Monologion: differenze tra le versioni
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In base alla posizione che aveva assunto rispetto al problema del rapporto che deve sussistere tra [[ragione]] e [[fede]] per un buon filosofo cristiano, Anselmo riteneva prioritario credere per fede nelle verità della sacra scrittura, tentando solo poi di rafforzare tale fede con la comprensione razionale; come scrisse lui stesso, «non cerco di capire per poter credere, bensì credo per poter comprendere».<ref name=gilson_291/> Tuttavia egli riponeva una grande fiducia nella capacità della ragione umana, purché fosse fondata saldamente sulla rivelazione, di rafforzare la fede rendendone almeno parzialmente intelligibile il mistero o, se non altro, rendendo evidente la necessità di accettare tale mistero;<ref>{{cita|Gilson|pp. 292-293.}}</ref> come disse il [[medievalista]] [[francia|francese]] [[Étienne Gilson]], egli giudicava «presunzione non mettere per prima cosa la fede, [...] negligenza non fare successivamente appello alla ragione».<ref>{{cita|Gilson|p. 292.}}</ref> Tale attitudine filosofico-teologica, per cui egli non riteneva ad esempio possibile la vera comprensione dell'essenza di Dio, ma considerava possibile provare al di là di ogni dubbio la sua esistenza, è esemplificata dai due tipi di dimostrazione dell'esistenza di Dio da lui proposti nel ''Monologion'' e, in seguito, nel ''[[Proslogion]]''.<ref name=gilson_293>{{cita|Gilson|p. 293.}}</ref>
Il titolo che Anselmo diede inizialmente all'opera era ''Exemplum meditandi de ratione fidei'' ("esempio di meditazione sulla razionalità della fede"); esso venne poi cambiato, su consiglio di [[Ugo di Lione]], in ''Monoloquium de ratione fidei''; in seguito il termine latino ''Monoloquium'' venne grecizzato in ''Monologion'' (parola che però non esiste in [[Greco antico|greco]]) mentre ''de ratione fidei'' fu fatto cadere.<ref>{{cita|Pozzi|p. 63n.}}</ref>
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