Vittorio Alfieri: differenze tra le versioni
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Tra il [[1766]] e il [[1772]], Alfieri cominciò un lungo vagabondare in vari stati dell'[[Europa]]. Visitò l'Italia da [[Milano]] a [[Napoli]] sostando a [[Firenze]] e a [[Roma]], nel [[1767]] giunse a [[Parigi]] dove conobbe [[Luigi XV di Francia|Luigi XV]] che gli parve un monarca tronfio e sprezzante. Deluso anche dalla città, a gennaio del [[1768]] giunse a [[Londra]] e, dopo un lungo giro nelle province inglesi, andò in [[Olanda]].
A [[L'Aia]] visse il suo primo amore con la moglie del barone Imhof, Cristina. Costretto a separarsene per evitare uno scandalo, tentò il [[suicidio]], fallito per il pronto intervento di Elia, il suo fidato servo, che lo seguiva in tutti i suoi viaggi.
Rientrò a Torino, dove alloggiò in casa di sua sorella Giulia, che nel frattempo aveva sposato il conte [[Giacinto Canalis di Cumiana]]. Vi rimase fino al compimento del ventesimo anno di età, quando, entrando in possesso della sua cospicua eredità, decise di lasciare nuovamente l'Italia.
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[[File:Alfieri e Albany.jpg|thumb|left|280px|Alfieri e la contessa d'Albany, F. X. Fabre, [[1796]], Torino, Museo Civico di arte antica]]
Nell'ottobre del [[1777]], mentre terminava la stesura di ''Virginia'', Alfieri conobbe la donna che lo tenne a sé legato per tutto il resto della vita: [[Luisa di Stolberg-Gedern]], contessa d'Albany, moglie di [[Carlo Edoardo Stuart]], [[pretendente al trono]] d'[[Inghilterra]]. Nello stesso periodo si dedicò alle opere
Nel [[1780]], con l'avallo del governo [[Granducato di Toscana|granducale]], la contessa d'Albany riuscì ad abbandonare il marito rifugiandosi a [[Roma]] presso il convento delle [[Orsoline]], con l'aiuto di suo cognato, [[Enrico Benedetto Stuart]], cardinale e duca di [[York]].
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Costretti ad abbandonare l'[[Alsazia]] alla fine dell'anno, per l'obbligo della contessa di risiedere negli [[Stato Pontificio|stati pontifici]], Alfieri si sistemò a [[Pisa]] e la Stolberg a [[Bologna]].
La già insostenibile situazione fu aggravata dalla improvvisa morte dell'amico Gori. Sono di quel periodo alcune rime tra cui il ''Panegirico di Plinio e Traiano'' e le ''Note'', sorte in polemica risposta verso le critiche negative alle sue tragedie.
Nel [[1785]] portò a termine le tragedie ''[[Bruto primo (Alfieri)|Bruto primo]]'' e ''[[Bruto secondo (Alfieri)|Bruto secondo]]''. Nel dicembre del [[1786]], l'Alfieri e la Stolberg (che sarebbe divenuta vedova due anni dopo) si trasferirono a [[Parigi]] acquistando due case separate; in questo periodo furono ripubblicate le sue tragedie per opera dei famosi stampatori [[Didot]]. Nel salotto della Stolberg Alfieri conobbe molti letterati, in particolare fece la conoscenza di [[André Chénier]], che ne rimase talmente colpito da dedicargli alcuni suoi scritti.
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Le tragedie più rappresentate nel triennio giacobino furono la ''Virginia'' ed i due ''Bruti''. A Milano al Teatro Patriottico nel [[1796]], il [[22 settembre]] dello stesso anno, [[Napoleone]] presenziò ad una replica della ''Virginia''.<ref>''Il Risorgimento nell'Astigiano nel Monferrato e nelle Lange'', ( a cura di Silvano Montaldo), Carla Forno, ''Il mito risorgimentale di Alfieri'', Asti Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, 2010, pg. 186</ref>
Il Bruto primo
Le reazioni negli spettatori erano spesso molto singolari, ne parla anche il Leopardi nel suo ''[[Zibaldone]]'' (1823), che citando la rappresentazione a Bologna dell'''Agamennone'' racconta che:
{{quote|Destò vivissimo interesse negli uditori, e fra l'altro tanto odio verso Egisto, che quando Clitenestra esce dalla stanza del marito col pugnale insanguinato, e trova Egisto, la platea gridava furiosamente all'attrice che l'ammazzasse.|}}
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Negli anni successivi, molti attori [[XIX secolo|ottocenteschi]] si specializzarono nelle opere alfieriane : da [[Antonio Morrocchesi]] al [[Teatro Carignano|teatro Carignano di Torino]], a [[Paolo Belli Blanes]] a Firenze o a Milano.
