Apis mellifera: differenze tra le versioni
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Dalle osservazioni si è potuto concludere che le larve destinate a diventare regine sembrano attivare un insieme distinto di geni legati alla casta, inclusi quelli responsabili del metabolismo e della respirazione. Nel caso delle api operaie, viceversa, continuano a esprimersi i geni tipici della fase giovanile di larva. La differenza nell’espressione dei geni porterebbe alle differenze morfo-anatomiche e funzionali.(da Evans).
I geni regolerebbero molto da vicino il comportamento delle api, al punto che l'occupazione e il ruolo di una singola ape può essere prevista conoscendo il profilo dell'espressione genica nel suo cervello. Un complesso studio molecolare su 6878 differenti geni, replicati con 72 microarray di cDNA, che hanno catturato l'essenza dell'attività genica del cervello delle api ha rivelato che, anche se la maggior parte delle differenze nell'espressione genica era molto piccola, erano osservabili cambiamenti significativi nel 40 per cento dei geni studiati. Le microarray hanno consentito di studiare l'attività dei geni generando misure simultanee dell'RNA-messaggero, che riflette i livelli dell'attività delle proteine. Il mRNA si lega a siti specifici sulle array, consentendo la misura dell'espressione di migliaia di geni. Quindi vi è una chiara impronta molecolare nel cervello delle api associata in modo consistente con il comportamento specifico dell'individuo, e questo fatto dà una immagine del genoma come entità dinamica, coinvolta nella modulazione del comportamento nel cervello adulto (da Robinson).
==Regolazione del microclima nell’alveare==
Quando un alveare, in estate, comincia a surriscaldarsi, numerose api si mettono insieme per rinfrescarlo e per mantenerne la temperatura interna a circa 33ºC, adatta all’allevamento della covata, e necessaria per fare evaporare l’acqua in eccesso dal miele contenuto nelle celle aperte (il miele contiene circa il 17% di acqua). Dapprima le api agitano vigorosamente le loro ali, ventilando l’alveare; ma quando il tempo è secco, e via via che la temperatura esterna si innalza, trasportano acqua all’interno dell’alveare; l’evaporazione umidifica e rinfresca la colonia.
Le api eseguono questa operazione allo stesso modo di come riversano acqua nel miele, cioè facendola scendere goccia a goccia dalla loro bocca. Questo sistema di refrigerazione per mezzo dell’acqua spesso produce una notevole stabilizzazione della temperatura: un alveare il pieno sole ha una temperatura interna di 35ºC anche quando quella esterna raggiunge i 71ºC. Le bottinatrici raccolgono l’acqua e le giovani api funzionano da spruzzatori, distribuendo le gocce portate della vecchie raccoglitrici. Nei brevi momenti in cui ritornano all’alveare per depositare le gocce, le raccoglitrici vengono anche informate se occorre continuare il trasporto d’acqua. Per tutto il tempo durante il quale continua il surriscaldamento, le giovani spruzzatrici si danno da fare e prendono l’acqua con molta enfasi. Questo fatto indica alle raccoglitrici che è necessaria altra acqua, e queste compiono un altro viaggio di approvvigionamento. Se invece l’alveare è stato sufficientemente rinfrescato, quando le raccoglitrici ritornano le api spruzzatici non mostrano più enfasi, e le raccoglitrici non escono più per un altro carico. Durante l’inverno, quando il miele immagazzinato viene usato come alimento (occorrono circa 30 Kg di miele per permettere ad una colonia di superare l’inverno), le api si ammassano assieme formando un aggruppamento a forma di palla, detto glomere, metà da un lato e metà dall’altro di una serie di favi, e producono calore mediante movimenti attivi del corpo e delle ali. I glomeri si formano ad una temperatura di 14ºC, o inferiore, e riescono ad innalzare la temperatura dell’alveare fino a 24-30ºC, anche quando la temperatura esterna è inferiore a 0ºC. Le api al centro, essendo isolate dagli strati di altre api aggruppate intorno a loro, stanno assai calde, poiché la temperatura nell’interno del glomere può essere mantenuta anche a 38ºC. Le api cambiano continuamente di posizione, cosicché ciascun individuo si sposta gradualmente dalla zona esterna fredda del glomere a quella interna calda, e poi retrocede. Questa formazione dura per tutta la stagione fredda, spostan- -dosi gradatamente sulle superfici dei favi, e nutrendosi del cibo immagazzinato. Temperature molto basse possono tuttavia immobilizzare le api, e farle morire di fame, anche se hanno a disposizione il cibo necessario.
In un ambiente freddo, una singola ape è assolutamente incapace di conservare alta la temperatura del proprio corpo. Gli insetti sono animali pecilotermi e la temperatura interna è in accordo con quella esterna, diversamente da uccelli e mammiferi che sono omeotermi, cioè in grado di autoregolare la propria temperatura interna mediante meccanismi fisiologici.
Uno dei grandi vantaggi evolutivi che favorì mammiferi ed uccelli e permise loro di prevalere sui rettili, fu la comparsa della omeotermia; questa caratteristica permette all’animale di mantenere costante la temperatura interna del corpo mediante meccanismi fisiologici complessi e mediante strutture, come i peli e le penne, ad esempio, che rallentano la perdita di calore corporeo.
Ciò consente non soltanto di affrontare climi rigidi in piena attività, ma costituisce un formidabile vantaggio competitivo poiché i muscoli sono sempre a temperatura di lavoro mentre gli animali pecilotermi sono intorpiditi o paralizzati dal freddo. Una tecnica dei fotografi naturalisti consiste nel provvedersi di un frigorifero portatile, di modo che, una volta
catturato un insetto, lo si lascia nell’ambiente freddo per alcuni minuti. L’insetto, una volta estratto dal frigorifero, si muoverà in maniera
estremamente lenta e darà modo di poterlo fotografare con calma. Tutto ciò dipende dal fatto che i muscoli hanno la loro massima efficienza entro un ambito di temperature definito, al di sotto delle quali si contraggono con estrema difficoltà e sforzo. Se le calotte polari sono dominio di mammiferi
ed uccelli, ciò è dovuto proprio alla loro omeotermia. La lunghissima storia evolutiva degli insetti ha permesso ad alcuni di essi di affrontare con successo anche la sfida dei climi rigidi; ciò è dovuto ai soluti presenti nella loro emolinfa che abbassano il punto di congelamento dei liquidi cellulari ed organici, ma, in generale, gli insetti prosperano nei climi tropicali e temperati proprio perché in questi climi è minore il costo energetico per mantenere l’organismo in piena efficienza.
Nei climi temperati la maggior parte degli insetti adulti non sopravvive all’inverno e le specie lo trascorrono o sotto forma di uova o di larva, oppure anche, come accade per i bombi, in uno stato di letargo.
Si vede qui tutta l’importanza dell’evoluzione sociale delle api, le quali, nei giorni invernali con temperature più miti e sin dal cominciare della primavera possono sfruttare risorse precluse ad altre specie, in quanto dispongono sempre di individui adulti. Inoltre la popolazione dell’alveare
non deve essere ricostituita daccapo ogni anno, ed anche il lavoro delle generazioni precedenti per la costruzione del nido viene ereditato dalle generazioni successive.
=Filogenesi =
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