Teoria delle catastrofi: differenze tra le versioni

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Thom evidenziò inoltre l'importanza, in questo contesto, della ''stabilità strutturale'', intesa come ''insensibilità del sistema a piccole perturbazioni'', rimarcando il fatto che tale requisito implica che il sistema stesso può essere descritto ''localmente'' da una di sette forme standard, le cosiddette [[catastrofi elementari]].
 
Nel linguaggio matematico, una catastrofe è un [[punto critico (matematica)|punto critico]] (''o stazionario, o singolare'') degenere (''o non regolare'') di una superficie ''liscia'' (ovunque derivabile) definita in uno [[spazio euclideo]] di [[dimensioni]] ''n'', in quanto a tali punti corrispondono [[Teoria delle biforcazioni|biforcazioni]] radicali nel comportamento del sistema. Nel caso ''n=2'', è facile mostrare che, per le curve lisce, si hanno solo tre tipologietipi di punti critici, ossia i punti di [[Massimo e minimo di una funzione|massimo locale]], [[Massimo e minimo di una funzione|minimo locale]] ed i punti di [[flesso]]. Mentre gli estremi locali rappresentano punti critici non degeneri, i flessi sono invece punti critici degeneri, e pertanto rappresentano altrettante catastrofi.
 
Tale nuova impostazione nell'analisi dei fenomeni complessi si basa su una constatazione teorica molto rilevante, cioè sul fatto che in un dominio definito di fenomeni, per esempio una scatola contenente diverse sostanze chimiche, in un tempo relativamente breve, si raggiungono degli equilibri dinamici, che dipendono dalle condizioni iniziali del preparato, per cui per esempio, a seconda delle dosi iniziali i possibili domini di equilibrio possono essere 2.<br />