Le tragedie sono
[[File:DavidBrutusSonsCorps.jpg|250px|thumb|''I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli'', [[1789]] [[Jacques-Louis David]], Parigi, [[Louvre]]]]
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=== Le prose politiche ===
L'odio per la tirannia e l'amore viscerale per la libertà, vennero sviluppati in due trattati:
* ''[[Della tirannide (Alfieri)|Della tirannide]]'' ([[1777]]-[[1790]]), di tema interamente
* ''[[Del principe e delle lettere]]'' ([[1778]]-[[1786]]), di tema politico-letterario, dove l'Alfieri giunge alla conclusione che il binomio monarchia e lettere sia dannoso per lo sviluppo di queste ultime. Il poeta prende in esame anche le opere di [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Orazio]], [[Ludovico Ariosto|Ariosto]], [[Jean Racine|Racine]], nate con il benestare di principi o monarchi munifici e le considera il frutto di uomini "mediocri", contrapponendoli a [[Dante]].
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Le prime quattro costituiscono una specie di tetralogia politica, ''La finestrina'' è un'opera a carattere etico universale, ''Il divorzio'' tratta dei costumi italiani contemporanei.
Furono scritte nell'ultima parte della vita dell'Alfieri, intorno al 1800, anche
se l'idea di produrre commedie fu concepita alcuni anni prima. Lo stesso Alfieri racconta nella ''Vita'' di essersi ispirato a [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]] per creare un proprio stile di autore comico:
{{quote|Pigliai anche a tradurre il Terenzio da capo; aggiuntovi lo scopo di tentare su quel purissimo modello di crearmi un verso comico, per poi scrivere (come da gran tempo disegnava) delle commedie di mio; e comparire anche in quelle con uno stile originale e ben mio, come mi pareva di aver fatto nelle tragedie.|da ''Vita'' di V. Alfieri, ''Epoca quarta'', ''[[1790]]'', ''capitolo XX''}}
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=== Autobiografia ===
Alfieri cominciò a scrivere la propria biografia (la "[[Vita scritta da esso]]" ) dopo la pubblicazione delle sue tragedie. La prima parte fu scritta tra il [[3 aprile]] ed il [[27 maggio]] [[1790]] e giunge fino a quell'anno, la seconda
"La vita" è universalmente considerata un capolavoro letterario, se non il più importante, sicuramente il più conosciuto, infatti, secondo M. Fubini, l'Alfieri fu per molto tempo l'autore
Non a caso l'opera all'inizio del [[XIX secolo]] venne tradotta in [[lingua francese|francese]] ([[1809]]), [[lingua inglese|inglese]] ([[1810]]) [[lingua tedesca|tedesco]] ([[1812]]), e parzialmente in [[lingua svedese|svedese]] ([[1820]]).
