Cesare Magati: differenze tra le versioni

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Cesare Magati nacque il 14 luglio 1579 a [[Scandiano]] da genitori borghesi: il padre, di una famiglia di proprietari terrieri<ref>Capoccia, http://www.treccani.it/enciclopedia/cesare-magati_(Dizionario-Biografico)</ref>, si chiamava Giorgio Magati e la madre si chiamava Claudia Mattacoda<ref>Capoccia, http://www.treccani.it/enciclopedia/cesare-magati_(Dizionario-Biografico)</ref>.
 
Le buone condizioni economiche della famiglia gli permisero di intraprendere abbastanza precocemente gli studi. Dal [[1596]] studiò Medicina a [[Bologna]], dove ebbe come maestri [[Giulio Cesare Claudini]], [[Flaminio Rota]] e [[Giambattisti Cortesi]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''Cesare Magati'', 1968, p. 2</ref>. Giovanissimo si laureò in Medicina e Filosofia il 28 marzo 1597<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 2</ref>. Essendo appena diciottenne, per impratichirsi un po', decise di recarsi a [[Roma]] all'Ospedale S. Maria della Consolazione per osservare in che modo venissero curati in quel [[nosocomio]] i malati e i feriti. Qui, accanto a medici illustri a quel tempo come [[Ludovico Settala]]<ref>Capoccia, http://www.treccani.it/enciclopedia/cesare-magati_(Dizionario-Biografico)/</ref>, sebbene prima come osservatore poi in maniera più diretta, fece pratica di un nuovo metodo per la cura delle ferite. L'esperienza medico-specialistica che Magati acquisì in questo ospedale gli sarà molto utile in seguito, in particolare nella stesura delle sue opere<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 2</ref>.
 
[[File:Targa casa di Magati.jpg|thumb|Targa in ricordo di Magati, presente sulla sua casa ancora visibile oggi a Scandiano]]
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===Attività nell'Ospedale S. Anna di Ferrara e ultimi anni===
Nel [[1613]] iniziò dunque la sua attività nell'Ospedale in cui ebbe l'opportunità di sperimentare nuovamente il suo metodo. TuttaviaNell'ambiente alspesso chiuso dell'ospedale, restio all'accettazione di nuove pratiche, Magati fu oggetto di discriminazione e denigrazione; in particolare gli furono imposte incombenze piuttosto onerose, che spesso egli non riusciva a sopportare.: Sebbenead venisse chiamato nell'ospedale ''Magà''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 5</ref>,esempio gli amministratori pretendevanogli cheprescrivevano eglil'obbligo avesse dovutodi recarsi a ''buonissima ora'' per medicare gli infermi. Nel [[1614]] furono inoltre approvati altri Statuti<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 8</ref>, i quali prescrivevanoregolamentavano alpedissequamente il comportamento del chirurgo diin ospedale: ad esempio essere presente un'ora prima dell'arrivo dei medici-fisici<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 6</ref>. Altri statuti prevedevano l'obbligo da parte del chirurgo die medicare assiduamente i propri malati, avvertimento sicuramente indirizzato anche a Magati. Secondo alcuni autori<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 6</ref> Magati mal sopportava queste critiche, anche perché egli non era un semplice barbiere-chirurgo, ma aveva acquisito col tempo anche conoscenze nella medicina-fisica<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 2: ''le sue esperienze traumatologiche s'arricchiscono notevolmente, come si approfondisce il suo sapere diagnostico terapeutico anche nel campo delle malattie fisiche''</ref>.
[[File:Casa di Magati.jpg|thumb|La casa di Cesare Magati a Scandiano]]
In questi anni cominciò l'elaborazione delle opere che lo resero celebre. Il 15 dicembre [[1615]], nel giro di 3 anni, terminò il trattato intitolato ''De rara medicatione vulnerum'', la cui prima edizione vide la luce nel 1616 a [[Venezia]].
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Molti studiosi hanno evidenziato il suo carattere iroso e difficile, la sua scarsa capacità di comunicazione, ma sicuramente anche una certa propensione al ragionamento e alla conversazione, oltre che alla disputa. Di lui si è parlato come di un uomo orgoglioso e ambizioso<ref>P. Fughelli E. Maraldi, http://www.messaggerocappuccino.it/index.php/in-convento/348-2013mc3-con-2</ref>, ma altri autori ne parlano come di un professore e studioso modesto e profondamente religioso<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit'', p. 74</ref>.
 
