{{quoteCitazione|La sostanziale differenza tra lui e i suoi predecessori sta nel fatto che mentre per Parmenide l’essere è un qualcosa al di fuori del tempo, per Melisso s'identifica con la realtà empirica. [...] Di qui le ingiurie di Aristotele che si arrabbiava per il declassamento dell'essere parmenideo da un livello intellettuale a un livello sensibile.<ref>Cfr. Aristotele, ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'' 15, 986b 25.</ref> [...] [Melisso], pur essendo d'accordo con gli eleati per quanto riguarda la futilità delle apparenze e la non affidabilità dei sensi, non se la sente di considerare l’essere un'entità vuota e astratta, bensì cerca di dargli una concretezza e lo identifica con l'intero universo, cioè con un qualcosa d'indeterminato e d'infinito che comprende ogni cosa. Così presentato il suo essere è più parente dell’''[[Ápeiron|apeiron]]'' di [[Anassimandro]] che non dell'essere intoccabile di Parmenide, pur avendo con quest'ultimo molti punti di contatto.<ref>[[Luciano De Crescenzo]], ''Melisso'', in ''Storia della filosofia greca. I Presocratici'', Mondadori, Milano, 2005 (1°ed. 1983), pp. 122-123.</ref>}}