What'd I Say: differenze tra le versioni

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|genere = Soul
|album di provenienza = [[What'd I Say (album)|What'd I Say]]
|registrato = [[18 febbraio]] [[1959]]
|numero di dischi = 1
|numero di tracce = 2
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==Contesto==
[[ImmagineFile:Ray Charles (cropped).jpg|thumb|left|200px|[[Ray Charles]].]]
Nel [[1958]] [[Ray Charles]] aveva ventisette anni e da dieci incideva soprattutto [[R&B]] per le etichette [[Down Beat]] e [[Swing Time Records|Swing Time]], con uno stile simile a quello di [[Nat King Cole]] e [[Charles Brown (musicista)|Charles Brown]]. Nel 1954 firmò con l'[[Atlantic Records]] e fu incoraggiato dai produttori [[Ahmet Ertegün]] e [[Jerry Wexler]] ad ampliare il suo repertorio. Più tardi Wexler avrebbe ricordato che il successo della Atlantic Records non era dovuto all'esperienza degli artisti, ma all'entusiasmo verso la musica: «Di fare dischi non ne sapevamo un cazzo, ma ci divertivamo».<ref name="jackson"/> Nel caso di Charles, i due produttori capirono che sarebbe stato più conveniente e produttivo «lasciarlo in pace».<ref>{{Cita|Creswell|p. 722}}.</ref>
Dal 1954 fino ai primi anni sessanta Charles si esibì per 300 giorni all'anno con un'orchestra di sette membri e un trio canoro, anch'esso sotto contratto con la Atlantic, chiamato The Cookies che cambiava il nome in [[The Raelettes]] quando si esibiva con lui.<ref name="jackson"/>
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==Composizione e registrazione==
[[ImmagineFile:Wurlitzer 112, Hammond XK-2, & roll-up KBD @ Sarlacc Studios.jpg|thumb|right|Un modello di [[piano elettrico]] [[Wurlitzer]] di fine anni cinquanta.]]
Secondo l'autobiografia di Ray Charles, il pezzo nacque casualmente durante un'improvvisazione per esaurire il tempo prima della fine di un concerto nel dicembre 1958.<ref>{{Cita|Charles, Ritz|p. 189}}.</ref><ref>{{Cita|Lydon|p. 153}}.</ref> ''What'd I Say'' è un'eccezione, in quanto Charles non ha mai provato in pubblico una canzone prima di registrarla. Neanche lui ricorda dove avesse luogo quel concerto, ma Mike Evans, in ''Ray Charles: The Birth of Soul'', lo colloca a [[Brownsville (Pennsylvania)|Brownsville]] in [[Pennsylvania]].<ref>{{Cita|Evans|p. 107}}.</ref> Si trattava di uno spettacolo durante un ballo che sarebbe dovuto durare 4 ore,<ref name="history"/> con mezz'ora di pausa e termine intorno alle 2 del mattino. Charles e la sua band avevano terminato la scaletta dopo la mezzanotte, ma mancavano ancora dodici minuti. A quel punto il cantante disse alle Raelettes: «Perderò un po' di tempo, voi seguitemi e basta».<ref name="charles191">{{Cita|Charles, Ritz|p. 191}}.</ref> Cominciando col piano elettrico, suonò quello che si sentiva sul momento: una serie di [[riff]], passando a un [[pianoforte]] per quattro ritornelli supportati da un ritmo di percussioni latino come la [[conga (strumento musicale)|conga]]. Dopo questa introduzione Charles cominciò a cantare versi improvvisati, semplici e senza alcun legame tra loro. La struttura è quella di un [[blues in 12 misure]] con elementi gospel,<ref name="stephens">{{en}} {{cita pubblicazione|quotes=no|autore=Robert W. Stephens|anno=1984|titolo=Soul: A Historical Reconstruction of Continuity and Change in Black Popular Music|rivista=The Black Perspective in Music|volume=12|numero=1|pagine=21-43|url=http://www.jstor.org/pss/1214967|abstract=x}}</ref><ref>{{en}} {{cita pubblicazione|quotes=no|autore=Alexander Stewart|data=ottobre 2000|titolo='Funky Drummer': New Orleans, James Brown and the Rhythmic Transformation of American Popular Music|rivista=''Popular Music''|volume=19|numero=3|pagine=293–318|url=http://journals.cambridge.org/action/displayAbstract?aid=61760|abstract=x}}</ref> mentre tra le prime righe ci sono influenze di uno stile [[boogie-woogie]] che Ahmet Ertegün attribuisce a [[Pinetop Smith|Clarence "Pinetop" Smith]], che era solito indicare i passi di danza da eseguire attraverso i testi.<ref name="evans109"/> A metà dell'esibizione, Charles disse alle Raelettes che avrebbero dovuto ripetere quello che faceva, trasformando così l'esibizione in un botta e risposta tra l'artista, le coriste e gli strumenti a fiato dell'orchestra, che si chiamavano tra di loro con urli e lamenti estatici e colpi di [[corno (strumento musicale)|corni]].<ref name="stephens"/>
 