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=== Rime ===
Alfieri scrisse le ''Rime'' tra il [[1776]] ed il [[1799]]. Stampò le prime (quelle scritte fino al [[1789]]) a [[Distretto governativo di Friburgo in Brisgovia|Kehl]], tra il [[1788]] e il [[1790]].<br />
Preparò a [[Firenze]] nel [[1799]] la stampa della seconda parte, che costituì l'undicesimo volume delle ''Opere Postume'', pubblicato per la prima volta a Firenze nel [[1804]] per l'editore Piatti.<ref>le Opere Postume uscirono con la falsa indicazione della pubblicazione a [[Londra]]</ref>
Le Rime di Vittorio Alfieri sono circa 400 e hanno un carattere fortemente autobiografico: difatti costituiscono una sorta di diario in poesia e nascono da impressioni su luoghi e vicende concrete o come sfogo legato a particolari occasioni amorose, e questa qualità si evince anche dal fatto che ogni poesia di norma reca l'indicazione di una data o di un luogo. Si tratta soprattutto di [[sonetti]], forma poetica assai cara all'autore, poiché gli permettevano di esprimere
Le Rime si ispirano soprattutto alla poesia di [[Francesco Petrarca]] sia nelle situazioni sentimentali sia nel ricorrere di parole, formule e frasi, spesso tratte dal Canzoniere. Ma Alfieri, diversamente dal petrarchismo settecentesco degli arcadi, trae da Petrarca l'immagine di un io diviso tra forze opposte, portando il dissidio interiore ad una tensione violenta ed esasperata. Alfieri poi si ispira al linguaggio musicale e melodico dell'autore del Canzoniere, ma solo esteriormente: infatti il suo è un linguaggio aspro, antimusicale, caratterizzato da un ritmo spezzato da pause, inversioni ardite, violente inarcature degli enjambements, scontri di consonanti e formule concise e lapidarie. Un linguaggio simile a quello delle tragedie dunque, che deve rendere lo stato d'animo inquieto e lacerato del poeta:
infatti la poesia per Alfieri deve puntare all'intensificazione espressiva
Grande importanza ha in Alfieri il tema amoroso: si tratta di un amore lontano e irraggiungibile, causa di sofferenza e infelicità. Ma il motivo amoroso assume un significato più vasto: costituisce infatti un mezzo per esprimere il proprio animo tormentato, in eterno conflitto con la realtà esterna. Alla tematica sentimentale si intreccia quindi il motivo politico, anch'esso vicino al clima delle tragedie: compare la critica contro un'epoca vile e meschina, il disprezzo dell'uomo che si sente superiore contro una mediocrità che egli avverte come vittoriosa e dominante nel mondo, l'amore per la libertà, la nostalgia verso un passato idealizzato, popolato da grandi eroi disposti a sfidare il proprio tempo pur di perseguire i propri ideali.
Alfieri poi delinea un ritratto idealizzato di sé: difatti si presenta come letterato-eroe e negli atteggiamenti titanici e fieri dei protagonisti delle sue tragedie.
Compare poi nelle Rime la tematica pessimistica che costituisce il limite della tensione eroica di Alfieri. Sempre presenti sono in lui "Ira" e "Malinconia", da una parte il generoso sdegno di un'anima superiore verso una realtà vile, dall'altra un senso di disillusione e di vuoto, di noia, di vanità. La morte diventa dunque un tema ricorrente e viene vista dal poeta come l'unica possibilità di liberazione e anche come l'ultima prova davanti alla quale bisogna confermare la saldezza magnanima dell'io. Questo pessimismo porta quindi all'amore per i paesaggi aspri, selvaggi, tempestosi e orridi, ma anche deserti e silenziosi: l'io del poeta vuole infatti intorno una natura simile a sé, una proiezione del proprio animo. E questo è un motivo già tipicamente romantico.
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== Il pensiero letterario: Alfieri tra l'[[Illuminismo]] e il [[Romanticismo]] ==
{{quote|Ma non mi piacque il vil mio secol mai: / e dal pesante regal giogo oppresso, / sol nei deserti tacciono i miei guai|''Tacito orror di solitaria selva'', in ''Rime''}}
Le influenze letterarie di Alfieri provengono dagli scritti di [[Montesquieu]], [[Voltaire]], [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], [[Claude-Adrien Helvétius|Helvétius]], che l'astigiano conobbe nei suoi molteplici viaggi in Europa, durante il processo
Lo studio ed il perfezionamento della lingua italiana avvennero con la lettura dei classici italiani e latini ([[Dante]] e [[Petrarca]] per la poesia, [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] per il verso tragico).
