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|titoloalfabetico= Processo alla città
|annouscita= [[1952]]
|durata= 98 min.
|tipocolore= B/N
|tipoaudio= sonoro
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L’indagine arriva ad una svolta inaspettata quando casualmente Spicacci e Perrone arrestano un piccolo malvivente, Luigi Esposito, e si accorgono che egli si trovava nella località in cui è avvenuto il delitto. Le rivelazioni di costui, che spera in tal modo di poter ottenere il visto per [[Emigrazione italiana|emigrare]] in America con la moglie Nunziatina , portano al progressivo coinvolgimento di sempre più persone, sino alla scoperta di una casa di appuntamenti di lusso, che risulta essere stata, di fatto, di proprietà degli apparentemente irreprensibili coniugi Ruotolo.
 
[[File:Zampa luigi 1.jpg|thumb|left|180px|Il regista Luigi Zampa sul set.]]In questo [[Casa di tolleranza|bordello]] lavora Liliana Ferrari, una prostituta amica di un [[Camorra|camorrista]], che ammette di aver partecipato ad un pranzo a [[Pozzuoli]] nel giorno dell’omicidio. I due inquirenti ricostruiscono questo pranzo, convocando tutte le persone che vi avevano partecipato e, seppur tra mille reticenze , appurano che si è trattato in realtà di una riunione di capi della camorra nella quale è stata decisa l’uccisione di Ruotolo, accusato di tradimento per aver inviato alle Autorità delle lettere anonime con le quali voleva eliminare un concorrente in affari, anche lui della camorra. Poi era stata uccisa anche la moglie.
 
Quando l’indagine arriva a coinvolgere persone sempre più in vista della città, il giudice Spicacci si trova a fronteggiare le crescenti proteste della “Napoli bene”, che provocano contro di lui una campagna stampa e dure accuse a livello [[Interrogazione parlamentare|parlamentare]]. Le cose per lui si aggravano quando fa arrestare il cognato, un medico che procurava [[Aborto|aborti clandestini]]. A quel punto la moglie, stanca del clima di ostilità che si è formato attorno alla famiglia, fa allontanare le figlie e pensa di lasciarlo. Nel frattempo la camorra fa uccidere un contabile che conosceva tutti i segreti finanziari dell’organizzazione ed aveva minacciato di rivelarli.
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==Altre notizie==
===Genesi del film===
Il [[Soggetto (cinema)|soggetto]] del film fu elaborato su iniziativa di Francesco Rosi. Egli stesso racconta<ref>La sua testimonianza è stata ripresa, da ultimo, in “Ridere civilmente” – vedasi bibliografia – pagg.245 e segg.</ref>: «Trovai su una bancarella due libri, introvabili, sul [[Processo Cuocolo|processo Cuocolo]]. Era un’idea che già circolava nel cinema (…) Per nessun intellettuale napoletano era un fatto sconosciuto. Su quel materiale cominciammo a scrivere, io e Giannini. [Il film] lo doveva fare Giannini, poi, non so perché, ho saputo che l’avrebbe fatto Zampa». «Mi diedero da leggere queste pagine – raccontò il regista<ref>Ancora in “Ridere civilmente” – citato in bibliografia.</ref> - le approvai ed accettati di far il film per la “Film Costellazione"».
 
Zampa, in una dichiarazione rilasciata in occasione del [[Festival del film Locarno|Festival di Locarno]] del 1952<ref>Dichiarazione ripresa in un articolo del critico [[Guido Aristarco]] ed apparsa sul numero 90 della rivista ''"Cinema"'' – vedasi bibliografia</ref>, descrive l’opera come «la storia di una istruttoria giudiziaria, che presenta la visione di un ampio retroscena umano e sociale. Per quanto l’azione sia fissata in una determinata epoca – i primi anni del ‘900 – lo sviluppo della vicenda coglie situazioni e condizioni tutt’altro che sorpassate».
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«Film teso,– secondo il “Catalogo Bolaffi” – vigoroso, civile e coraggioso, impegnato, realizzato anche sul piano dello spettacolo con forza drammatica e ''suspence'' . Preannuncia i film civili di Francesco Rosi ( ''"[[La sfida]]"'', ''"[[Le mani sulla città]]"''), che infatti è tra gli sceneggiatori di questo film». Giudizio condiviso anche da Fernaldo Di Giammatteo<ref>Tratto dal suo libro “Lo sguardo inquieto” – vedasi bibliografia – pag.120.</ref>: «Per lui [Zampa – n.d.r.] fuori dalla norma e piuttosto inaspettato arriva “Processo alla città” (…) penetrante e sobrio come mai sarà – questi sono i suoi anni migliori – Zampa conduce in porto una impresa ammirevole per onestà intellettuale e rispetto della verità storica».
 