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Lo studio della Atlantic Records aveva appena acquistato un [[registrazione multitraccia|registratore a 8 tracce]] e l'ingegnere acustico [[Tom Dowd]] stava ancora imparando a usarlo. Nel febbraio 1959 Charles e la sua orchestra registrarono finalmente ''What'd I Say'' nella piccola [[studio di registrazione|sala]] della Atlantic. Dowd ricorda che non sembrava tanto speciale ai tempi della registrazione: durante quella sessione era preceduta da ''Tell the Truth'', che aveva impressionato molto di più.
 
{{quote|La registrammo nello stesso modo in cui avevamo registrato tutte le altre. Ray, le ragazze e la band dal vivo nello studio piccolo, senza nessuna [[overdubbing|aggiunta]]. Tre o quattro prove, ed era finita. La prossima!|Tom Dowd<ref>{{Cita|Lydon|p. 157}}.</ref>|We made it like we made all the others. Ray, the gals, and the band live in the small studio, no overdubs. Three or four takes, and it was done. Next!|lingua=en}}
 
Col senno di poi [[Nesuhi Ertegün]], fratello di Ahmet, riconobbe la straordinaria qualità sonora della canzone in rapporto alle dimensioni ridotte dello studio e l'alto livello tecnologico degli strumenti utilizzati; il suono è pulito al punto che si può sentire Charles tenere il tempo durante il botta e risposta senza musica.<ref name="evans109"/>
 
[[File:Ahmet_Ertegun_(Gottlieb).jpg|thumb|left|200px|[[Ahmet Ertegün]] (circa 1946, foto [[William P. Gottlieb]])]]
 
Il lavoro in studio durò poco perché l'orchestra aveva perfezionato l'accompagnamento musicale durante il tour,<ref>{{Cita|Ertegün|p. 118}}.</ref> sebbene a Dowd non mancassero i problemi. Il primo riguardava la lunghezza del pezzo, che durava oltre sette minuti e mezzo, quando la durata media di quelli trasmessi alla radio era due minuti e mezzo. In più, anche se i testi non erano osceni, i suoni emessi dal cantante e le coriste nei botta e risposta preoccupavano il tecnico e i produttori. In precedenza, infatti, il disco ''Money Honey'' di [[Clyde McPhatter]] era stato vietato in Georgia, ma Ahmet Ertegün e Wexler l'avevano pubblicato lo stesso, rischiando l'arresto.<ref name="evans110">{{Cita|Evans|p. 110}}.</ref> Ray Charles era consapevole del problema, ma difendeva il suo lavoro: «Non sono abituato a interpretare le mie canzoni, ma se non riesci a capire ''What'd I Say'', allora c'è qualcosa che non va, o non sei abituato ai dolci suoni dell'amore.»<ref name="charles191"/>
 
