Teramene: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Addbot (discussione | contributi)
m migrazione di 13 interwiki links su Wikidata - d:q139083
voce riscritta completamente
Riga 1:
{{S|politici greci antichi}}
{{Bio
|Nome = Teramene
|Cognome =
|Postcognome = ({{lang-grc|Θηραμένης|Theramenes}})
|Sesso = M
|LuogoNascita =
|GiornoMeseNascita = Cos
|AnnoNascita = 455 a.C.
|LuogoMorte = Atene
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 404 a.C.
|Attività = politico
|Attività2 = oratore
|Attività3 = militare
|Nazionalità = ateniese
|PostNazionalità =
Riga 16 ⟶ 18:
}}
 
[[Immagine:Pnyx.jpg|thumb|300px|In primo piano, la piattaforma degli oratori sulla [[Pnice]], dalla quale Teramene e gli altri politici ateniesi parlavano all'[[Ecclesia (assemblea)|Ecclesia]] (con l'[[Acropoli]] sullo sfondo)]]
Divenuto uno dei capi della rivincita democratica dopo l'esperimento oligarchico del [[411 a.C.]], partecipò, nel [[406 a.C.]], al processo contro gli strateghi accusati di non aver raccolto i naufraghi dopo la vittoria ateniese nella battaglia navale delle [[Battaglia delle Arginuse|Arginuse]], avvenuta nello stesso anno.
Nato nell'isola di [[Cos]] da [[Agnone (Anfipoli)|Agnone]]<ref>Plutarco, ''Vita di Nicia'', 2.</ref> ma cittadino [[Atene|ateniese]], Teramene ({{lang-grc|Θηραμένης|Theramenes}}, da θήρα, "caccia" e μένος, "forza") fu uno dei fautori del [[colpo di stato]] oligarchico[[Atene|ateniese]] del [[411 a.C.]], che portò al governo la [[Boulé dei Quattrocento]]<ref name=Tucidide8-67>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,67.</ref>. Successivamente, si oppose a tale forma di governo, favorendo la restaurazione democratica dell'assemblea dei Cinquemila<ref name=Tucidide8-97-98>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,97-98.</ref>.
 
Dopo aver ricoperto la carica di [[stratego]], fu [[trierarchia|trierarca]] durante la[[battaglia delle Arginuse]] del [[406 a.C.]], combattuta tra Atene e Sparta nelle fasi finali della [[guerra del Peloponneso]]. Nel conseguente [[Processo delle Arginuse|processo]], fu accusato assieme agli altri ufficiali di aver abbandonato i naufraghi al loro destino<ref name=Diodoro-13-98-100>Diodoro, ''Bibliotheca historica'', XIII,98-100.</ref>. Teramene fu assolto a scapito degli strateghi suoi superiori, che furono invece condannati a morte<ref name=Senofonte7-1-34>Senofonte, ''Elleniche'', 1, 7,1-34.</ref>.
Egli, che aveva anche preso parte alla battaglia, richiese la condanna a morte; gli strateghi non ebbero la possibilità di difendersi secondo legge, e nel poco tempo che fu loro concesso sostennero, tra l'altro, di aver comandato proprio a Teramene (e a Trasibulo, restauratore democratico dopo il regime dei Trenta Tiranni) di soccorrere i naufraghi, mentre loro navigavano contro i nemici. L'unico ad opporsi alla condanna fu il filosofo [[Socrate]], allora membro del [[Consiglio dei Cinquecento]]. Socrate rimase inascoltato e i sei strateghi furono tutti uccisi. Due anni dopo, la flotta ateniese subì la cocente sconfitta degli [[Egospotami]], perdendo definitivamente la guerra.
[[File:Ac.agora3.jpg|thumb|200px|l'agorà, probabile luogo dell'arresto di Teramene]]
 
Dopo la sconfitta ateniese nella [[battaglia di Egospotami]] ([[405 a.C.]]), fu inviato a[[Sparta]] come ambasciatore per trattare la resa di Atene<ref name=Diodoro-14-3>Diodoro,''Bibliotheca historica'', XIV,3.</ref>, alla quale seguì la demolizione delle [[Lunghe Mura]]e la costituzione del regime oligarchico dei [[Trenta tiranni]], del quale fece parte.
Teramene, nel [[404 a.C.]], alleatosi segretamente con lo spartano [[Lisandro]], finse di negoziare la pace nell'interesse ateniese, e fu nominato ambasciatore a pieni poteri. La pace con [[Sparta]] comportò il pagamento di pesanti tributi, ma la maggior parte della popolazione, stremata dalla guerra, la accettò; le mura che collegavano Atene al porto del [[Pireo]] furono distrutte "al suono dei flauti" ([[Senofonte]]) sotto la direzione di Lisandro, la flotta fu consegnata agli spartani, la [[Lega di Delo]] fu sciolta.
 
Venuto in contrasto con [[Crizia]], il capo dei Trenta, per il suo governo repressivo e sanguinario, fu da questi costretto al suicidio ([[404 a.C.]])<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,56.</ref>.
Con evidente trasformismo, Teramene fu uno dei [[trenta tiranni]] imposti ad Atene dagli Spartani, ma venne condannato a morte da [[Crizia]], il capo dei trenta, per aver partecipato ad un tentativo di rivoluzione oligarchca nel [[404 a.C.]] Le leggi di Atene impedivano la condanna a morte della ristretta cerchia dei cittadini. Crizia, pertanto lo cancellò dall'elenco dei cittadini con il pretesto che questo avveniva con il consenso di tutti, e poi lo fece condannare a morte.
 
[[Senofonte]]<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,31.</ref> ci tramanda che fu soprannominato dai contemporanei "Coturno" per il suo trasformismo politico nel passare con disinvoltura dalla fazione oligarchica a quella democratica e viceversa: il [[coturno]], infatti, era un calzare utilizzato dagli attori di teatro che poteva essere indifferentemente indossato sia al piede destro che a quello sinistro.
Bevve la [[cicuta]] nel 404 e parodiando il gioco del [[cottabo]], lanciò le ultime gocce di cicuta eslamando: ''Alla salute del bel Crizia''.<ref> « Κριτίᾳ τοῦτ' ἔστω τῷ καλῷ. » Senofonte Elleniche (II, 3, 56).</ref>
 
[[Plutarco]]<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 39.</ref> ci testimonia invece come [[Caio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] espresse nei suoi scritti la sua stima verso Teramene, paragonandolo a [[Pericle]] e a [[Cicerone]], mentre secondo [[Aristotele]]<ref>Aristotele, ''Costituzione degli Ateniesi'', 28,5.</ref>, Teramene fu, assieme a [[Nicia]] e a[[Tucidide]] uno dei tre soli ateniesi di nobili origini che abbiano nutrito affetto e benevolenza verso il popolo.
 
==Origini==
Le fonti antiche non ci hanno riportato molto sulle origini di Teramene. [[Plutarco]]<ref>Plutarco, ''Vita di Nicia'', 2.</ref> ci tramanda che nacque a [[Cos]] ma che era cittadino [[Atene|ateniese]] perché figlio di [[Agnone (Anfipoli)|Agnone]], il capo del gruppo di coloni che nel [[437 a.C.|437]]-[[436 a.C.]] fondarono [[Anfipoli]]<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 4,106.</ref>. Sappiamo da [[Tucidide]]<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 1,117.</ref><ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 2,58.</ref><ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 2,95.</ref>che Agnone militò nell'esercito ateniese come generale diverse volte e che fu tra i firmatari della [[pace di Nicia]]<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 5,19.</ref>.
 
Secondo quanto ci riporta [[Lisia]]<ref>Lisia, ''Contro Eratostene'', 65.</ref>, la carriera politica di Agnone si incrociò con quella del figlio quando nel [[411 a.C.]], assieme ad altri nove commissari, fu incaricato dal governo oligarchico dei [[Boulé dei Quattrocento|Quattrocento]], del quale Teramene faceva parte, di redigere la nuova costituzione ateniese.
 
