Storia di Treviso: differenze tra le versioni

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Nel [[secolo V|Quinto secolo]] si fecero sempre più frequenti le scorrerie dei "barbari". Si narra che Treviso fosse stata risparmiata dalla distruzione degli [[Unni]] di [[Attila]] perché il vescovo di Treviso convinse i cittadini ad arrendersi spontaneamente. Nella tarda antichità Treviso assunse un ruolo più importante rispetto alla prima età imperiale, tanto che durante il regno di [[Teodorico il Grande|Teodorico]] divenne "fondaco pubblico".<ref>Adriano Augusto Michieli, Storia di Treviso, pp. 49-50</ref>
 
Nel disegno di riconquista della ''[[Impero Romano d'Occidente|pars occidentis]]'' fortemente voluta da [[Giustiniano I di Bisanzio|Giustiniano]], nel [[535]] viene inviata un'armata comandata da [[Belisario]] per riconquistare l'[[Italia]], in mano agli [[Ostrogoti]] da quasi mezzo secolo. Nel [[539]] le truppe di [[Belisario]] conquistarono Treviso. L'anno seguente, approfittando dell'apertura del fronte orientale, gli [[Ostrogoti]] ne approfittarono e in una battaglia proprio vicino a Treviso, sconfissero i bizantini. Il re goto [[Ildibando]] pose [[Totila]] al comando del presidio trevigiano. Totila, in seguito diventò lui stesso re, iniziò la riconquista della penisola. Una sbagliata interpretazione di [[Flavio Biondo]], di un passo di [[Procopio di Cesarea]], fece di Treviso la città natale di Totila.<ref>Adriano Augusto Michieli, Storia di Treviso, p. 51</ref>
 
Nel [[568]] dalle [[Alpi Giulie]] iniziò la calata dei "feroci" [[Longobardi]], guidati dal loro re [[Alboino]]. [[Paolo Diacono]] nell'''[[Historia Langobardorum]]'' menzionò che il vescovo di Treviso andò incontro ai Longobardi ed, avendoli incontrati presso il [[Piave]], più o meno dove ora si trova la frazione di [[Lovadina]], convinse Alboino, in cambio di una resa incondizionata, di risparmiare la città. Qualche anno dopo, Treviso divenne sede di un Ducato. Nel [[602]], quando i Longobardi presero [[Padova]] e conseguentemente il vescovo locale fuggì verso le lagune, l'autorità del vescovo trevigiano si estese per gran parte del territorio patavino. In seguito la città divenne sede di un ''[[Gastaldo]]'', ossia di un amministratore, e di una Zecca, che coniava i ''tremissi''. Sotto i Longobardi furono erette alcune delle chiese esistenti ancora oggi e i primi monasteri.<ref>Adriano Augusto Michieli, Storia di Treviso, pp. 53-57</ref><ref name="Treviso, 2 pp. 3-35">Storia di Treviso, 2, a cura di Ernesto Brunetta, Dall'età longobarda al Secolo X di Stefano Gasparri, pp. 3-35</ref>