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Alla fine degli [[anni 1950|anni cinquanta]] il [[rock and roll]] stava vivendo un periodo difficile a causa di una serie di scandali e tragedie con i principali esponenti del genere come protagonisti, oltre all'assenza dalle scene di [[Elvis Presley]] perché in [[servizio militare]]: [[Buddy Holly]] perse la vita in un tragico incidente aereo nel [[1959]], seguito da quello in auto, altrettanto fatale, di [[Eddie Cochran]] nel [[1960]]; [[Chuck Berry]] era in carcere per atti sessuali con una minorenne<ref>{{Cita web|cognome=Weiner|nome=Eric|titolo=''The Long, Colorful History of the Mann Act''|data=11-03-2008|editore=npr.org|url=http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=88104308|accesso=21-04-2013|lingua=en}}</ref> e [[Jerry Lee Lewis]] era al centro di uno scandalo mediatico dopo il suo matrimonio con una cugina tredicenne.<ref>{{Cita web|cognome=Connolly|nome=Ray|titolo=''Great Balls of Scandal: How Jerry Lee Lewis' marriage to a 13-year-old wrecked his career''|data=24-05-2008|editore=dailymail.co.uk|url=http://www.dailymail.co.uk/tvshowbiz/article-1021569/Great-Balls-Scandal-How-Jerry-Lee-Lewis-marriage-13-year-old-wrecked-career.html|accesso=21-04-2013|lingua=en}}</ref><ref>{{Cita|Larson|p. 50}}.</ref> Per queste ragioni il 1958 e il 1959 sono spesso visti come due anni sterili per quanto riguarda il talento musicale. Il critico [[Nelson George]] pensa invece il contrario e usa Ray Charles e la sua canzone come esempi; George scrive che i temi nelle opere del cantante di [[Albany (Georgia)|Albany]] erano molto simili ai giovani ribelli e resero popolare il rock and roll. Secondo lo scrittore, Charles «abbatté il limite tra palco e pulpito, ricaricò le preoccupazioni del blues con fervore trascendentale, unendo spudoratamente il sessuale allo spirituale. Rese così il piacere (soddisfazione fisica) e la gioia (illuminazione divina) sembrare una cosa sola e portò le realtà del peccatore del sabato sera e del fedele della domenica mattina in rauca armonia».<ref>{{Cita|George|p. 70}}.</ref>
[[ImmagineFile:Paul, George & John.png|thumb|left|200px|I [[The Beatles|Beatles]] sono tra gli artisti che più rimasero influenzati dal pezzo.]]
''What'd I Say'' è stata oggetto di [[cover]] da parte di molti artisti di diversi stili musicali. Elvis Presley la usò per una lunga scena di ballo nel film del 1964 ''[[Viva Las Vegas (film)|Viva Las Vegas]]'' e la pubblicò come singolo con il [[Viva Las Vegas (brano musicale)|brano omonimo]] sul [[lato B]]. [[Cliff Richard]], [[Eric Clapton]] con [[John Mayall & the Bluesbreakers]], [[The Big Three]], [[Eddie Cochran]], [[Bobby Darin]], [[Nancy Sinatra]], [[Sammy Davis Jr.]] e [[Johnny Cash]] ne fecero tutti una loro rivisitazione.<ref>{{Cita|Evans|p. 113}}.</ref> Jerry Lee Lewis ebbe molto successo con la sua interpretazione del 1961, che rimase otto settimane in classifica.<ref>{{en}} {{cita libro|cognome=Whitburn|nome=Joel|titolo=Joel Whitburn's top pop singles 1955–2002|anno=2003|editore=Record Research|id=ISBN 0-89820-155-1}}.</ref> Ray Charles notò che molte delle stazioni radio che fino ad allora non avevano mai trasmesso la sua canzone iniziarono a farlo dopo la pubblicazione di cover da parte di artisti bianchi, suscitandogli qualche perplessità («come se il sesso bianco fosse più pulito di quello nero»), anche se successivamente iniziarono a mettere in onda anche la versione originale.<ref name="charles191"/>
[[ImmagineFile:Jamie Foxx Navy.jpg|thumb|right|200px|Nel film ''[[Ray (film)|Ray]]'' con [[Jamie Foxx]] (nella foto) è raccontata anche la genesi di ''What'd I Say''.]]
Charles scelse di suonare ''What'd I Say'' per chiudere ogni suo concerto.<ref name="jackson"/> Nel 2000 comparve al 43º posto della classifica ''100 Greatest Songs in Rock and Roll'' e al 96º della ''100 Greatest Dance Songs'' (nella quale risulta la meno recente), entrambe a cura di [[VH1]].<ref>{{Cita news|lingua=en|titolo=''Stones' Satisfaction Top Rock Anthem''|pubblicazione=The Ottawa Citizen|giorno=8|mese=gennaio|anno=2000|pagina=E.11}}</ref><ref>{{cita web|titolo=VH1 Counts Down the '100 Greatest Dance Songs' in Five-Hour, Five-Night Special, Premiering October 9-13 at 10:00 P.M. (ET/PT)|url=http://www.prnewswire.com/news-releases/vh1-counts-down-the-100-greatest-dance-songs-in-five-hour-five-night-special-premiering-october-9-13-at-1000-pm-etpt-74754057.html|editore=PR Newswire|data=3 ottobre 2000|accesso=21-04-2013|lingua=en}}</ref> Nello stesso anno venne scelta da [[National Public Radio]] come una delle 100 canzoni più influenti del ventesimo secolo.<ref name="npr">{{cita web|titolo=The 100 most important American musical works of the 20th century|url=http://www.npr.org/programs/specials/vote/list100.html|editore= National Public Radio|data=21-02-2000|accesso=21-04-2013|lingua=en}}</ref> Nel 2004 la rivista ''[[Rolling Stone]]'' la collocò al decimo posto del suo elenco ''[[Lista delle 500 migliori canzoni secondo Rolling Stone|The 500 Greatest Songs of All Time]]''.<ref>{{cita web|titolo=What'd I Say|url=http://web.archive.org/web/20080714130209/http://www.rollingstone.com/news/story/6595855/whatd_i_say|data=09-12-2004|editore=rollingstone.com|accesso=21-04-2013|lingua=en}}</ref>