==Il colpo di stato oligarchico del 411 a.C.==
{{vedi anche|Boulé dei Quattrocento}}
[[Immagine:Bust Alcibiades Musei Capitolini MC1160.jpg|thumb|right|[[Alcibiade]] fu l'ispiratore del colpo di stato del 411 a.C.]]
 
Teramene iniziò la carriera politica nel [[411 a.C.]] quando fu tra i fautori del [[colpo di stato]] che portò alla temporanea soppressione della democrazia ateniese a scapito di un governo oligarchico, la cosiddetta [[Boulé dei Quattrocento]].
 
I motivi di questo cambiamento politico ad Atene sono da ricercarsi da una parte nell'esilio di [[Alcibiade]] ([[415 a.C.]]), dall'altra nella clamorosa disfatta nella [[spedizione in Sicilia]] ([[413 a.C.]]), che portò alla perdita quasi completa della flotta e dell'esercito ateniese.
 
Alcibiade, infatti, secondo quanto ci riporta Tucidide<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,47-48.</ref>, persuase alcuni [[trierarchia|triearchi]] della flotta ateniese di stanza a [[Samo (isola)|Samo]] ed alcuni politici, tra i quali [[Pisandro (ateniese)|Pisandro]] e Teramene, a convincere l'assemblea dei cittadini a rinunciare al governo democratico, con la promessa che sarebbe riuscito a spingere il [[satrapo]][[Tissaferne]], al cui seguito si trovava, a garantire l'appoggio [[dinastia achemenide|persiano]] ad Atene nella [[guerra del Peloponneso|guerra]] contro [[Sparta]]. Tissaferne, infatti, non avrebbe mai accettato, secondo Alcibiade, di allearsi con Atene se la città non avesse rinunciato al regime democratico.
 
[[Pisandro (ateniese)|Pisandro]] convinse quindi l'[[Ecclesia (storia greca)|Ecclesia]] ad accettare la proposta, e fu inviato un emissario ad Alcibiade, per comunicargli che gli venivano attribuiti, nonostante si trovasse in esilio per una condanna a morte, pieni poteri per le trattative con Tissaferne<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,53-54.</ref>.
 
Alcibiade, tuttavia, non riuscì a persuadere il satrapo, ma Pisandro e i suoi compagni, tra i quali Teramene<ref name=Tucidide8-68>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,68.</ref>, ormai determinati al cambiamento istituzionale, si recarano a Samo<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,56.</ref>, dove si assicurarono l'appoggio della flotta e incoraggiarono alcuni cittadini dell'isola a rovesciare il governo locale e ad instaurarvi un regime oligarchico<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,63.</ref>.
 
Nel frattempo, ad Atene, alcuni giovani aristocratici, cavalcando il malcontento generale per la sconfitta in Sicilia, presero il potere attraverso l'intimidazione e la forza, uccidendo chi si opponeva al colpo di stato<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,65-66.</ref>, e preparando il ritorno da Samo di Pisandro e degli altri politici, tra i quali Teramene, che avevano appoggiato la rivolta<ref name=Tucidide8-68/>.
 
Costoro convocarono l'assemblea ed annunciarono una serie di misure, tra le quali la formale abolizione della democrazia, che sarebbe stata sostituita dalla [[Boulé dei Quattrocento]]<ref name=Tucidide8-67/>, composta da quattrocento ateniesi scelti da una lista più ampia di cinquemila cittadini. Successivamente, abrogarono le leggi in vigore e promulgarono una nuova costituzione di stampo oligarchico<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,69-70.</ref>.
 
==La restaurazione democratica dell'Assemblea dei Cinquemila==
[[Immagine:Eetioneia Gate (Piraeus)2.JPG|thumb|right|L'[[Eezioneia]], il molo del [[Pireo]]dove i Quattrocento eressero la fortificazione che Teramene fece abbattere.]]
Il governo oligarchico non durò però a lungo. Innanzitutto, il colpo di stato a Samo fallì<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,73.</ref>, e l'esercito di stanza nell'isola, una volta giunte le notizie, forse esagerate, delle intimidazioni e degli eccidi che venivano perpetrati ad Atene, giurò fedeltà alla democrazia<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,74-76.</ref>.
 
Nel frattempo, ad Atene, il governo si divise tra i radicali, tra i quali [[Frinico (oligarca)|Frinico]], [[Antifonte di Ramnunte]] e Pisandro, che spingevano per la pace con Sparta ad ogni costo, e i moderati, tra i quali Teramene ed [[Antifonte (oligarca)|Antifonte]], che intendevano invece allargare il potere ad un'assemblea di cinquemila cittadini<ref>Aristotele, ''Costituzione degli Ateniesi'', 29.</ref>, anche se quest'ultima ipotesi fu considerata da Tucidide pura propaganda<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,89.</ref>.
 
La fazione radicale della Boulé dei Quattocento iniziò a costruire una fortificazione sulla[[Eezioneia]], il molo posto all'ingresso del [[Pireo]], in modo che potesse affrontare un attacco sia dal mare che da terra. Gli oligarchi ammassarono inoltre all'interno della fortificazione grandi derrate di grano<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,90.</ref>.
 
Teramene protestò veementemente contro la costruzione di questa fortificazione, adducendo che era stata preparata per essere consegnata agli Spartani e ai loro alleati quando avessero attaccato il porto<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,90-91.</ref>.
 
La situazione precipitò quando una flotta [[Peloponneso|peloponnesiaca]] si stava avvicinando al Pireo<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,91.</ref>, e Frinico, uno dei capi della fazione radicale dei Quattrocento, fu assassinato senza che si riuscisse ad identificare i mandanti dell'omicidio.
 
A quel punto, Aristocrate, il comandante di un reggimento di opliti al Pireo, arrestò Alessicle, un generale fedele alla fazione radicale. Teramene, a sorpresa, si offrì volontario per guidare un gruppo di militari al Pireo per liberare il generale, e i Quattrocento acconsentirono ad affidargli questo compito. Teramene, giunto al porto, ordinò ai soldati che guidava di liberare Alessicle ma, quando gli opliti gli chiesero se la costruzione della fortificazione di Eezioneia fosse una una buona idea, rispose che abbatterla sarebbe stata una buona idea, e quindi esortò i militari a farlo<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,92.</ref>.
 
Qualche giorno dopo, la flotta peloponnesiaca arrivò davanti al Pireo ma, trovando la fortificazione dell'Eezioneia distrutta e il porto ben difeso, ripiegò in [[Eubea]]<ref>Tucidide, ''La Guerra del Peloponneso'', 8,94.</ref> ([[410 a.C.]]).
 
Nei giorni successivi, la Boulé dei Quattrocento fu formalmente deposta e fu istituito un nuovo governo sostenuto dai moderati e guidato da un'assemblea di cinquemila cittadini<ref name=Tucidide8-97-98/>.
 
==Teramene stratego==
{{vedi anche|Battaglia di Cizico (410 a.C.)}}
[[Image:Battle of Cyzicus.svg|thumb|right|La strategia di Alcibiade nella [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|Battaglia navale di Cizico]]: attirata la flotta spartana in mare aperto, la chiuse fra tre fuochi con l'intervento delle flotte di Trasibulo e di Teramene.]]
Col governo dei Cinquemila, Teramene fu nominato [[stratego]]<ref>Senofonte, Elleniche, I, 7,5.</ref> e fu diverse volte al comando di una flotta ateniese di stanza nel [[Mare Egeo]] e nell'[[Ellesponto]].
 
