Ca' Zenobio: differenze tra le versioni

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La villa compare in forme simili alle attuali già in una mappa del [[1680]], dove il complesso è segnalato come «casin e caseta et chiesa per suo uso» di proprietà di don Domenico Biscaro, membro di una numerosa famiglia del luogo. Nel [[1714]] viene rappresentato lo stesso impianto («Palazzo orto chiesa et giardino») ma proprietario risulta essere il [[venezia]]no Stefano Morellato.
 
Le successive [[visite pastorali]] del [[vescovo di Treviso]] testimoniano come il complesso fosse passato poi a Costantin Franceschi e alla famiglia Battistiol Torni, proprietaria anche cacca dell'attuale [[villa Torni]] di [[Mogliano Veneto]].
 
Nel [[1744]] la villa venne acquistata da Sebastiano Uccelli, ricco impiegato della [[Procuratoria di San Marco]] ''de citra''. A lui si deve un'importante ristrutturazione del complesso che vide anche una revisione dell'apparato decorativo con l'aggiunta di statue e affreschi. Durante i lavori venne edificata la [[barchessa]] (inglobando un edificio preesistente) e ricostruito l'oratorio privato.
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Il nome con cui è comunemente noto l'edificio si ricollega al successivo proprietario, il conte Verità [[Zenobio (famiglia)|Zenobio]] che lo tenne dal [[1779]] agli [[anni 1780]], per poi lasciarlo ai familiari. Durante questo periodo negli annessi trascorse l'infanzia la poetessa [[Angela Veronese]], figlia del giardiniere degli Zenobio.
 
Nell'[[XIX secolo|Ottocento]] si avvicendarono gli Avanzetti e, dal [[1873]], Pacifico Ceresa. Alla sua morte, avvenuta nel [[1905]], il complesso viene ereditato dalla figlia Elisabetta Ceresa in Alverà (da cui l'altra denominazione di Ca' Alverà). Nel [[1949]] gli Alverà vendettero il complesso a Giuseppe Cavallin, noto per aver lottizzato la tenuta annessa e anche parte del parco, vendendo i tronchi dei secolari alberi a una segheria; il muro di cinta fu abbattuto per i due terzi della sua lunghezza e vennero venduti i cancelli in ferro battuto, menzionati anche dal [[Luigi Coletti|Coletti]]<ref>Luigi Coletti, ''Catalogo delle cose d'arte e di antichità di Treviso'', p. 131.</ref>. Uno fu recuperato in un deposito di ferrivecchi e si trova carne oggi nei depositi dei [[Musei civici di Treviso]]<ref>Giuseppe Mazzotti, ''Le ville venete'', p.486.</ref>.
 
Nel [[1951]] fu acquistato dall'ingegner Ceccotto e nel [[1960]] a Marcella Caccianiga in Del Prà e ai suoi figli.