Matteo Bonello: differenze tra le versioni

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[[ImmagineFile:Castello_di_Caccamo.jpg||thumb|right|330px|<center>Castello di Caccamo</center>]]
 
== La rivolta di Bonello ==
La tradizione narra che Bonello, signore di [[Caccamo]], fedele inizialmente alla corte normanna di [[Palermo]], fu inviato in [[Calabria]] come ambasciatore del re [[Guglielmo I di Sicilia|Guglielmo I]], per cercare una soluzione diplomatica alle controversie con la nobiltà locale. Durante la missione avrebbe cambiato orientamento e, voltando le spalle agli [[Altavilla]], si sarebbe messo a capo di una rivolta cui prese parte la nobiltà calabrese e quella [[Puglia|pugliese]].
 
[[ImmagineFile:Castello_di_Caccamo_sala_della_congiura.jpg||thumb|left|180px|<center>«Sala della Congiura», Castello di Caccamo</center>]]
 
Di sicuro Bonello aveva particolarmente in odio l'ammiraglio (''Amirus Amirati'' ) del regno [[Maione di Bari]], i vicari del re e gli [[emiri]] di origine [[Arabi|araba]]. Comunque poté godere in [[Sicilia]] dell'appoggio anche di diversi nobili alla corte, ma soprattutto della benevolenza popolare, perché la corte era oramai considerata ostile ed era diventata invisa a larghe fasce della popolazione.
 
Il [[10 novembre]] del [[1160]] a [[Palermo]] in un'imboscata notturna di suoi uomini, fu assassinato [[Maione di Bari]] fra il giubilo dei popolani che non ebbero alcun ritegno nel profanare il cadavere, prendendolo a calci e sputi, strappandogli capelli e barba e trascinandolo lungo le strade. Una tradizione popolare vuole che Maione fosse stato ucciso lungo la Via Coperta, davanti al palazzo arcivescovile, dove ancora oggi sul portone d'ingresso si troverebbe infissa l'elsa della spada del Bonello.
 
Il re Guglielmo fu costretto, per placare la rivolta a dichiarare che non avrebbe arrestato Bonello, affidando il governo al normanno [[Enrico Aristippo]], arcidiacono di Catania, scienziato di fama, traduttore e autore di importanti opere.
 
La resa dei conti era però solamente rimandata, poiché, uccidendo l'ammiraglio Maione, il Bonello si era inimicato una parte influente della corte normanna. Ritiratosi sollecitamente nel suo castello di [[Caccamo]], Bonello, e riuniti nel [[marzo]] del [[1161]] alcuni potenti signori feudali del regno, organizzò in gran segreto una congiura contro lo stesso Guglielmo. La sala del castello da allora è tradizionalmente detta della «Congiura». Re Guglielmo fu catturato il [[9 marzo]] [[1161]], mentre dava udienza con Aristippo nel salone della [[Palazzo dei Normanni|Torre Pisana]], fu imprigionato e dichiarato decaduto, mentre veniva proclamato re al suo posto il figlio Ruggero, peraltro ancora di 9 anni.
 
La rivolta tuttavia si trasformò in una barbara sommossa incontrollata. Vennero trucidati diversi membri della corte e fu avviata una caccia ai [[musulmano|musulmani]] che, considerati usurpatori, vennero massacrati a decine. I palazzi reali vennero saccheggiati e dati alle fiamme con la distruzione di un insostituibile patrimonio librario (fu persa l'edizione in [[Lingua latina|latino]] del ''Kitāb Rujār'') e artistico (fra tutti si ricorderanno il [[planisfero]] d'argento e la sfera armillare realizzati dal grande geografo [[Arabi|arabo]] [[Idrisi]] per conto di [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]], quasi certamente fatti a pezzi e fusi), oltre alle preziosissime porcellane. Furono inoltre bruciati gli atti conservati negli archivi e i registri del catasto, probabilmente per precisi interessi personali di chi aveva usurpato beni immobili e fondi. L'[[harem]] fu violato e le donne violentate, mentre si trucidavano gli [[Eunuco|eunuchi]] che assolvevano a corte gli incarichi amministrativi più importanti. I [[musulmani]] (che operavano nel campo dei commerci e cui era vietato in modo assoluto possedere armi) restarono in balia della plebaglia, riuscendo in buona parte a salvarsi solo grazie alle viuzze assai strette dei quartieri da loro abitati. La particolare ferocia della rivolta baronale - che colpì tra l'altro il noto poeta Yahya ibn al-Tifashi<ref>John Julius Norwich, ''Il regno nel sole. I Normanni nel Sud, 1130-1194'', Milano, Mursia, 1972-79, p. 256.</ref> - indusse al-Idrisi ad abbandonare per sempre la Sicilia alla volta del [[Nordafrica]], dove morì sei anni più tardi.
 
La congiura prevedeva la conquista di Palermo, ma Bonello, per motivi non chiari, non mosse le proprie truppe. Questo gli costò la perdita del controllo dell'insurrezione e gli uomini leali al Re (tra cui gli [[arcivescovo|arcivescovi]] [[Romualdo Guarna|Romualdo di Salerno]] e Roberto di Messina e i [[Vescovo|vescovi]] Tristano di Mazara e [[Riccardo Palmer]], designato quest'ultimo alla diocesi di Siracusa), riuscirono l'[[11 marzo]] a far liberare Guglielmo I dalla volubile folla palermitana che abbandonò i congiurati, subdolamente accusati di precisi interessi personali nella congiura realizzata. Una tragedia però colpì il Re mentre recuperava la sua libertà e la corona. Nelle fasi finali dell'assalto al palazzo una freccia all'occhio feriva a morte il piccolo Ruggero che, di lì a poco, sarebbe morto tra le braccia del disperato padre.<ref>[[Ugo Falcando]] addebita incredibilmente al padre la responsabilità della morte del figlioletto. Pur ammettendo la mortale ferita ricevuta da Ruggero, il cronista siciliano dà sfogo alla sua faziosa ostilità nei confronti del Re, accusandolo di aver ucciso il figlio a calci, per punirlo del fatto di essere stato insediato sul trono in sua vece dai congiurati nelle fase iniziali della congiura e di avere sfilato su un cavallo malgrado l'evidenza del fatto che il bimbo non potesse avere ambizione alcuna e, probabilmente, neppure piena consapevolezza di quanto stava succedendo intorno a lui.</ref>
 
Apparentemente perdonato dal re (il grosso delle cui truppe era a Messina), Bonello fu invece fatto arrestare pochi giorni dopo nella reggia in cui era stato convocato da re Guglielmo, imbaldanzito dal fatto che l'esercito regio era ormai sbarcato a Palermo. Bonello fu immediatamente tradotto nella ''{{unicode|Ḥ|}}alqa'' (in [[Lingua araba|arabo]] "anello"), una robusta fortezza adiacente al palazzo reale, e lì gettato nei sotterranei dove, accecato e reso storpio per il taglio dei tendini, morì pochi giorni dopo.