Giuseppe D'Andrea: differenze tra le versioni

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All'età di ventisei anni fu eletto al Consiglio Provinciale di Benevento del quale fu anche Presidente sino al 1892.
 
Nel 1892 fu eletto deputato al Parlamento. Sostenitore di [[Sidney Sonnino]], capeggiava il ''partito di sopra'' che a [[Cerreto Sannita]] era opposto al ''partito di sotto'', stretto attorno all'onorevole [[Antonio Venditti]], [[Giovanni Giolitti|giolittiano]]. Nel 1902 gli uomini del Venditti al grido di "è o non è, viva Venditti", occuparono la sala delle votazioni impedendo agli avversari di votare e scatenando le vive proteste del D'Andrea che, alla [[Camera dei deputati]] (tornata del 30 marzo 1903), espose le sue lamentele al [[Giovanni Giolitti|Giolitti]] che rispose affermando: "Sulle elezioni di Cerreto [...] sono i costumi che bisogna cambiare"<ref>Renato Pescitelli, ''Pietro Paolo Fusco nella Cerreto del primo <nowiki>'</nowiki>900'', A.B.E.T.E., 1969.</ref>.
 
Nonostante gli episodi di violenza esistenti fra i due candidati cerretesi, Giuseppe D'Andrea fu rieletto alla Camera per altre tre legislature (la diciannovesima, la ventesima e la ventunesima) nelle quali pronunciò diversi discorsi sulle spese di giustizia, sulla pubblica istruzione, sui lavori pubblici e sulla politica di Giolitti.
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Nel 1904 si ritirò dalla vita politica per poi essere nominato nel 1910 senatore del Regno su proposta del Sonnino durante i suoi cento giorni di governo. Nel Senato intervenne più volte in merito all'ordinamento giudiziario, alle ricerche minerarie del Mezzogiorno e all'ordinamento dell'Istituto Orientale di Napoli.
 
Con l'avvento del [[fascismo]] fu nominato membro della Commissione permanente d'istruzione dell'Alta Corte di Giustizia che doveva giudicare il quadrumviro [[Emilio De Bono]], senatore e capo della [[MVSNMilizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]], sulle accuse a lui rivolte sulle responsabilità nel [[delitto Matteotti]] e nelle aggressioni contro altri politici antifascisti.
 
Il D'Andrea accettò l'incarico ma dopo le prime sedute, a causa della sua volontà di fare luce effettivamente sulle vicende, ricevette un avviso anonimo scritto su carta intestata della Camera dei Deputati: