Al-Nabigha al-Ja'di: differenze tra le versioni

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Ḥibbān (o Ḥassān, o Ḥayyān) ibn Qays ibn ʿAbd Allāh al-Nābigha al-Jaʿdī, appartenente ai Banū Jaʿda, sottogruppo della più grande [[tribù]] araba dei Banū ʿĀmir b. Ṣaʿṣaʿa (di cui fu in seguito ''[[Sayyid]]''), appartennefece parte alladella categoria più tardi classificata dei poeti ''mukhaḍramūn'', che vissero cioè a cavallo tra la [[Jahiliyya|Jāhiliyya]] e l'[[Islam]], e dei ''fuḥūl'' (lett. "stalloni", a indicare l'eccellenza dei versi<ref>[[al-Jahiz|Jāḥiẓ]] ad esempio, ne riporta con ammirazione la sua descrizione del [[destriero]] nel ''Kitāb al-ḥayawān'' "Il libro degli animali" (I, 330 dell'edizione curata nel 1967 al [[Cairo]] da M. Hārūn per i tipi di Muṣṭafā al-Bābī al-Ḥalabī).</ref>).
 
Si convertì all'Islam quando, ancor giovane, giunse giunse nel [[630]] a [[Medina]] con un'ambasceria (''wifāda'') della sua tribù - che allora risiedeva ad al-Aflāj, in [[Najd]], a sud della [[Yamama]] - che si proponeva di contrarre con [[Maometto]] un'alleanza (''ḥilf''). In quell'occasione il Profeta lo benedisse<ref>Al verso di Nābigha «''Abbiamo raggiunto il cielo con la nostra gloria e coi nostri avi, e tuttavia fermamente noi speriamo sopra di ciò un luogo dove salire [ancora]''», [[Maometto]] avrebbe commentato, con qualche sospetto: «''Dove o Abū Laylā?''», ricevendo la replica, che molto soddisfece il Profeta: «''Al Paradiso''», che gli valse la benedizione di Maometto espressa con la frase «''Iddio non rompa la tua bocca''», che sarebbe stata confermata dal fatto che, malgrado l'età avanzatissima, a Nābigha non caddero mai i denti.</ref> e gli fece dono di una proprietà (''ḍayʿa'') in al-Falaj, nei territori d'insediamento della sua tribù, scrivendo oltre tutto un documento che fu conservato con venerazione dai B. Jaʿda.<ref>[[Maria Nallino]], "an-Nābiġah al-Ǧaʿdī e le sue poesie", su: ''Rivista degli Studi Orientali'', XIV (1934), pp. 135-190, a p. 180.</ref>
Si convertì all'Islam quando, ancor giovane, giunse giunse nel [[630]] a [[Medina]] con una delegazione della sua tribù che si proponeva di contrarre con [[Maometto]] un'alleanza (''ḥilf''). In quell'occasione il Profeta lo benedisse e lo trattò con particolare affabilità.
 
In base alla sua stessa testimonianza, contenuta nel ''Dīwān'' (Canzoniere) edito da [[Maria Nallino]], si trasferì a [[Bassora|Baṣra]] con la sua sotto-tribù all'epoca del secondo [[Califfo]] "ortodosso" [['Umar ibn al-Khattab]].<ref>''Dīwān'', XI, versi 6-8.</ref>
 
Fu dallaFece parte dei sostenitori di [['Ali ibn Abi Talib]] a [[Battaglia di Siffin|Ṣiffīn]] ed è annoverato tra i ''muʿammarūn'', i "vegliardi" cioè vissuti talmente a lungo da far fornire a vari [[Tradizionista (Islam)|tradizionisti]] cifre talmente spropositate da essere del tutto inverosimili (180, 200, 230 o 240 anni addirittura).
 
La critica ritiene che al-Nābigha abbia risentito dell'influenza di [[Labid|Labīd]] per quanto riguarda la tematica della caducità dell'uomo, destinato alla morte:
{{quote|(1) O miei due amici, fermate un momento le vostre cavalcature, fermatevi al meriggio, biasimate ciò che il tempo produce o toglie.<br>(2) Non sapete che l'andar via, anzi un rapido andar via, è oggi è più giusto che l'astenersi [dall'andare]?<br>(3) Non fate domande - certo la vita è breve - adattatevi [invece] agli eventi [anche se] spaventosi, o rimanete calmi;<br>(4) e se vi accade cosa che non siete capaci di allontanare, non vi affliggete di ciò che Iddio ha decretato, e abbiate pazienza...|''Le poesie di an-Nābigha al-Ǧaʿdī'', [[Qasida|Qaṣīda III]], trad. di M. Nallino, pp. 39-40}}
Accorati sono i suoi versi, rivolti alla moglie, per la morte del loro figlio Muḥārib e del fratello di Nābigha, Waḥwaḥ:
{{quote|(22) Non sai forse che io sono stato privato di Muḥārib, sicché né tu né io abbiamo [più] oggi alcuna cosa di lui?<br>(23) E [non rammenti] ciò di cui già prima di lui sono stato privato [con la morte] di Waḥwaḥ, il quale era figlio di mia madre e [mio] amico sincero?<br>(24) [Muḥārib era] un giovane le cui virtù erano perfette; per di più era generoso e non conservava [per sé] nulla delle sue sostanze;<br>(25) un giovane che aveva al completo quel che poteva rallegrare il suo amico, malgrado che in lui fosse [anche] quel che può dare dolore ai nemici|"an-Nābiġah al-Ǧaʿdī e le sue poesie", su: ''Rivista degli Studi Orientali'', XIV (1934), pp. 135-190, alle pp. 177-78 ([[Qasida|Qaṣīda XII]]).}}
 
{{quote|(1) O miei due amici, fermate un momento le vostre cavalcature, fermatevi al meriggio, biasimate ciò che il tempo produce o toglie.<br>(2) Non sapete che l'andar via, anzi un rapido andar via, è oggi è più giusto che l'astenersi [dall'andare]?<br>(3) Non fate domande -certo la vita è breve - adattatevi [invece] agli eventi [anche se] spaventosi, o rimanete calmi;<br>(4) e se vi accade cosa che non siete capaci di allontanare, non vi affliggete di ciò che Iddio ha decretato, e abbiate pazienza...|''Le poesie di an-Nābigha al-Ǧaʿdī'', [[Qasida|Qaṣīda III]], trad. di M. Nallino, pp. 39-40}}
 
==Note==