Gergo: differenze tra le versioni
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I gerghi e le loro fonti nella storia: nuovo capitolo secondo intro dizionario storico di Ferrero (bibliografia) |
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Generalmente ogni generazione o gruppo sociale sviluppa delle sue varietà di linguaggio, per il semplice fatto che i vari componenti parlano più spesso "tra loro" che "con gli altri", oppure perché essi deliberatamente intendono non farsi capire da chi non fa parte del gruppo. Un esempio di linguaggio tendenzialmente gergale è la lingua dei giovani: il fenomeno è interessante per il fatto che qualche volta gli adulti non riescono a capire la lingua dei giovani, ed il fenomeno non può essere semplicemente spiegato con il graduale mutamento della lingua (esso ha delle ragioni anche e soprattutto sociali).
==Caratteristiche dei gerghi==
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Accanto ai gerghi in senso stretto come li abbiamo visti finora, si parla anche di gerghi in senso lato. Si tratta dunque di parlate in qualche modo codificate e usate da un determinato gruppo sociale, ma alle quali manca l’elemento di segretezza: spesso ci si limita a pochi elementi stilistici non necessariamente impossibili da comprendere (secondo Berruto, queste parlate devono essere chiamate senza funzione criptica e allusive). I gerghi giovanili rientrano la maggior parte delle volte in queste categorie. Questi linguaggi si avvalgono qualche volta di metafore o di semplici procedimenti metrici di troncamento o allungamento della parola:
* ''Paglia'', per dire 'sigaretta' o 'spinello'
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Per finire, l'uso di vocabolario scientifico, tecnico e finanziario non rientra in nessun modo sotto la definizione di gergo, in quanto la creazione di parole speciali nasce da esigenze legate alla comunicazione (che deve essere specifica) e non alle caratteristiche sociali dei parlanti. Se nella vita di tutti i giorni si può sentire parlare di gerghi scientifici, in questi casi la linguistica usa il termine di [[linguaggi settoriali]].
==I gerghi e le loro fonti nella storia==
Esempi di gergo in senso stretto nella storia della lingua italiana sono attestati sin dal [[Medioevo]]. i primi fenomeni di codificazione gergale, ad esempio attraverso libretti e dizionarietti al Quattrocento; i fenomeni del [[vagabondaggio]] e del [[brigantaggio]] erano in Italia quanto in altri paesi, soprattutto in Francia, i motori di questa codificazione (secondo le indicazioni dell’introduzione del dizionario di Ferrero).
La spinta della reazione, non si fece attendere: si trattava da parte degli stati, di decodificare i gerghi. Come replica ad un fenomeno linguistico e sociale, venivano pubblicate trattazioni sul modo di vivere e infrangere la legge di questi gruppi emarginati; la parte linguistica di questi "trattarelli" era costituita da glossari; si ricordino lo ''Speculum Cerretanorum'' di Teseo Pini in Italia (ca. 1485) ed il ''Modo Nuovo de intender la lingua Zerga, cioè parlar furbesco,'' pubblicato nel 1545 da Antonio Brocardo.
Lo scopo di questi libretti era, secondo gli autori, quello di mettere in guardia il lettore dalla minaccia costituita dai parlanti del gergo descritto; si trattava dunque di avvertire il lettore su quelle che potevano essere le varie astuzie e abitudini di vagabondi e briganti. La lettura costituiva pure oggetto di un certo divertimento, legato al gusto del macabro e del proibito.
Anche gli sforzi della [[Controriforma]] nel [[Seicento]] e ogni sorta di raccolta di vocaboli gergali in periodi più tardi erano da considerarsi soprattutto di natura criminologica, come risposta della società al formarsi di una controsocietà nemica.
Per quanto riguarda l’[[Ottocento]], degli spunti di un certo interesse si trovano nei trattati di antropologia di quel secolo soprattutto in quelli di carattere [[criminologia|criminologico]] e [[psichiatria|psichiatrico]]; in parecchi frangenti, Ferrero sottolinea il gusto da parte dello studioso di mostrare l'uomo in una degradazione e abiezione che si volevano congenite .
Nel Novecento una progressiva integrazione sociale da parte dei gruppi di fuorilegge con lo stato. Questo riguarda ad esempio il prossimo esempio di gergo: quello della [[mafia]]. Ferrero ricorda il termine di [[Mafiese]], la lingua mafiosa che successivamente doveva essere usata anche nel mondo di assessori e deputati (e che oggi, non è più da considerarsi un gergo in senso stretto, in quanto non è più segreta).
==Bibliografia==
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*Guiraud, P., ''L'argot'', Paris, PUF, 1973.
*Ferrero, E., ''Dizionario storico dei gerghi italiani. Dal Quattrocento a oggi'', Milano, Mondadori 1991.
*Forconi, A., ''La mala lingua. Dizionario dello 'slang' italiano. I termini e le espressioni gergali, popolari, colloquiali'', Milano, Sugarco 1988.
*Lanza, C., Il Mercabul. Il controlinguaggio dei giovani, Milano, Mondadori, 1974.
*Massariello G., ''La lessicografia'', Bologna, Zanichelli 1982.
*Manzoni, G. R., ''Peso vero sclero. Dizionario del linguaggio giovanile di fine millennio,'' Milano, Il Saggiatore, 1997.
* Sanna, C.; ''Il gergo della camorra'', Palermo, il Vespro, 1978
==Curiosità su internet==
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