«Film serio, civile - anche per Pruzzo e Lancia<ref>Autori del libro dedicato all’attore e principale interprete del film, Amedeo Nazzari – vedasi bibliografia – pagina 130 e segg..</ref> - solido e soggiogante, che mette a fuoco, forse meglio di precedenti opere in chiave satirica, le qualità di Zampa». Altri giudicano questo film con uno sguardo più ampio: «Zampa ebbe – è scritto ne “Il Cinema, grande storia illustrata”<ref>Articolo non firmato – vedasi bibliografia – vol. IV°, pag. 107.</ref> - dal 1946 al 1952 il suo periodo d’oro. Né mancò di derivare ispirazione dall’estero, specie in [[Francia]], dove cercò suggerimento per il riuscito “Processo alla città” nella produzione di dotati polemisti come [[André Cayatte|Cayatte]], in guerra contro la prassi della giustizia». Di ispirazione a modelli stranieri parlano anche Fofi, Morandini e Volpi<ref>Nel secondo volume della loro “Storia del cinema” – vedasi bibliografia – pag 171.</ref>: «Venuto dai [[Cinema dei telefoni bianchi|“telefoni bianchi”]] Zampa si impose per le sue doti di osservatore arguto e comprensivo di comportamenti e personaggi comuni. Più solido e controllato, “Processo alla città” rendeva con vigore, calando queste sue tensioni dentro modelli americani, le complicità tra potere e camorra in una Napoli di fine secolo». «Modelli americani» evocati anche dal Mereghetti che giudica “Processo alla città” privo dei «cedimenti macchiettistici di altri film del regista, qui più solido e controllato, capace di rendere con rigore le complicità di potenti e camorra».
 
Anche Giampiero Brunetta<ref>Nella sua "Storia del Cinema italiano" - vedasi bibliografia - pag. 416.</ref> ha parole di elogio per questa opera di Zampa: «Film di forte struttura drammatica, “Processo alla città” fa sentire tutta la carica di indignazione civile che pervade il regista in quegli anni e trova il modo per rendere, grazie ad una meticolosa ricostruzione del passato, una limpida visione in trasparenza del presente». Ed è - secondo il Morandini «uno dei rari drammi giudiziari riusciti del cinema italiano, ma anche una delle opere in cui le istanze civili e morali del [[Neorealismo (cinema)|neorealismo]] si innestano nel robusto tronco del melodramma, attento alla lezione del cinema popolare di azione»
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==La realtà storica==
La vicenda del [[processo Cuocolo]], a cui il film di Zampa si ispirò, si svolse in realtà in maniera alquanto diversa<ref>Lo stesso Zampa, nella dichiarazione apparsa sul numero 90 di ''"Cinema"'' – citato in bibliografia - precisò che «sbaglierebbe chi credesse di trovare in questo film la rievocazione del processo Cuocolo. Quel famoso processo ha fornito lo spunto al soggettista ed agli sceneggiatori per declinare una situazione».</ref>. Tutto era iniziato nel 1906 con l’omicidio di Gennaro Cuocolo e di sua moglie; le indagini che seguirono, condotte, a giudizio di molti in modo irregolare<ref>Secondo Di Fiore – vedasi bibliografia pag 105 - «nel consenso generale, anche non rispettando alcuna garanzia prevista dai codici, dovunque si chiedeva di mettere in carcere i camorristi [e] furono ignorate le continue denunce degli imputati su violazioni ed abusi compiuti nei confronti di testimoni o di prove»</ref>, portarono dopo cinque anni ad un processo, che si tenne a Viterbo, dove, secondo il Barbagallo<ref>Che descrive la vicenda nel suo libro “Storia della Camorra” – vedasi bibliografia – pagg 90 e segg.</ref> «indubbiamente di garanzie liberali non se ne videro».
 
Gli imputati furono tutti condannati, ma molti giuristi<ref>In particolare tra questi spiccò l’avvocato calabrese Rocco Salomone che, ancora nel 1938, tentò invano di avviare una revisione del processo, come descritto nel volume “Napoli monarchica, milionaria e repubblicana” – vedasi bibliografia – pag.76 e segg.</ref> continuarono ad avanzare dubbi sulla regolarità dell’iter processuale. Nonostante la lunga indagine e voci ricorrenti, non emersero mai concrete prove di collusione tra camorra e mondo politico - istituzionale.