Filosofia greca: differenze tra le versioni

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== Considerazioni critiche ==
Secondo [[Giuseppe Faggin]], «di fronte alle civiltà dell'[[Oriente]], il genio ellenico rappresenta la vocazione alla luce, alla razionalità, al [[Logos]]».<ref>''Storia della filosofia'', vol. 1, pag. 3, ed. Principato, 1983.</ref> Egli ha quindi elencato quelle caratteristiche, appartenute al patrimonio culturale greco, che a suo parere sono diventate una componente essenziale del pensiero occidentale: il ''cosmo'' (κόσμος) cioè la realtà ordinata e razionale; la ''legge'' (νόμος) che ne regola i fatti; la ''cadenza'' (ῥυθμός, ritmo) che scandisce le oscillazioni della vita; l'''accordo'' (αρμονία, armonia) che congiunge suoni, azioni, mondi; la ''proporzionalità'' (συμμετρία, simmetria) nella [[bellezza]] dei corpi umani e nelle costruzioni [[architettura|architettoniche]]; la ''[[parola]]'' (λόγος, logos) intesa come il senso e la ragione di fatti, eventi, azioni; la ''[[necessità]]'' (ανάγκη) che incombe, inesorabile, su tutto ciò che esiste. In un tale [[universo]] razionale ed organico, è ritenuto "«''bello e buono"''» (καλὸς καὶ αγαθός) colui che attua nelle azioni, nel corpo e nel pensiero la legge e il ritmo dell'[[universo]]. Viceversa la colpa peggiore è «la ὔβρις, cioè la tracotanza che si rifiuta di accettare l'ordinamento divino del mondo e gli oppone il proprio orgoglioso [[arbitrio]]».<ref>Giuseppe Faggin, ''op. cit.'', pag. 6.</ref>
 
Un'altra caratteristica della filosofia greca è la propensione alla speculazione teoretica, alla "vita contemplativa" (βίος θεωρητικός), ritenuta il fine più nobile dell'esistenza umana, a discapito delle attività tecnico-pratiche e dei mestieri manuali.<ref>Giuseppe Faggin, op. cit. pag. 5-6.</ref>. Testimonianze esplicite in tal senso vengonoverrebbero da Socrate,<ref>[[Senofonte]] scrive nell' ''Economico'' che [[Socrate]] disse questo : "Quelle arti che sono chiamate meccaniche portano un marchio sociale e sono giustamente tenute in spregio nelle nostre città perché danneggiano il corpo di coloro che le praticano; e questa degenerazione fisica produce anche un deterioramento dell'animo".</ref> e Aristotele.<ref>Cfr. ''Etica Nicomachea'', X, 7, 1177 b30-31.</ref>
 
== Note ==