Matteo Bonello: differenze tra le versioni
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== La rivolta di Bonello ==
La tradizione narra che Bonello, signore di [[Caccamo]], fedele inizialmente alla corte normanna di [[Palermo]], fu inviato in [[Calabria]] come ambasciatore del re [[Guglielmo I di Sicilia|Guglielmo I]], per cercare una soluzione diplomatica alle controversie con la nobiltà locale. Durante la missione avrebbe cambiato orientamento e, voltando le spalle agli [[Altavilla]], si sarebbe messo a capo di una rivolta cui prese parte la nobiltà calabrese e quella [[Puglia|pugliese]].
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Di sicuro Bonello aveva particolarmente in odio l'ammiraglio (''Amirus Amirati'' ) del regno [[Maione di Bari]], i vicari del re e gli [[emiri]] di origine [[Arabi|araba]]. Comunque poté godere in [[Sicilia]] dell'appoggio anche di diversi nobili alla corte, ma soprattutto della benevolenza popolare, perché la corte era oramai considerata ostile ed era diventata invisa a larghe fasce della popolazione.
Il
Il re Guglielmo fu costretto, per placare la rivolta a dichiarare che non avrebbe arrestato Bonello, affidando il governo al normanno [[Enrico Aristippo]], arcidiacono di Catania, scienziato di fama, traduttore e autore di importanti opere.
La resa dei conti era però solamente rimandata, poiché, uccidendo l'ammiraglio Maione, il Bonello si era inimicato una parte influente della corte normanna. Ritiratosi sollecitamente nel suo castello di [[Caccamo]], Bonello, e riuniti nel [[marzo]] del [[1161]] alcuni potenti signori feudali del regno, organizzò in gran segreto una congiura contro lo stesso Guglielmo. La sala del castello da allora è tradizionalmente detta della «Congiura». Re Guglielmo fu catturato il
La rivolta tuttavia si trasformò in una barbara sommossa incontrollata. Vennero trucidati diversi membri della corte e fu avviata una caccia ai [[musulmano|musulmani]] che, considerati usurpatori, vennero massacrati a decine. I palazzi reali vennero saccheggiati e dati alle fiamme con la distruzione di un insostituibile patrimonio librario (fu persa l'edizione in [[Lingua latina|latino]] del ''Kitāb Rujār'') e artistico (fra tutti si ricorderanno il [[planisfero]] d'argento e la sfera armillare realizzati dal grande geografo [[Arabi|arabo]] [[Idrisi]] per conto di [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]], quasi certamente fatti a pezzi e fusi), oltre alle preziosissime porcellane. Furono inoltre bruciati gli atti conservati negli archivi e i registri del catasto, probabilmente per precisi interessi personali di chi aveva usurpato beni immobili e fondi. L'[[harem]] fu violato e le donne violentate, mentre si trucidavano gli [[Eunuco|eunuchi]] che assolvevano a corte gli incarichi amministrativi più importanti. I [[musulmani]] (che operavano nel campo dei commerci e cui era vietato in modo assoluto possedere armi) restarono in balia della plebaglia, riuscendo in buona parte a salvarsi solo grazie alle viuzze assai strette dei quartieri da loro abitati. La particolare ferocia della rivolta baronale - che colpì tra l'altro il noto poeta Yahya ibn al-Tifashi<ref>John Julius Norwich, ''Il regno nel sole. I Normanni nel Sud, 1130-1194'', Milano, Mursia, 1972-79, p. 256.</ref> - indusse al-Idrisi ad abbandonare per sempre la Sicilia alla volta del [[Nordafrica]], dove morì sei anni più tardi.
La congiura prevedeva la conquista di Palermo, ma Bonello, per motivi non chiari, non mosse le proprie truppe. Questo gli costò la perdita del controllo dell'insurrezione e gli uomini leali al Re (tra cui gli [[arcivescovo|arcivescovi]] [[Romualdo Guarna|Romualdo di Salerno]] e Roberto di Messina e i [[Vescovo|vescovi]] Tristano di Mazara e [[Riccardo Palmer]], designato quest'ultimo alla diocesi di Siracusa), riuscirono l'
Apparentemente perdonato dal re (il grosso delle cui truppe era a Messina), Bonello fu invece fatto arrestare pochi giorni dopo nella reggia in cui era stato convocato da re Guglielmo, imbaldanzito dal fatto che l'esercito regio era ormai sbarcato a Palermo. Bonello fu immediatamente tradotto nella ''{{unicode|Ḥ|}}alqa'' (in [[Lingua araba|arabo]] "anello"), una robusta fortezza adiacente al palazzo reale, e lì gettato nei sotterranei dove, accecato e reso storpio per il taglio dei tendini, morì pochi giorni dopo.
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