Bianca Bianchi: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Bianca Bianchi nasce a [[Vicchio]], in [[provincia di Firenze]], dove trascorre la sua prima infanzia<ref>''"I giorni che mi crearono l'infanzia sono soltanto miei. "'' (''Il tempo del ritorno'', p. 3)</ref>. Alla morte del padre <ref>''"(...) E così crebbi cercandolo ovunque. Per anni ho creduto di poterlo incontrare improvvisamente in una qualunque strada. (...) Ogni sera fissavo dentro di me la sua immagine perché avevo paura di non riconoscerlo fra tanta gente se fosse passato del tempo e io avessi dimenticato come era fatto. (...) In una breve stagione mio padre mi aveva regalato secoli d'amore"'' (''Il tempo del ritorno'', p. 30-31)</ref>, fabbro del paese e attivo socialista, si trasferisce a [[Rufina]], presso la famiglia materna<ref> ''"(...) tutto ha radici profonde nel buio e nella solitudine che ho vissuto fino a quando la mano di nonno Angiolo non cercò la mia accogliendomi nel suo grande cuore"'', (''Io torno a Vicchio'', p. 13) </ref>, in seguito a [[Firenze]] per proseguire gli studi. Consegue il diploma magistrale e si iscrive alla Facoltà di filosofia. Nel [[1939]] si laurea con una tesi dal titolo [[''Il pensiero religioso in Giovanni Gentile'']], poi pubblicata, con relatore [[Ernesto Codignola]]. Insegnante a [[Genova Sestri]], a [[Bolzaneto]], poi a [[Cremona]], incontra difficoltà e ostacoli, fino a perdere il lavoro, a causa delle divergenze con i superiori sul modo indipendente di condurre le lezioni, per la volontà ad esempio di non tralasciare la cultura e la civiltà ebraica, escluse invece dal programma didattico di stato. Accetta dunque la proposta di un incarico di insegnante di lingua italiana in [[Bulgaria]], dal novembre [[1941]]. Nel giugno [[1942]] torna in Italia e, dopo breve un periodo nel quale la famiglia si stabilisce nuovamente a [[Rufina]], rientra a [[Firenze]] alla caduta di [[Mussolini]]. Prende parte alle riunioni del [[Partito d'Azione]], a volantinaggi antifascisti e ad un trasporto di armi per i partigiani. Nel [[1945]] si iscrive al [[PSIUP]] di [[Giuseppe Saragat]] e di [[Pietro Nenni]]<ref>''"Le donne iscritte erano pochissime, ma Bianca continuò a partecipare con passione profonda distinguendosi nella preparazione di iniziative culturali e intervenendo sovente a comizi pubblici, sia in città che in provincia"'' (Zeffiro Ciuffoletti e Antonio di Ruggiero: "Bianca Bianchi" in: ''I deputati toscani all'Assemblea Costituente, profili biografici''. Firenze, Edizioni dell'Assemblea, 2008, p. 147)</ref>. Alle elezioni del 2 giugno [[1946]] viene eletta all'[[Assemblea Costituente]], una delle 21 donne su 556 membri, raccogliendo più del doppio dei consensi del capolista [[Sandro Pertini]]. Si trasferisce a Roma<ref>''"(...) Roma mi presenta una bellezza disarmante. Uscita dalla misura d'uomo di Firenze mi trovo immersa nella misura dei giganti. Mi è impossibile pensare. Persino il colore dei palazzi mi confonde"'' ("Testimonianza", in: ''Donne e costituente'', Roma, 1996, p. 13)</ref>. Durante la sua partecipazione alla Costituente interviene sui problemi della [[scuola]], delle pensioni e dell'occupazione. Nel gennaio del [[1947]] segue il gruppo di [[Saragat]] nella scissione di Palazzo Barberini che dà vita al nuovo partito [[PSLI]], poi [[PSDI]]. Nel 1948, candidata in [[Sicilia]] è eletta nella [[I Legislatura della Repubblica Italiana|I Legislatura]] per la [[Lista di unità socialista]]. Nel [[1949]] presenta la prima di una serie di proposte di legge sul tema della tutela giuridica dei figli naturali<ref>Nel 1949 Bianca Bianchi pubblica le proprie riflessioni sul tema dei figli illegittimi nel libro ''Figli di nessuno''</ref>, al fine di rendere maggiormente attuabile il riconoscimento della paternità, moltiplicando le eccezioni al divieto di ricerca. Il progetto legislativo incontra notevoli resistenze<ref>Tra le critiche più forti, quella di [[Giovanni Spadolini]] in un articolo per [["Il Messaggero"]], del 23 maggio 1950</ref> e sarà approvato solo nel [[1953]].
Interrotta l'esperienza politica, dagli anni Cinquanta si dedica allo studio dei problemi educativi e scolastici <ref>''"Quali sono i bisogni psicologici del bambino? Quali le leggi del suo sviluppo fisiopsichico? Come debbono essere i programmi ed i metodi scolastici, per ispirarsi a questi principi? Sarebbe un gran male non tener conto di queste esigenze, non rispondere a queste domande."'' (''Lineamenti di metodologia'', p. 2)</ref> e alla creazione della [[Scuola d'Europa]] di [[Montesenario]], un istituto modello per ragazzi della [[scuola primaria]] e delle medie. Le idee che muovono questa esperienza, per molti aspetti sperimentale e all'avanguardia, sono espresse nei saggi: ''Amicizia per i nostri figli'' e ''L'esperienza di un'educazione nuova alla Scuola d'Europa''. Negli stessi anni collabora al quotidiano [["La Nazione"]] di [[Firenze]], curando la rubrica "Occhio ai ragazzi", rivolta ai problemi educativi e scolastici.
Dal 1970 al 1975 è eletta consigliere comunale di [[Firenze]] nelle liste del [[PSDI]].