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Lo stabilimento tipografico, la cui progettazione ha visto il contributo determinante dell’ingegnere Giuseppe Ursino, sotto la supervisione del pro-nipote del fondatore del giornale, Domenico Ciancio Sanfilippo, è stato affidato alla direzione di Aldo Di Carlo. Etis, che nasce con l’obiettivo di fungere da punto di riferimento per la stampa di quotidiani e periodici in tutto il Centro-Sud Italia, si è aperto, a partire dal [[2008]], ad iniziative che mirano alla diffusione della conoscenza del processo di produzione dei giornali e allo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali. Va letta in questo senso anche l’apertura, fortemente voluta dallo stesso Domenico Ciancio - procuratore generale della società stampatrice - delle porte del centro stampa alle visite di studenti provenienti da istituti scolastici di tutta la Sicilia, a gruppi universitari anche stranieri e al mondo delle associazioni e delle [[startup]], che ha registrato in questi anni la presenza di migliaia di visitatori.
== Controversie ==
===Atteggiamento su fatti di mafia===
Sono emerse significative accuse da parte dell'ex eurodeputato [[Claudio Fava]], figlio del giornalista [[Giuseppe Fava]], tristemente noto perché ucciso a [[Catania]] per il suo impegno antimafia.
Le accuse denuncerebbero un atteggiamento omertoso della testata, in un certo periodo, nei riguardi di fatti inerenti alla [[mafia]].
{{quote|(...) ''La Sicilia'', al di là di ogni pudore, riuscì per molti anni a sopprimere dai propri scritti la parola mafia: usata raramente, e solo per riferirla a cronache di altre città, mai a Catania. Nell'ottobre del [[1982]], quando tutti i quotidiani italiani dedicheranno i loro titoli di testa all'emissione dei primi mandati di cattura per la [[strage di via Carini]], l'unico giornale a non pubblicare il nome degli incriminati sarà ''La Sicilia''. Un noto boss, scriverà il quotidiano di Ciancio: [[Nitto Santapaola]], spiegheranno tutti gli altri giornali della nazione. Il nome del capomafia catanese resterà assente dalle cronache della sua città per molti anni ancora: e se vi comparirà, sarà solo per dare con dovuto risalto la notizia di una sua assoluzione. O per ricordarne, con compunto trafiletto, la morte del padre|Claudio Fava, ''La mafia comanda a Catania 1960/1991''<ref>{{cita|Claudio Fava, 1991}}</ref>}}
===Lettera di Santapaola su "La Sicilia"===
Il 9 ottobre 2008, il quotidiano fu al centro di polemiche per aver pubblicato una lettera di [[Vincenzo Santapaola]] (figlio di [[Benedetto Santapaola]]) da un carcere di massima sicurezza, e con un regime di [[41 bis]].
[[Antonio Roccuzzo]], caporedattore del [[TG LA7]], descrive approfonditamente i fatti nel suo libro "L'Italia fatta a pezzi, cosa unisce Catania a Reggio Emilia?":
{{quote|"La mattina del 9 ottobre [[2008]] sulle due colonne di spalla di una delle pagine di cronaca, appare una lettera di Vincenzo Santapaola. Attenzione: si tratta del figlio dell'uomo considerato il boss della mafia a Catania e si tratta anche di un giovane uomo che a sua volta è attualmente sottoposto al regime di carcere duro. Ma questo a chi legge quella sua lunga lettera non viene ricordato perché chi mette in pagine quelle righe non sente il dovere di farlo, secondo un'elementare regola di chiarezza professionale."}}
In quella lettera, Vincenzo Santapaola afferma che quel regime nel suo caso è ingiustificato.
{{quote|"Questa città non riesce a dimenticare pagine di cronaca e di storia lontane e chiuse"}}
Santapaola essendo sottoposto al 41bis, potrebbe farlo soltanto in presenza di una autorizzazione del tribunale.
Eppure il 41bis esiste proprio per questo, fa notare Antonio Roccuzzo che prosegue dicendo che:
{{quote|Se un mafioso in 41bis scrive addirittura sui giornali, allora sarebbe meglio abolire il regime di carcere duro. E non se ne parli più di antimafia.}}
Da parte sua, il giornale ha puntualizzato che la lettera è pervenuta mediante i legali di Vincenzo Santapaola
<ref name="santapaola">{{Cita news|lingua=|autore=Salvo Palazzolo|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/10/al-41-bis-perche-mi-chiamo-santapaola.html|titolo=Al 41 bis perché mi chiamo Santapaola|pubblicazione=[[La Repubblica]] |giorno=10|mese=10|anno=2008|pagina=25|accesso=30 ottobre 2009|cid=}}</ref>.
===Accuse di monopolio===
Nella città di Catania, ''[[la Repubblica]]'' non stampava l'edizione locale, come ad esempio avviene a Palermo. Ciò comportava un'assenza di spazio destinato alla cronaca catanese per chi acquista ''[[la Repubblica]]''.
Il 4 aprile [[2009]], intervistato dagli studenti dell'Università di Perugia in occasione del festival del giornalismo, il direttore de ''[[la Repubblica]]'' [[Ezio Mauro]], ha risposto a una domanda sulla vicenda:
"Noi abbiamo a Catania un accordo commerciale con il nostro stampatore, ma quest'accordo che era stato fatto da Carlo Caracciolo, lo stiamo ridiscutendo. L'accordo prevede che Ciancio stampi il nostro giornale a Catania e che noi non distribuiamo in città la nostra edizione palermitana. Ma voglio precisare che noi, in Sicilia come nel resto d'Italia, non abbiamo un'edizione regionale, ma pagine solo sui capoluoghi di regione."
Quindi Ciancio era lo stampatore e l'accordo risaliva al 1981, quando ''[[la Repubblica]]'' e gli altri giornali nazionali iniziarono la stampa in teletrasmissione in varie località del Sud e del Nord, per abbattere i costi e i tempi di stampa e distribuzione. L'accordo si consolidò, ai tempi della "Guerra di Segrate", quando l'allora imprenditore [[Silvio Berlusconi]] scalò la [[Arnoldo Mondadori Editore]]. Infatti, la piccola quota azionaria dell'editore stampatore siciliano fu decisiva per mantenere il controllo del quotidiano e de ''[[L'espresso]]''.
Dal 17 settembre [[2009]], l'accordo Repubblica-Ciancio è stato modificato e l'edizione palermitana del quotidiano romano viene distribuita anche nelle edicole di Catania.
== Direttori de La Sicilia ==
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