Dopo la vittoria ateniese nella [[Battagia di Abido]] ([[410 a.C.]]), Teramene, al comando della sua flotta, attaccò i ribelli dell'[[Eubea]], soppresse alcune oligarchie che si erano formate nelle isole dell'Egeo e raccolse fondi per la madrepatria<ref>Diodoro, ''Bibliotheca historica'', XIII,47.</ref>.
 
Si diresse poi verso le coste della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]], dove aiutò[[Archelao I di Macedonia|Archelao I]] nell'assedio di [[Pidna]] e raggiunse infine in[[Tracia]] la flotta del collega [[Trasibulo di Atene|Trasibulo]]<ref>Diodoro, ''Bibliotheca historica'', XIII,49.</ref>.
 
Successivamente, partecipò alla [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|Battaglia navale di Cizico]](410 a.C.), agli ordini di Alcibiade, che era stato nel frattempo fatto rientrare dall'esilio. In quell'occasione, la strategia dell'ammiraglio ateniese ebbe la meglio sulla flotta spartana, che, attirata in mare aperto, fu accerchiata dalle flotte di Teramene e di Trasibulo, che tagliarono ai lacedemoni la possibilità di ripiegare verso la terraferma. In quell'occasione, tutte le navi spartane furono distrutte o catturate e la vittoria ateniese fu completa<ref>Diodoro, ''Bibliotheca historica'', XIII,50-51.</ref><ref>Senofonte, ''Elleniche'', 1, 1,11-18.</ref>.
 
Dopo questa battaglia, gli ateniesi costruirono a [[Cizico]] una fortificazione che controllava lo stretto del [[Bosforo]], e dalla quale veniva richiesto a tutte le navi mercantili in transito di pagare un dazio del valore della decima parte del carico. Teramene rimase con trenta navi a Cizico per controllare la riscossione del tributo<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 1, 1,19-22.</ref>. Nel frattempo, ad Atene il governo dei Cinquemila veniva destituito e ritornava la democrazia tradizionale.
 
Nel [[408 a.C.]] partecipò, ancora al comando di [[Alcibiade]], all'assedio di [[Bisanzio]], vincendo l'esercito peloponnesiaco di [[Beozia]] e [[Megara (Attica)|Megara]] presente nella città. Teramene guidò dell'ala sinistra dell'esercito ateniese, mentre Alcibiade comandava quella destra<ref>Plutarco, ''Vita di Alcibiade'', 31.</ref>.
 
==La battaglia delle Arginuse e il conseguente processo==
{{vedi anche|Battaglia delle Arginuse|Processo delle Arginuse}}
[[Immagine:Trireme.jpg|thumb|right|Un'antica [[trireme]]. Circa 25 triremi ateniesi affondarono o non erano in grado di navigare in seguito alla [[battaglia delle Arginuse]]. Teramene e Trasibulo furono incaricati dagli strateghi di soccorrere i naufraghi.]]
Nel [[406 a.C.]] Teramene partecipò come [[Trierarchia|trierarca]] alla [[battaglia delle Arginuse]], nella quale la flotta ateniese sconfisse quella spartana al prezzo di gravi perdite. Circa venticinque triremi ateniesi, infatti, affondarono o non erano in grado di navigare dopo la battaglia navale, e Teramene e il suo collega Trasibulo furono incaricati dagli strateghi (che nel frattempo stavano inseguendo la flotta nemica) di soccorrere i naufraghi, ma furono impossibilitati al salvataggio da una forte tempesta che era nel frattempo sopraggiunta. Un numero imprecisato di naufraghi, probabilmente superiore al migliaio<ref>Kagan, ''The Peloponnesian War'', 459.</ref>, morirono annegati e ad Atene si istituì un [[processo delle Arginuse|processo]] contro gli otto strateghi che erano al comando della flotta per omesso soccorso<ref name=Diodoro-13-98-100/><ref>Senofonte, ''Elleniche'', 1, 6,29-35.</ref>. Gli strateghi accusarono invece i loro sottoposti Teramene e Trasibulo di non aver eseguito i loro ordini, il che fu, secondo Diodoro<ref>Diodoro, ''Bibliotheca historica'', XIII,101.</ref>, un errore molto grave, in quanto in questo modo si inimicavano due personaggi molto abili nell'arte oratoria, con molti sostenitori ad Atene, e che avevano direttamente partecipato alle fasi cruciali della battaglia navale.
Senofonte ci tramanda che Teramene, in particolare, fece partecipare all'assemblea numerosi cittadini che avevano capelli rasati ed erano vestiti di nero, come se fossero tutti parenti delle vittime, mentre invece erano abbigliati in quel modo per la festa delle [[Apaturie]] che era in corso in quei giorni, e soprattutto convinse a sostenere l'accusa contro gli strateghi il politico [[Callisseno]], che pretese ed ottenne la votazione per la pena di morte per tutti gli strateghi con scrutinio palese e non segreto<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 1, 7,8-9.</ref>.
 
Teramene e Trasibulo furono assolti, mentre gli otto strateghi, nonostante l'opposizione di[[Socrate]], che in quell'occasione era stato sorteggiato come [[pritano]], furono tutti condannati a morte e alla confisca dei beni<ref name=Senofonte7-1-34/>.
 
==La resa di Atene==
{{vedi anche|Guerra del Peloponneso#La fase Deceleica (413-404 a.C.) }}
Nel [[405 a.C.]], ad [[battaglia di Egospotami|Egospotami]], la flotta ateniese fu duramente sconfitta e definitivamente e distrutta dalla flotta peloponnesiaca, al comando dell'ammiraglio spartano [[Lisandro]].
 
Gli ateniesi, privati della flotta e con gli spartani accampati alle porte della città pronti all'assedio, mandarono ambasciatori prima al re lacedemone [[Agide II]], che si trovava nell'accampamento, e poi direttamente a Sparta dagli [[efori]], offrendo la resa della città in cambio del mantenimento del [[Pireo]] e delle [[Lunghe Mura]]. Gli spartani rifiutarono però l'offerta<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 2,1-14.</ref>.
 
Teramene chiese ed ottenne dall'assemblea di essere inviato come ambasciatore prima da Lisandro, che si trovava a Samo, e poi direttamente a Sparta<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 2,16-20.</ref>, dove negoziò la resa di Atene alle seguenti condizioni: abbattimento delle Lunghe Mura, limitazione del numero di triremi che potevano essere ricostruite, amnistia per gli ateniesi in esilio, che avrebbero potuto quindi tornare in città, e subordinazione di Atene a Sparta per ogni decisione riguardante la politica estera<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 2,1-14.</ref>. In cambio, Teramene ottenne che la città fosse risparmiata, e che potesse mantenere la costituzione democratica<ref name=Diodoro-14-3/>.
 
Teramene tornò ad Atene esponendo le condizioni della resa, e Plutarco ci racconta che quando il [[demagogo]] Cleomene gli rimproverò che stava consegnando ai Lacedomoni le mura che[[Temistocle]] aveva eretto per difendere la città dei Lacedomoni stessi, Teramene rispose:
 
{{quote
| Ma io non faccio nulla che contrasti con l'opera di Temistocle: quelle stesse mura che egli eresse per la salvezza dei cittadini, per la loro salvezza noi le abbatteremo. Se poi fossero le mura a rendere prospera una città, Sparta dovrebbe essere la più malmessa di tutte, visto che non ha mura
| Plutarco, ''Vita di Lisandro, 14, 6'' - traduzione di Carlo Carena, Mondadori 1981
| ἀλλ᾽ οὐδέν ὑπεναντίον ἐγὼ πράττω Θεμιστοκλεῖ: τὰ γὰρ αὐτὰτείχη κἀκεῖνος ἐπὶ σωτηρίᾳ τῶν πολιτῶν ἀνέστησε καὶ ἡμεῖς ἐπὶσωτηρίᾳ καταβαλοῦμεν. εἰ δὲ τὰ τείχη τὰς πόλεις εὐδαίμοναςἐποίει, πασῶν ἔδει πράττειν κάκιστα τὴν Σπάρτην ἀτείχιστονοὖσαν.
|lingua = grc
}}
 
Messe ai voti le condizioni di resa, l'assemblea accettò, e le Lunghe Mura furono abbattute sotto il controllo spartano. La guerra del Peloponneso era dunque terminata con la vittoria di Sparta ([[404 a.C.]])<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 2,21-23.</ref>.
 
