Cesare Magati: differenze tra le versioni
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Molti studiosi hanno evidenziato il suo carattere iroso e difficile, la sua scarsa capacità di comunicazione, ma sicuramente anche una certa propensione al ragionamento e alla conversazione, oltre che alla disputa. Di lui si è parlato come di un uomo orgoglioso e ambizioso<ref>P. Fughelli E. Maraldi, http://www.messaggerocappuccino.it/index.php/in-convento/348-2013mc3-con-2</ref>, ma altri autori ne parlano come di un professore e studioso modesto e profondamente religioso<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit'', p. 74</ref>.
Pochi anni dopo Magati fu colto da una grave malattia, e così decise di darsi alla vita monastica: l'11 aprile [[1618]] fece la dichiarazione di vestizione e l'atto di professione venne compiuto l'11 aprile [[1619]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 8</ref> facendosi chiamare fra Liberato da Scandiano; da Ravenna, luogo della vestizione, si recò a [[Cesena]] e infine a Bologna, sua sede definitiva. Durante la sua vita da monaco egli non terminò la sua carriera accademica: infatti alle crtitiche del [[Sennert]] rispose componendo un secondo trattato, il ''Considerationes medicinae'' del [[1637]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 60: sebbene l'opera ebbe come autore il fratello di Cesare, Gianmbattista, si ritiene che sia stato Cesare a scriverla e il fratello a pubblicarla; infatti, avendo preso parte all'ordine dei cappuccini, ormai non poteva di norma più dedicarsi alla scrittura di opere</ref>; i suoi superiori gli ordinarono più volte di curare personalità di varie e diverse zone d'Italia. Tra i personaggi da lui curati o operati, ricordiamo: il cardinale [[
Sofferente di calcoli renali, si fece operare da un chirurgo norcino a Bologna. Quando questo gli estrasse un calcolo ''della grandezza di un uovo'' e ''trasse seco sangue e carne'', egli capì subito la sua fine proferendo le parole: ''datemi pure l'olio santo ché io sono spedito''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 8</ref>. Dopo tre giorni di atroci sofferenze morì nel convento di [[Monte Calvario (Auronzo)]], sul Colle del Belvedere<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 9</ref> il 9 settembre 1647. I suoi calcoli furono conservati per parecchi anni nel Convento dell'Ordine di [[Bologna]]. Dopo la sua morte vennero inoltre conservati in questo stesso luogo anche i suoi strumenti chirurgici (dal punto di vista artistico molto pregiati), e [[Vittorio Putti]], dopo lunghe trattative, riuscì ad acquistarli e a portarli nell'Istituto Ortopedico di Bologna.
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Il trattato ''De rara medicatione vulnerum'', diviso in due libri, uscì per la prima volta nel [[1616]] a Venezia. Nel [[1676]] uscì la seconda edizione, ancora a Venezia. Nel [[1733]] l'opera fu pubblicata anche in tedesco a [[Norimberga]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 10-11</ref>.
Il trattato è composto da un unico tomo diviso in due libri: il primo è composto da 78 capitoli e tratta le ragioni del suo nuovo metodo per la cura delle ferite, utilizzando uno stile tradizionalmente scolastico (caro al Rinascimento), prolisso, ridondante e pedante a volte<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 12</ref>; il secondo libro, suddiviso anche questo in 78 capitoli, tratta gli innumerevoli esempi medici che l'autore porta a dimostrazione del suo metodo; ovviamente la lettura è decisamente più facile<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 12</ref>. Dei 78 capitoli del primo libro, i primi 39 riguardano problemi generali sulle ferite: la loro [[sintomatologia]], il decorso e la [[prognosi]], e i vari metodi di cura impiegati nei secoli e nelle epoche precedenti. Dal quarantesimo capitolo in poi Magati inizia a discutere il proprio metodo, ed in dettaglio: dal capitolo 47 al 52 di varie specie di ''minutio sanguinis'', come la venesezione e il sanguisugio ([[salasso]]); dal 53 al 56 dei [[purganti]] (del loro uso e della loro qualità); infine pochi altri capitoli delle [[sutura chirurgica|suture chirurgiche]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 26-28</ref>.
Dei 78 capitoli del secondo libro ben 48 riguardano le ferite della testa, pochi altri capitoli le ferite del volto, del naso, della lingua, della [[cavità pleurica]] (capp. 66-68), delle anse intestinali (cap. 69) e infine le ferite delle [[articolazioni]] (capp. 71-72). Interessante è anche il capitolo 38 che descrive gli strumenti utilizzati dal chirurgo, come lo ''scalpello abrasorio'', quello ''excisorio'', quello ''lenticulato'', il ''malleo plumbeo''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 28-31</ref>. Oltre ai due libri già menzionati, alla fine del trattato è presente in appendice il ''De vulneribus sclopo inflictis'', in cui l'autore tratta delle ferite da armi da fuoco.
Nel trattato sono molte le citazioni riportate dall'autore (a dimostrazione della sua ampia e diffusa conoscenza nella letteratura medica<ref>Capoccia, http://www.treccani.it/enciclopedia/cesare-magati_(Dizionario-Biografico)</ref>: oltre che un immenso numero di citazioni di [[Ippocrate]] e [[Galeno]] (consueti nella letteratura medica), anche [[Aulo Cornelio Celso]], [[Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio]], [[Avicenna]], [[Lanfranco da Milano]], [[Ugo Borgognoni]] e [[Teodorico Borgognoni]], [[Guy de Chauliac]], [[Girolamo Fracastoro]], [[Nicolò Fiorentino]], [[Berengario da Carpi]], [[Gabriele Falloppio]], [[Giovanni Manardo]], [[Girolamo Mercuriale]], [[Orazio Augenio]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 19-21</ref>, [[Ambroise Paré]], [[Paracelso]]<ref>L. Müster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 22-23</ref>.
Il trattato ''Considerationes medicinae'' uscì a Bologna nel [[1637]]. Comprende un unico tomo, diviso in 3 parti, più due indici finali che si riferiscono agli argomenti che doveva trattare negli altri due tomi, però mai portati a compimento. Gli argomenti del primo tomo sono essenzialmente gli stessi del ''De rara medicatione vulnerum'', in più contiene la risposta alle critiche di [[Daniel Sennert]]. Gli altri due tomi dovevano trattare la [[peste|febbre pestilenziale
== Presupposti teorici ==
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