Continuità educativa: differenze tra le versioni

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Non è ragionevole ignorare i precedenti percorsi formativi dei singoli allievi. Cancellare o sottovalutare le esperienze pregresse equivarrebbe, tra l'altro, a rinunciare a un minimo di individualizzazione dell'intervento didattico. Si aggraverebbero così le sofferenze scolastiche, notoriamente concentrate nelle classi iniziali. In definitiva, sembra ampiamente dimostrato che il non tener conto di questo aspetto centrale del problema porti al naufragio di qualunque progetto educativo.<ref>Giuseppe Iadanza, ''Continuità nell'età evolutiva'', in ''Continuità'', Editrice La Scuola, Brescia 1996, pp.13-17</ref>
 
==Continuità educativa e dispersione scolastica==
 
Il fenomeno dei ''drop out'', ossia dei ragazzi che abbandonano la scuola anzitempo, è in Italia particolarmente allarmante. Siamo infatti agli ultimi posti in Europa, con picchi di abbandono del 22-26% nel Mezzogiorno e con percentuali preoccupanti anche nel resto del Paese.<ref>Fonte: Servizio Statistico MIUR, ''La dispersione scolastica'' (giugno 2013), pp. 5-6.</ref> Ciò vuol dire che ogni anno due o tre ragazzi su dieci non tornano sui banchi di scuola. È stato calcolato tra l'altro che il costo economico di questo fenomeno in termini di PIL si aggirerebbe teoricamente intorno ai 70 miliardi di euro all'anno.<ref>''La dispersione scolastica costa 70 miliardi'', in ''Il Corriere della sera'', 1 ottobre 2013. Ricerca basata su dati della Banca d'Italia e dell'ISFOL.</ref></br>
È invece molto difficile trovare dati statistici di fonte attendibile sui risultati dell'attività di ''prevenzione'' e di ''recupero'', al di là di iniziative locali e sporadiche che si affidano, oltre che alla scuola, anche ad agenzie educative presenti sul territorio. Dal momento che le percentuali dell'abbandono coincidono con quelle dell'insuccesso scolastico e si concentrano soprattutto nelle classi iniziali della scuola secondaria di primo e di secondo grado (in breve, scuole medie e superiori), salta agli occhi l'esigenza del raccordo tra i rispettivi cicli.</br>
Non mancano gli strumenti normativi, come quello che istituì, in data ormai remota, il ''Fascicolo dell'alunno'' che dovrebbe correttamente accompagnarlo lungo tutto il percorso formativo.<ref>Il "fascicolo personale dell'alunno" fu istituito con Decreto Ministeriale 16.12.1992, in applicazione della legge 5 giugno 1990, n. 148. Veniva così istituzionalizzata la continuità come processo educativo.</ref>. Tuttavia il contrasto al fenomeno della dispersione e la sua conseguente riduzione non può limitarsi all'uso più o meno corretto del fascicolo personale, ma richiede un dialogo basato più sulla sensibilità pedagogica che non sui vincoli normativi. Ad esempio, mentre è abbastanza diffuso l'uso delle prove d'ingresso e di uscita, sembra si badi assai meno a coinvolgere gli alunni nel progetto, a motivarli nell'apprendimento e ad individualizzare in qualche misura gli interventi in rappporto ai bisogni dei singoli.<ref>Giuseppe Iadanza, ''Tempi, procedure e strumenti'', in ''Continuità'', cit., pp. 61-105.</ref> Qualche studio recente si sofferma opportunamente sul problema del disagio scolastico in età adolescenziale.<ref>Giovanni Mancini, ''L'intervento sul disagio scolastico in adolescenza'', Angeli, Milano 2006.</ref></br>
 
==Continuità educativa e orientamento==