==I Trenta tiranni e la morte di Teramene==
{{vedi anche|Trenta tiranni}}
Pur mantenendo formalmente la costituzione democratica, i politici ateniesi fautori del'oligarchia, tornati ad Atene dall'esilio ed appoggiati dagli spartani, imposero alla città il governo di trenta arconti, detti i "[[trenta tiranni]]". Teramene inizialmente aveva avversato questa decisione<ref name=Diodoro-13-98-100>Diodoro, ''Bibliotheca historica'', XIV, 3,6-7.</ref>, ma poi fu convinto da Lisandro. Dieci dei trenta tiranni furono scelti dagli oligarchi, dieci da Lisandro e dieci da Teramene, che incluse se stesso nel gruppo<ref>Lisia,''Contro Eratostene'', 6</ref>.
 
Ben presto Teramene si scontrò con la politica repressiva ed autoritaria dei suoi colleghi, in particolare di [[Crizia]], capo indiscusso del gruppo<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,11-14.</ref>, che instaurò un vero e proprio regime di terrore, mandando a morte parecchi cittadini col solo motivo di essere stati popolari durante il periodo democratico<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,15.</ref>.
 
Teramene, visto che non poteva opporsi a Crizia con la forza, tentò di allargare il potere decisionale ad una cerchia più ampia di cittadini<ref>Aristotele, ''Costituzione degli Ateniesi'', 36.</ref>. Crizia, col timore che Teramene si guadagnasse il consenso cittadino, lo prevenne scegliendo tremila ateniesi che furono associati al governo. Teramene obiettò che questo numero era troppo eseguo, e Crizia, per tutta risposta, fece confiscare le armi di tutti gli ateniesi che non facevano parte di questa lista<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,17-20.</ref>.
 
Successivamente, Crizia ordinò che ognuno dei Trenta arrestasse e facesse uccidere un[[meteco]] al solo scopo di confiscargli i beni. Teramene si rifiutò di eseguire l'ordine<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,21-22.</ref>.
 
Crizia allora intuì che Teramene era troppo pericoloso e decise di eliminarlo. Fattolo condurre davanti all'assemblea dei tremila, lo accusò pubblicamente di seguire la fazione politica che gli convenisse a seconda delle circostanze, ricordando, come ci testimonia Senofonte<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,23-34.</ref>, il suo soprannome "Coturno", ovvero il calzare degli attori di teatro, che può essere indossato indifferentemente sia al piede destro che a quello sinistro.
 
Teramene ribatté che si era sempre comportato da politico moderato, cercando di conciliare le tradizioni democratiche con una forma di governo che includesse nel potere decisionale i cittadini ateniesi che avessero almeno il grado militare di [[oplita]]. Il discorso di Teramene fece presa sull'assemblea e, secondo quanto ci riporta Senofonte<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,35-49.</ref>, Crizia intuì che, se si fosse andati al voto, Teramene sarebbe stato assolto. Il capo dei trenta Tiranni fece quindi schierare dei soldati armati davanti all'assemblea, impedendo quindi ai cittadini di intervenire, e ordinò agli Undici, gli ufficiali addetti alle condanne a morte, ad arrestare Teramene, negandogli la possibilità di difendersi in un regolare processo<ref>Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,50-56.</ref>.
 