Pochi anni dopo Magati fu colto da una grave malattia, e così decise di darsi alla vita monastica: l'11 aprile [[1618]] fece la dichiarazione di vestizione e l'atto di professione venne compiuto l'11 aprile [[1619]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 8</ref> facendosi chiamare fra Liberato da Scandiano; da Ravenna, luogo della vestizione, si recò a [[Cesena]] e infine a Bologna, sua sede definitiva. Durante la sua vita da monaco egli non terminò la sua carriera accademica: infatti alle crtitiche deldi [[Daniel Sennert]] rispose componendo un secondo trattato, il ''Considerationes medicinae'' del [[1637]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 60: sebbene l'opera ebbe come autore il fratello di Cesare, GianmbattistaGianbattista, si ritiene che sia stato Cesare a scriverla e il fratello a pubblicarla; infatti, avendo preso parte all'ordine dei cappuccini, ormai non poteva di norma più dedicarsi alla scrittura di opere</ref>; i suoi superiori gli ordinarono più volte di curare personalità di varie e diverse zone d'Italia. Tra i personaggi da lui curati o operati, ricordiamo: il cardinale [[Rinaldo d'Este (1618-1672)|Rinaldo d'Este]], [[Alfonsino d'Este]] (figlio del duca [[Francesco I d'Este]]), Principee un certo [[Niccolò d'Este]], probabilmente in figlio di [[Cesare d'Este]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 8</ref>.
 
Sofferente di calcoli renali, si fece operare da un chirurgo norcino a Bologna. Quando questo gli estrasse un calcolo ''della grandezza di un uovo'' e ''trasse seco sangue e carne'', egli capì subito la sua fine proferendo le parole: ''datemi pure l'olio santo ché io sono spedito''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 8</ref>. Dopo tre giorni di atroci sofferenze morì nel convento di [[Monte Calvario (Auronzo)]], sul Colle del Belvedere<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 9</ref> il 9 settembre 1647. I suoi calcoli furono conservati per parecchi anni nel Convento dell'Ordine di [[Bologna]]. Dopo la sua morte vennero inoltre conservati in questo stesso luogo anche i suoi strumenti chirurgici (dal punto di vista artistico molto pregiati), e alcuni secoli dopo [[Vittorio Putti]], dopo lunghe trattative, riuscì ad acquistarli e a portarli nell'Istituto Ortopedico di Bologna.
 
==Descrizione delle sue opere==
== Le opere principali==
Il trattato ''De rara medicatione vulnerum'', diviso in due libri, uscì per la prima volta nel [[1616]] a Venezia. Nel [[1676]] uscì la seconda edizione, ancora a Venezia. Nel [[1733]] l'opera fu pubblicata anche in tedesco a [[Norimberga]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 10-11</ref>.
 
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Un altro importante chirurgo che influenzò con i suoi scritti il Magati fu [[Ambroise Parè]]: questo sosteneva che la pericolosità di una ferita non dipendeva solo dalle sue caratteristiche anatomiche (grandezza, profondità, ecc.), ma anche dalle caratteristiche intrinseche ed evidentemente soggettive dell'individuo (famoso è il caso di una leggera ferita ma quasi mortale per il re [[Carlo IX di Francia]] nei pressi di [[Rouen]])<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 22</ref>. Parè è citato da Magati principalmente nell'appendice della sua opera principale, relativamente alla cura delle ferite prodotte da armi da fuoco. Così come Parè e [[Bartolomeo Maggi]], anche Magati era dell'opinione che le armi da fuoco non ustionavano né avvelenavano il tessuto danneggiato (come credevano i chirurghi e i medici del tempo), ma producevano una contusione o una frattura all'interno del corpo<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 32</ref>.
 
