Apis mellifera: differenze tra le versioni

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In un ambiente freddo, una singola ape è assolutamente incapace di conservare alta la temperatura del proprio corpo. Gli insetti sono animali pecilotermi e la temperatura interna è in accordo con quella esterna, diversamente da uccelli e mammiferi che sono omeotermi, cioè in grado di autoregolare la propria temperatura interna mediante meccanismi fisiologici. Si vede qui tutta l’importanza dell’evoluzione sociale delle api, le quali, nei giorni invernali con temperature più miti e sin dal cominciare della primavera possono sfruttare risorse precluse ad altre specie, in quanto dispongono sempre di individui adulti. Inoltre la popolazione dell’alveare
non deve essere ricostituita daccapo ogni anno, ed anche il lavoro delle generazioni precedenti per la costruzione del nido viene ereditato dalle generazioni successive.
==Dispersione antropocora== (=dovuta all’uomo)
Apis mellifica è originaria dell’Egitto e delle regioni situate poco più ad est. Nel Pleistocene (circa 2 mya) si è suddivisa in 24 sottospecie che oggi formano tre gruppi ben riconoscibili: uno del Mediterraneo occidentale (Italia compresa), uno del Mediterraneo orientale ed uno dell’Africa tropicale.
Dal 1600 al 1900 vari ceppi di api mediterranee sono stati introdotti sia in Nord-America, con successo, sia in Sud-America, ma con scarso successo.
Nel 1956 furono portate in Brasile 47 regine della sottospecie africana Apis mellifica scutellata, allo scopo di creare ibridi locali dotati di caratteristiche migliori. Ma gli ibridi ottenuti si dimostrarono piuttosto aggressivi e troppo inclini ad abbandonare il nido in seguito al disturbo arrecato dalle normali operazioni di apicoltura. Casualmente sfuggito in natura il nuovo ceppo invase gran parte del Sud-America, poi il Centro-America fino a giungere negli USA, entrando rovinosamente in contatto con i ceppi mediterranei.
Oggi i biologi che lottano contro questa ed altre forme indesiderate, procedono al riconoscimento delle diverse sottospecie facendo uso della RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism), tecnica che mette in evidenza i polimorfismi a livello di DNA mediante taglio con enzimi di restrizione.
 
 
 
=Filogenesi =