Il suo interesse per lo studio dell'uomo, per la concezione [[meccanicismo|meccanicistica]] del mondo, la lontananza dalla religione (vista, influenzato da Machiavelli, solo come un mezzo di stabilità politica per la plebe) per l'assoluta [[libertà]] e l'avversione verso il [[dispotismo]], collegano Alfieri alla dottrina [[illuminista]]. <br />
I temi letterari illuministici, volti a chiarificare le coscienze e ad apportare il progresso sociale e civile, sono affrontati dal poeta non in modo distaccato, ma con l'emotività e le inquietudini del pensiero Romantico.
[[File:VAlfieriFabre.jpg|thumb|200px|Vittorio Alfieri dipinto da [[François-Xavier Fabre]], [[Firenze]] [[1793]]]]
Alfieri è considerato dalla critica letteraria come l'anello di congiunzione di queste due correnti ideologiche, ma l'astigiano al contrario dei più importanti scrittori illuministi dell'epoca, quale [[Giuseppe Parini|Parini]], [[Alessandro Verri|Verri]], [[Cesare Beccaria|Beccaria]], [[Voltaire]], che sono disposti a collaborare con i monarchi "illuminati" ([[Federico II di Prussia|Federico di Prussia]], [[Caterina II di Russia]], [[Maria Teresa d'Asburgo|Maria Teresa d'Austria]]) e ad esporre le proprie idee nei salotti europei, rimane indipendente e reputa umiliante questo genere di compromesso.
D'altronde Alfieri fu un precursore del pensiero romantico anche nel suo stile di vita, sempre alla ricerca dell'autonomia ideologica (non a caso lasciò tutti i suoi beni alla sorella Giulia per poter abbandonare la sudditanza dai [[Casa Savoia|Savoia]]) e nel non accettare la netta distinzione [[XVII secolo|settecentesca]] fra vita e letteratura, nel nome di valori etico-morali superiori.
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{{Quote|Alfieri illumina nel vostro cuore le virtù eroiche ed eleva il vostro pensiero; le sue parole dure, ma piene di forza e di energia sono tutte recanti il timbro del genio di [[Melpomene]]|''"Delle speranze degli italiani"'' Milano, 1920|Alfieri allumera dans votre coeur les héroiques vertus et elevera votre pensée; ses expression rudes, mais plein de force et d'energie sont toutes marquées au coin du génie de Melpomene|lingua=fr}}
[[Luigi Provana del Sabbione]], storico e senatore del [[Regno di Sardegna]], dichiarò che anche lui come molti patrioti aveva baciato la tomba di Vittorio Alfieri in Santa Croce ed aveva fissato gli occhi sulla finestra del poeta che si affacciava sull'[[Arno]].<ref name="Domenico Fava 1949"/>
Fu visto anche come una sorta di figura [[decadentismo|decadentista]] del "[[dandy]]" ante litteram, come un personaggio di artista aristocratico e libero.<ref>Arnaldo Di Benedetto, ''Il dandy e il sublime: nuovi studi su Vittorio Alfieri</ref>
Anche dopo il Risorgimento l'ammirazione di molti intellettuali verso la personalità dell'astigiano continuò: il pensiero politico di Alfieri, quale emerge dalle tragedie e dai trattati, fu visto di volta in volta come un precursore dell'idea [[anarchica]]<ref>Umberto Calosso, ''L' anarchia di Vittorio Alfieri : discorso critico sulla tragedia alfieriana'', 1949</ref>, dell'[[individualismo]]<ref>[http://www.slideshare.net/Palamaza/vittorio-alfieri Vittorio Alfieri presentazione]</ref>, del [[nazionalismo]] [[fascista]]<ref>Giovanni Gentile, ''L'eredità di Vittorio Alfieri''</ref><ref>C. A. Avenati, ''La rivoluzione da Vittorio Alfieri a Benito Mussolini'', Torino, Biblioteca della Società Storica Subalpina, 1934.</ref>, del pensiero [[libertario]]<ref>[http://www.gazzettadasti.it/content/2010-12-10/tre-domande-carla-forno Alfieri: libertario o codino?]</ref>, e persino di forme di [[liberalismo]] estremo come il cosiddetto [[libertarianismo]].<ref>Roberta Montemorra Marvin, Downing A. Thomas - ''Operatic Migrations: Transforming Works and Crossing Boundaries'', 2006</ref>
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Egli chiede scusa ai ''fratelli'' se la sua musa inesperta osa cantare i segreti della loggia. Poi il capitolo in terzine prosegue menzionando il ''Venerabile'', il primo ''Vigilante'', l'''Oratore'', il ''Segretario''.
