Cesare Magati: differenze tra le versioni

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Il trattato ''De rara medicatione vulnerum'', diviso in due libri, uscì per la prima volta nel [[1616]] a Venezia. Nel [[1676]] uscì la seconda edizione, ancora a Venezia. Nel [[1733]] l'opera fu pubblicata anche in tedesco a [[Norimberga]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 10-11</ref>.
 
Il trattato è composto da un unico tomo diviso in due libri: il primo è compostoformato da 78 capitoli e tratta le ragioni del suo nuovo metodo per la cura delle ferite, utilizzando uno stile tradizionalmente scolastico (caro al Rinascimento), prolisso, ridondante e pedante a volte<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 12</ref>; il secondo libro, suddiviso anche questo in 78 capitoli, tratta gli innumerevoli esempi medici che l'autore porta a dimostrazione del suo metodo; ovviamente la lettura è decisamente più facile<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 12</ref>. Dei 78 capitoli del primo libro, i primi 39 riguardano problemi generali sulle ferite: la loro [[sintomatologia]], il decorso e la [[prognosi]], e i vari metodi di cura impiegati nei secoli e nelle epoche precedenti. Dal quarantesimo capitolo in poi Magati inizia a discutere il proprio metodo, ed in dettaglio: dal capitolo 47 al 52 di varie specie di ''minutio sanguinis'', come la venesezione e il sanguisugio (termini che a quel tempo indicavano vari tipi di [[salasso]]); dal 53 al 56 dei [[purganti]] (del loro uso e della loro qualità); infine pochi altri capitoli delle [[sutura chirurgica|suture chirurgiche]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 26-28</ref>.
 
Dei 78 capitoli del secondo libro ben 48 riguardano le ferite della testa, pochi altri capitoli le ferite del volto, del naso, della lingua, della [[cavità pleurica]] (capp. 66-68), delle anse intestinali (cap. 69) e infine le ferite delle [[articolazioni]] (capp. 71-72). Interessante è anche il capitolo 38 che descrive gli strumenti utilizzati dal chirurgo, come lo ''scalpello abrasorio'', quello ''excisorio'', quello ''lenticulato'', il ''malleo plumbeo''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 28-31</ref>.
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Sebbene l'esperienza ospedialiera sia stata importante per l'evoluzione del pensiero di Magati, essa non fu la sola ad influire sulle sue concezioni. Nonostante egli riveli espressamente nelle sue opere di rifarsi principalmente ad alcuni chirurghi pratici romani<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 16</ref>, comunque è difficile credere che non si sia basato su alcun fondamento teorico. I principali medici e studiosi ai quali le sue opere si rifanno sono: [[Girolamo Fracastoro]], [[Ambroise Parè]] e [[Paracelso]].
 
Fracastoro riteneva che l'aria (composta, secondo lui, da ''atometti'' piccolissimi e quasi invisibili) fosse nociva per la cura delle ferite nei malati (difatti, secondo lo studioso, la diffusione negli ospedali dell'[[antrace]] era da riferirsi proprio a questo)<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 17</ref>. La concezione che l'aria fosse non un alleato (idea diffusa a quel tempo tra i maggiori medici e chirurghi) ma un potente ostacolo alla guarigione delle ferite venne presa in toto da Magati a sostegno del suo metodo. Infatti, nel capitolo 53 del secondo libro del ''De medicatione vulnerum'', egliespone dicequanto sotto riportato:
{{quote|[...] l'aria s'attacca con le sue puntine acide e nitrose sulla superficie esterna dell'osso stesso, che sotto l'azione di queste particelle dell'aria si altera e diventa cariato.<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 18</ref>.|
Cesare Magati}}
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Tuttavia Fracastoro non dà precise disposizioni riguardo la cura delle ferite: per esempio a volte ammette che è conveniente estrarre dal corpo eventuali corpi estranei, altre volte ritiene che è meglio lasciare che la natura faccia il suo corso. Demanda dunque al chirurgo operante il giudizio sul da farsi, e non scrive nessun trattato specialistico sulla materia, a differenza di Magati.
 
Un altro importante chirurgo che influenzò con i suoi scritti il Magati fu [[Ambroise Parè]]: questo sosteneva che la pericolosità di una ferita non dipendeva solo dalle sue caratteristiche anatomiche (grandezza, profondità, ecc.), ma anche dalle caratteristiche intrinseche ed evidentemente soggettive dell'individuo (famoso è il caso di una leggera ferita ma quasi mortale per il re [[Carlo IX di Francia]] nei pressi di [[Rouen]])<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 22</ref>. Parè è citato da Magati principalmente nell'appendice della sua opera principale, relativamente alla cura delle ferite prodotte da armi da fuoco. Così come Parè e [[Bartolomeo Maggi]], anche Magati era dell'opinione che le armi da fuoco non ustionasseroustionavanoavvelenasseroavvelenavano il tessuto danneggiato (come credevano i chirurghi e i medici del tempo), ma che producesseroproducevano una contusione o una frattura all'interno del corpo<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 32</ref>.
 
Anche le idee del medico [[Paracelso]] influenzarono il Magati nella sua trattazione: la più importante tra queste, e anche la più oggetto di citazioni, è la ''Mumia'', ''la virtù terapeutica del cadavere umano''<ref>Pirmin Meier, ''Paracelso, medico e profeta'', p. 162</ref>, una virtù speciale che corrisponde al potere naturale dell'organismo di guarire (la cosiddetta ''vix medicatrix naturae'')<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 23</ref>. In verità Magati (alcuni autori dicono che conoscesse il tedesco<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 23</ref>) cita (nel cap. 36 del primo libro del ''De rara medicatione vulnerum'')un altro studioso e medico tedesco, [[Joseph du Chesne]], discepolo di Paracelso, che fa riferimento ad un ''Balsamo radicale'', definito come il calore del corpo umano (di cui anche Paré ne aveva parlato), presente nelle ferite e durante la malattia, e a cui se ne deve la guarigione. Sia Paracelso che il suo discepolo orientarono i loro sforzi nel cercare di realizzare artificialmente questo balsamo o principio curativo naturalmente presente nel nostro corpo ma carente nel momento del bisogno (come in una ferita).
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== Critiche ==
Le opere di Cesare Magati furono subito oggetto di critiche (alcune positive, altre ancora negative) da parte di molti studiosi. Una delle prime ragioni che portarono molti dei chirurghi e medici del tempo a disprezzare e di conseguenza a criticare la sua nuova metodologia fu sicuramente di natura economica: venendo meno l'importanza fondamentale di medicamenti e cure ripetute nel tempo, i medici non dovevanovenivano più essere ritenuti necessari per la guarigione del malato, e dunque anche il loro guadagno economico ne risentiva fortemente<ref>P. Fughelli E. Maraldi, http://www.messaggerocappuccino.it/index.php/in-convento/348-2013mc3-con-2</ref>.
 
[[Ludovico Settala]], chirurgo e medico italiano, nella sua opera principale ''Animadversionum et cautionum medicorum libri IX'' approvò appieno il metodo del Magati; infatti, esercitando la professione medica nell'[[Ospedale Maggiore di Milano]], sperimentò la differente [[prognosi]] dei feriti trattati con o senza il metodo del chirurgo ferrarese, e presentò nel suo libro un'ampia casistica di questi risultati. Settala inoltre prescriveva al chirurgo di conservare il calore naturale della parte lesa, riproponendo una teoria già per molti aspetti anticipata da Magati e Paracelso prima di lui<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 56-57</ref>.