[[File:Kottabos Met 56.171.62.jpg|thumb|sinistra|Giocatore di [[cottabo]] raffigurato su una[[kylix]] attica a figure rosse: Teramene parodiò questo gioco prima di morire.]]
Senofonte ci testimonia che Teramene invocò gli dei a testimonianza del crimine che veniva commesso e, quando Satiro, uno degli addetti degli Undici, gli rimproverò che se non fosse stato zitto, gli sarebbe capitato qualcosa di male, Teramene, mantenendo un certo senso dell'umorismo, rispose:
 
{{quote
|E se invece starò zitto, andrà tutto bene?
|Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,56
| ἂν δὲ σιωπῶ, οὐκ ἄρ᾽ οἰμώξομαι;
|lingua = grc
}}
 
Fu quindi costretto a bere la [[cicuta]]. Dopo aver vuotato quasi completamente la tazza, ebbe la presenza di spirito, negli attimi prima di morire, di parodiare il gesto del gioco del[[cottabo]], secondo il quale si doveva centrare un piatto con le gocce di vino rimaste nel bicchiere, e lanciò le ultime gocce del veleno a terra esclamando:
 
{{quote
|Alla salute del bel Crizia.
|Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,56
|Κριτίᾳ τοῦτ' ἔστω τῷ καλῷ
|lingua = grc
}}
 
==Note==
<{{references/>|2}}
 
==Bibliografia==
*[http://www.libreriauniversitaria.it/atene-crisi-democrazia-trenta-querelle/libro/9788822061782 Antonio Natalicchio ''I trenta e la querelle Teramene/Cleofonte'']
*[http://rivista.ssef.it/site.php?page=20050905152518365&edition=2005-07-01 Tacere all'assemblea]
 
==;Fonti classiche==antiche
*[[AristoteleTucidide]], ''[[La costituzioneguerra ddel Peloponneso]]'Atene'' (XXXII ) ;
*[[Senofonte]] ''[[Elleniche]]''
*[[Tucidide]], ''Storia della guerra nel Peloponneso''(VIII) ;
*[[Lisia]], ''[[Contro Eratostene]]''
*[[Senofonte]] ''Elleniche '(II, 3).
*[[Plutarco]], ''[[Vite parallele]]'': ''Vita di Nicia'', ''Vita di Alcibiade'', ''Vita di Cicerone''
*[[Aristotele]], ''[[Costituzione degli Ateniesi]]''
* [[Diodoro Siculo]], ''[[Bibliotheca historica]]''
;Fonti moderne
*Antonio Natalicchio ''I trenta e la querelle Teramene/Cleofonte'' (Dedalo 1986) ISBN 88-22-06178-0
*Andrewes, A. "The Arginousai Trial", ''Phoenix'', Vol. 28 No. 1 (Spring 1974) pp.&nbsp;112–122
*Fine, John V.A. ''The Ancient Greeks: A critical history'' (Harvard University Press, 1983) ISBN 0-674-03314-0
*Harding, Phillip. "The Theramenes Myth", ''Phoenix'', Vol. 28, No. 1 (Spring 1974), pp.&nbsp;101–111
*Hornblower, Simon. ''The Greek World 479–323 BC'' (Routledge, 1991) ISBN 0-415-06557-7
*Donald Kagan, ''The Peloponnesian War'' (Penguin Books, 2003). ISBN 0-670-03211-5
*Keaney, John J. "A Source/Model of Aristotle's Portrait of Theramenes". ''The Classical Journal'', Vol. 75, No. 1 (Oct.–Nov. 1979) pp.&nbsp;40–41
*{{cite book | last=Peck|first=Harry Thurston|title=Harper's Dictionary Of Classical Literature And Antiquities |year=1898}}
*Perrin, Bernadotte, "The Rehabilitation of Theramenes", ''The American Historical Review'', Vol. 9 No. 4 (July 1904) pp.&nbsp;649–669
 
{{Portale|Antica Grecia|biografie|politica}}
 
{{Link AdQ|en}}
{{Link VdQ|ru}}