Canzone al Metauro: differenze tra le versioni

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{{quote|O del grand'Appennino<br>figlio picciolo sì ma glorioso,<br>e di nome più chiaro assai che d'onde,<br>fugace pellegrino<br>a queste tue cortesi amiche sponde<br>per sicurezza vengo e per te riposo.|i primi cinque endecasillabi della canzone}}
[[File:Tasso 02.jpg|thumb|right|300px|Incisione ritraente Torquato Tasso]]
 
La '''''Canzone al Metauro''''' è una composizione poetica di [[Torquato Tasso]].
La "Canzone al Metauro", che è tratta dalle "Rime" e che segna il punto forse più alto della lirica tassiana, fu concepita nell'estate del [[1578]], durante il soggiorno del poeta a [[Fermignano]], presso [[Urbino]], ospite dell'amico Federico Bonaventura. Fuggitivo per la seconda volta da [[Ferrara]], Tasso sperava allora ardentemente d'essere preso al servizio del duca urbinate Francesco Maria della Rovere; e in quella sosta piena di incertezza la campagna marchigiana gli suggerì un componimento di grande fascino, dove il tema encomiastico dell'esordio e la successiva, convenzionale protesta contro la fortuna crudele cedono presto al prepotente affiorare dell'io soggettivo del poeta, che lamenta la propria triste condizione di esule e ricorda alcune tappe della propria tormentata biografia (il brusco distacco dalla madre, le peregrinazioni di corte in corte, la povertà e la morte del padre Bernardo). Nella "Canzone al Metauro", secondo F. Erspamer, " l'angoscia personale si confonde con quella generale, a esprimere un'alienazione e un malessere storici"; in essa " attraverso i temi dell'esilio, della fuga e della tragicità del vivere, un'esperienza fortemente autobiografica riesce a diventare esemplare"