dai contrasti estremi, anche dinamici. Una voce insieme lirica e tagliente, com'era forse quella di Romilda Pantaleoni. Purtroppo di Ponchielli ha cantato solo Gioconda, ma se avesse fatto anche I Lituani, Il Figliuol prodigo e soprattutto Marion Delorme queste opere probabilmente oggi circolerebbero. Questa almeno è la mia impressione.<br/>
::Grazie delle informazioni riguardo alle riprese del Pirata: il fatto che la Aliberti la canti mi preoccupa parecchio. Ecco una che imita la Callas facendo danni seri a quella musica. Tempo fa Philip Gosset mi aveva detto che aveva scritto le cadenze e le variazioni per il Pirata, sperando che quest'opera - a mio avviso molto ricca di cose belle - riuscisse finalmente a decollare. Ma senza soprano e soprattutto senza tenore è tutto inutile. La prima volta che ho ascoltato Il pirata è stato proprio nell'incisione Callas/Rescigno: impressione: 2-3 cose magnifiche, il resto maldestro. Poi ho sentito Gavazzeni e l'opera mi è piaciuta. Poi ho preso lo spartito e l'ho messo sul pianoforte e ho capito che siamo lontani anni luce da un esecuzione belliniana di quest'opera. Quanto alla Straniera, non sapevo che la Callas volesse cantarla e alla fine mi dispiace che non l'abbia fatto, anche se un'interpretazione abbastanza "callasiana" mi pare quella di Renata Scotto, nell'incisione diretta da Sonzogno. Anche qui però il discorso è lo stesso: una grande interprete che ti risolve in modo sublime 2-3 pezzi e poi? Un'opera variamente massacrata, per me sinceramente inascoltabile in quell'edizione. In scena non l'ho mai vista, ma ho l'impressione che funzionerebbe. I recitativi non sono lunghi, si presta a soluzioni scenografiche più interessanti del Pirata e ha una maggiore continuità drammatica, anche se a mio avviso la musica è meno bella. Poi cosa sia interessante drammaturgicamente è difficile da stabilire. Di Bellini si fanno parecchio i Capuleti, che pure ha un taglio terribilmente convenzionale (sin dalla sinfonia!), senza le trovate che invece ci sono nella Straniera, però ci sono Giulietta e Romeo, e non ci sono grosse difficoltà vocali.<br/>
::Torno ai tuoi esempi di cabalette tagliate e poi ti saluto: le cabalette di Germont, Alfredo e Leonora (la seconda) credo le tagliò lo stesso Verdi per la Francia, e si poteva fare, tanto più nel caso di quest'ultima, dato che l'impressionante espansione del tempo in mezzo (il Miserere) forniva da sé un eccellente finale. Cabalette ne tagliò anche nel nuovo Simon. Altra cosa però è tagliare la ripresa. Certo con Verdi variare diventa ben difficile, ma in fondo lo era già con Bellini e Donizetti, il più delle volte, tanto è vero che le variazioni di tradizione sono rossiniane. E questo è il vero problema: introdurre variazioni più sottili, forse alla Chopin, non d'agilità ma d'espressione e di fraseggio, lavorando sulle appoggiature, le dinamiche, i rubati. Riguardo alla cabaletta del Duca di Mantova, ti riferisci alle esecuzioni anni 1950? non dell'epoca di Verdi, immagino. Anche a me piace molto! Ciao --~~~~[[Utente:Francesco Cesari|Al Pereira]] 06:51, 30 nov 2006 (CET)