Anche le idee del medico [[Paracelso]] influenzarono il Magati nella sua trattazione: la più importante tra queste, e anche la più oggetto di citazioni, è la ''Mumia'', ''la virtù terapeutica del cadavere umano''<ref>Pirmin Meier, ''Paracelso, medico e profeta'', Salerno Editrice, p. 162</ref>, una virtù speciale che corrisponde al potere naturale dell'organismo di guarire (la cosiddetta ''vix medicatrix naturae'')<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 23</ref>. In verità Magati (alcuni autori dicono che conoscesse il tedesco<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 23</ref>) cita (nel cap. 36 del primo libro del ''De rara medicatione vulnerum'')un altro studioso e medico tedesco, [[Joseph du Chesne]], discepolo di Paracelso, che fa riferimento ad un ''Balsamo radicale'', definito come il calore del corpo umano (di cui anche Paré ne aveva parlato), presente nelle ferite e durante la malattia, e a cui se ne deve la guarigione. Sia Paracelso che il suo discepolo orientarono i loro sforzi nel cercare di realizzare artificialmente questo balsamo o principio curativo naturalmente presente nel nostro corpo ma carente nel momento del bisogno (come in una ferita).
 
Nell'esposizione del suo metodo, Magati parte dunque da una concezione naturalistica della medicina. Secondo alcuni<ref>P. Fughelli E. Maraldi, http://www.griseldaonline.it/camporesi/corpo/conversando-su-caesar-magatus.html</ref>, infatti è da considerare rivoluzionario per quell'epoca questo aspetto, perché era diffuso al suo tempo la concezione che la medicina dovesse affidarsi ad altre materie di studio, come la [[cosmologia]]; questa veniva utilizzata dai medici soprattutto in campo diagnostico.
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Durante la lunga e fruttifera attività ospedaliera, Magati sperimentò e comprovò un nuovo metodo per la cura delle ferite. Qui di seguito Magati racconta un caso particolare, riportato nel secondo libro del ''De medicatione vulnerum'':
 
{{quote|Mentre sto scrivendo queste cose, mi è stata fatta vedere una piaga cicatrizzata in una coscia di un'adolescente, che finché, per lo spazio di sei mesi veniva medicata giornalmente, non poté mai coprirsi di cicatrice, per quanto non si tralasciasse nulla dei dettami dell'arte. E pure, da quest'ulcera, finché la medicai quotidianamente, ora una, ora due volte al dì, e che secondo la quantità degli escremementiescrementi vi applicai gli opportuni medicamenti, pure sempre secerneva una gran copia di escreati purulenti. Infastidito a causa di questa lunga cura, incominciai a scoprire la ferita a giorni alterni. In occasione della prima e della seconda medicazione riscontrai una diminuzione della secrezione in confronto di prima, quando cioè lo scoprivo ogni 24 ore. Inoltre trovai la piaga meglio colorata. Giudicai perciò di aver trovata la vera via, di conseguenza differii a quattro giorni la sequela delle medicature. Così continuando a medicare la piaga ogni quattro giorni, la faccenda procedette in modo felice, tanto che in breve tempo la portai alla completa guarigione. Lo stesso riuscii ad ottenere spessissimo in altri casi, con felicissimo successo.<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 36</ref>|Cesare Magati}}
 
Durante l'epoca di Magati i chirurghi curavano le ferite utilizzando garze, bende o altri tipi di medicamenti cambiati molto di frequente (anche ogni 2 o 3 giorni). Questa metodologia oltre ad essere basata su supposizioni teoriche antiquate, risultava anche estremamente dolorosa per i pazienti. Partendo dalla sua concezione particolare sulla natura delle ferite, Magati riteneva che le ferite dovessero essere trattate in modo che i medicamenti apportati dal chirurgo fossero i meno invasivi possibile e che fossero cambiati più raramente (una ''medicazione rara e dolce della ferita''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit. '', p. 12</ref>). Le faldelle di cotone, utilizzate in maniera impropria dai chirurghi del tempo, secondo lui dovevano essere preposte ad aiutare il deflusso dei fluidi creatisi all'interno della ferita, con l'accortezza però di evitare che la faldella stringa troppo la ferita. Era inoltre contrario all'uso delle ''teste'', filamenti di lino che erano usati sì per la fuoriuscita di pus dalla ferita, ma che finivano troppo spesso per tenerla aperta a lungo<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 14</ref>.
 
