Continuità educativa: differenze tra le versioni
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È pur vero che la formazione della persona si sviluppa lungo tutta la sua vita, da cui deriva l'istanza dell'educazione continua o permanente. Tuttavia la complessità psicopedagogica dell'età evolutiva comporta la necessità di concentrare l'impegno educativo nel periodo della preadolescenza e dell'adolescenza. Con tutte le note problematiche che accompagnano la turbolenza di questa età difficile.<ref>Guido Petter, ''Problemi psicologici della preadolescenza e dell'adolescenza'', La Nuova Italia, Firenze 1972</ref></br>
Ne consegue intanto l'esigenza e l'opportunità di raccordare tra di loro i progetti educativi da elaborare per le varie fasce scolastiche, con particolare attenzione alle classi iniziali di un ciclo e a quelle terminali del precedente. Tale raccordo è ovviamente irrealizzabile senza un minimo di dialogo tra i gradi contigui. Esso va perseguito - come rilevano gli studiosi più attenti al fattore ''cambiamento'' che è implicito nel concetto di continuità - non tanto sul piano metodologico, quanto su quello dell'informazione reciproca. Le metodologie, infatti, non possono che differenziarsi in rapporto ai bisogni e alle risorse dei singoli stadi dell'età evolutiva. Basti pensare alla didattica della [[''
Non è ragionevole ignorare i precedenti percorsi formativi dei singoli allievi. Cancellare o sottovalutare le esperienze pregresse equivarrebbe, tra l'altro, a rinunciare a un minimo di individualizzazione dell'intervento didattico. Si aggraverebbero così le sofferenze scolastiche, notoriamente concentrate nelle classi iniziali. In definitiva, sembra ampiamente dimostrato che il non tener conto di questo aspetto centrale del problema porti al naufragio di qualunque progetto educativo.<ref>Giuseppe Iadanza, ''Continuità nell'età evolutiva'', in ''Continuità'', Editrice La Scuola, Brescia 1996, pp. 13-17</ref>
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