Assedio di Messina (1848): differenze tra le versioni

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Anche questa tregua era però spezzata dalle truppe borboniche, che il 5 giugno sferravano un’altra sortita in direzione del piano di Terranova, poi ripetuta nella notte. Entrambi gli attacchi s’infrangevano contro la decisa resistenza siciliana, al che l’artiglieria dei regi riprendeva a sparare sulla città. La lotta proseguiva anche sul mare: il 15 giugno, nello stretto di Messina, le barche cannoniere siciliane, comandate dal capitano di vascello Vincenzo Miloro, affrontavano e costringevano alla fuga una fregata a vapore napoletana. Nella notte del 17 i borbonici attaccavano ancora una volta nel piano di Terranova ed ancora una volta erano costretti alla ritirata. Allo scontro partecipavano da parte siciliana anche molti volontari improvvisati forniti di picche e coltelli.
Anche se gli insorti continuavano ad avere successi parziali, la Cittadella restava inespugnabile e poteva tenere sotto tiro con i suoi 300 cannoni la città, che si trovava a distanza di poche centinaia di metri. Era indispensabile per i siciliani riuscire a conquistare la grande fortezza, ma questo non si poteva fare con un assalto all’arma bianca, che si sarebbe infranto dinanzi ai fossati, alle mura, alla numerosissima artiglieria: risultava necessario agire con tecniche d’assedio, ma scarseggiavano da parte degli insorgenti sia gli uomini qualificati, sia i mezzi. Continuavano frattanto gli scontri e dal 15 al 24 agosto le artiglierie napoletane tiravano sulla città, provocando gravi danni e molte perdite fra i combattenti ed i civili.
 
 
 
 
 
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== Quarta fase. 25 agosto/7 settembre ==