Magati ipotizzava l'uso di certe ''cannule''<ref>L. Müster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 13</ref> per far defluire facilmente il pus prodottosi in una ferita ristagnante, senza però mai chiudere del tutto l'apertura della ferita stessa. Il sistema delle teste era ammesso da Magati nel caso di emorragie, avendo però l'accortezza di rimuoverle quando la ferita fosse guarita in modo da evitare continue riaperture<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 14</ref>. Magati sosteneva, a differenza dei chirurghi del suo tempo, che fosse necessario che i due lembi della ferita si rimarginassero al più presto, senza ostacolare dunque il naturale decorso della ferita. Nel suo trattato sono riportati molti esempi che riguardano le ossa del cranio e della testa, con le relative ferite che le riguardano<ref>MunsterL. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 35-53</ref>.
 
== Critiche ==
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[[Ludovico Settala]], chirurgo e medico italiano, nella sua opera principale ''Animadversionum et cautionum medicorum libri IX'' approvò appieno il metodo del Magati; infatti, esercitando la professione medica nell'[[Ospedale Maggiore di Milano]], sperimentò la differente [[prognosi]] dei feriti trattati con o senza il metodo del chirurgo ferrarese, e presentò nel suo libro un'ampia casistica di questi risultati. Settala inoltre prescriveva al chirurgo di conservare il calore naturale della parte lesa, riproponendo una teoria già per molti aspetti anticipata da Magati e Paracelso prima di lui<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 56-57</ref>.
 
A parte Settala e pochi altri estimatori, Magati fu duramente criticato da molti suoi contemporanei (come l'italiano [[Giovanni Nardi]] nel ''De prodigiosis vulnerum curationibus''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 63</ref>), ed egli quasi mai ebbe la possibilità di rispondere a queste pesanti critiche, anche perché trascorse la parte finale della sua vita in convento<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 58</ref>. Tra queste critiche negative spicca quella del tedesco [[Daniel Sennert]] (nel paragrafo ''De Caesaris Magati et Ludovici Septalii curandi vulnera methodi judicium'' dell'opera ''Practica medicinae liber primus''). Magati, a quel tempo frate cappuccino, redasse in risposta un trattato, ''Considerationes medicinae'', nel quale egli colpevolizzò Sennert per il fatto che questo non lesse mai direttamente la sua opera<ref>Lo studioso Dodart dirà che la scarsa conoscenza dell'opera magatiana sia dovuta alla sua stesura in un latino complesso e articolato, poco scorrevole, e dunque anche alla estrema rarità dell'opera, MunsterL. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 68</ref>.
 
Autore di critiche negative a Sennert e stimatore di Magati fu [[Johann Vesling]]<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 64</ref>.
 
Il chirurgo [[Agostino Belloste]] (facente parte dell'esercito francese in [[Italia]]) pubblicò nel [[1696]] il ''Chirurgien de l'Hospital'' nel quale trattò un nuovo metodo per la cura delle ferite<ref>MunsterL. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 65</ref>. Sebbene l'argomento sia praticamente lo stesso di quello di Magati<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 66: medicare dolcemente, presto e rare volte</ref>, lo stile è molto diverso: più scorrevole e redatto in un formato tascabile<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 65</ref>. Traduttore della versione italiana dell'opera fu [[Dionisio Andrea Sancassani]], che modificò il titolo in ''Il chirone in campo'' (avendo notato la somiglianza con l'opera di Magati<ref>L. Münster G. Romagnoni, ''op. cit.'', p. 66</ref>), da un lato inquinando lo stile leggero e scorrevole con un linguaggio prolisso e pedante, dall'altro facendo conoscere di più al pubblico italiano i meriti di Cesare Magati. [[Dodart Denis]], membro dell'Accademia delle Scienze e della facoltà di Medicina parigina, il 30 settembre [[1695]] scrisse testualmente:
{{quote|Mi è parso questo una conferma di quanto scrisse Cesare Magati, medico e lettore a Ferrara, nell'opera stampata nel 1616 ''De rara medicatione vulnerum''. Servirà questo, se non altro, per additarne la felice scoperta di un metodo di cura delle ferite meno doloroso, più sicuro e più presto dell'ordinario, medicandole non così spesso e scansando le taste.<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 68</ref>.|Denis Dodart}}
 
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Altri estimatori di Magati del [[XVIII secolo]] furono [[Francesco Maria Nigrisoli]] e [[Giuseppe Lanzoni]].
 
Più recenetemente, i lavori del Ghibellini e di [[Carlo Castellani]] contribuirono ad aumentare la conoscenza dell'attività clincico-medica del Magati (tuttora in parte sconosciuta)<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 71 </ref>.
 
==Opere principali==