Negli elenchi della massoneria piemontese il nome dell'Alfieri non è mai comparso. I suoi primi biografi supposero che egli fosse stato iniziato in Olanda o in Inghilterra, nel corso di uno dei suoi viaggi giovanili.
È assodato che moltissimi suoi amici furono massoni e dall'elenco, posseduto dal centro alfieriano di Asti, che menziona i personaggi ai quali il Poeta inviò la prima edizione delle sue tragedie ([[1783]]), compaiono i fratelli von Kaunitz, di [[Torino]], Giovanni Pindemonte e Gerolamo Zulian a [[Venezia]], Annibale Beccaria (fratello di [[Cesare Beccaria|Cesare]]), Luigi Visconte Arese e
L'Alfieri compare alcuni anni dopo, al numero 63 dell'elenco nel ''Tableu des Membres de la Respectable Loge de la Victoire à l'Orient de Naples'' in data [[27 agosto]] [[1782]], con il nome di ''"Comte Alfieri, Gentilhomme de Turin"''. La sua affiliazione alla loggia di [[Napoli]] fu sicuramente favorita dai frequenti soggiorni in quella città e soprattutto dall'importanza che Napoli accrebbe nei confronti della massoneria, dal momento che i Savoia,di lì a poco chiusero ogni attività massonica in Piemonte ([[1783]]), costringendo il conte [[Asinari]] di [[Bernezzo]], capo della massoneria italiana di rito scozzese, a cedere la carica proprio al principe Diego Naselli di Napoli.
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Quando visse a [[Roma]] nascevano i primi fermenti del movimento archeologico che precedette il [[Neoclassicismo]], non fece nessuna menzione degli artisti che ne presero parte, ed anche il salotto della contessa d'Albany, a Parigi frequentato dagli artisti più noti dell'epoca (tra cui [[Jacques-Louis David]]) non era per lui di alcun interesse, e del [[Louvre]] gli interessò ''«solo la facciata»''.<ref name="R. Marchetti Alfieri e l 1976"/>
Questo spiega
L'Alfieri e la contessa d'Albany, nell'agosto [[1792]], dovettero abbandonare precipitosamente [[Parigi]] per l'insurrezione repubblicana. Dall'inventario degli oggetti d'arte della casa di Parigi (Maison de Thélusson, rue de Provence n°18), stilato dal governo rivoluzionario dopo la confisca degli immobili e contenuto negli Archives nationales di Parigi si è potuto risalire ai quadri presenti negli appartamenti.
Anche in questo caso l'elenco è deludente: si tratta più che altro di riproduzioni incise per lo più dei [[Carracci]], della [[Cappella Sistina]], della [[Scuola di Atene]], della [[Palazzo Farnese (Roma)|galleria di Palazzo Farnese]], con qualche incisione riproducente opere di [[Elisabeth Vigée-Le Brun]], di [[Angelika Kauffman]], di [[Anton Raphael Mengs]].
=== Alfieri nei francobolli italiani ===
[[File:Alfieri francobollo 1932.jpg|thumb|180px|Emissione per le colonie del 1932]]
[[File:Francobollo Alfieri 2003.jpg|thumb|180px|Emissione del 2003]]
Tre francobolli commemorativi sono stati emessi dalle poste italiane per ricordare la figura del trageda astigiano.
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== Bibliografia ==
* Autori vari, ''Enciclopedia Biografica Universale'', Torino, Biblioteca
* Autori vari, ''I classici del pensiero italiano'', Biblioteca Treccani edizione [[2006]].
* C. A. Avenati, ''La rivoluzione da Vittorio Alfieri a Benito Mussolini'', Torino, Biblioteca della Società Storica Subalpina, [[1934]].
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