Metilde Viscontini Dembowski: differenze tra le versioni

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|AnnoMorte = 1825
|Attività = patriota
|Epoca = XIX secolo
|Nazionalità = italiana
|PostNazionalità = , affiliata alla ''[[Società dei Federati]]''. Viene ricordata anche per l'amore non corrisposto suscitato nello scrittore francese [[Stendhal]]
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== Biografia ==
[[File:Kauffmann Elena Bianca Viscontini.jpg|thumb|left|200px|[[Angelika Kauffmann]]: ritratto di Bianca Ferrario, nonna materna di Metilde, con la figlia Elena Viscontini, ca 1772]]
Elena Maria Metilde<ref>Questi i suoi nomi registrati all'anagrafe parrocchiale: in particolare risulta Metilde, e non Matilde, come spesso viene chiamata. Cfr. M. Boneschi, ''La donna segreta'', 2010, p. 22.</ref> fu la seconda figlia di Carlo Viscontini e di Luigia Marliani. La primogenita Maria Beatrice era nata nel [[1788]]; seguiranno nel [[1793]] Carlo Ercole e nel [[1795]] l'ultima figlia Maria Bianca Elena.
 
I Viscontini erano una famiglia dell'alta borghesia milanese che si arricchita con il commercio dei tessuti, aveva investito i profitti in terre e palazzi della [[Lombardia]] e del [[Canton Ticino]], e aveva stabilito proficue relazioni matrimoniali, come Elena Viscontini, zia di Metilde, che aveva sposato il ricchissimo commerciante Giovanni Battista Milesi.
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=== La separazione ===
[[File:Anna Fjodorovna orosz nagyhercegné.jpg|thumb|150px|Julie di Sassonia Coburgo]]
Metilde, stanca delle sue violenze, a luglio lo lasciò e trovò ospitalità presso il fratello Ercole. La brutalità del generale aveva continuato a consumarsi entro le mura domestiche, e la cosa era risaputa. L'abbandono della casa coniugale fu così spiegato dall'amica [[Teresa Casati|Teresa Confalonieri]]: « La moglie del generale Dembowschi è fuggita da suo marito si dice per i cattivi trattamenti che il medesimo le faceva subire ».<ref>Lettera a Giulio Confalonieri del luglio 1814, in F. Confalonieri, ''Carteggio'' (a cura di G. Gallavresi), Milano 1910, vol. I, p. 228</ref> Chiesta la separazione dal marito, nel marzo del [[1815]] partì con il figlio più piccolo per la [[Svizzera]]. Grazie alle raccomandazioni dei suoi parenti, Metilde fu accolta a [[Berna]] dai coniugi Beuther: il signor Beuther era un banchiere, la moglie Anne era sorella di [[Karl Ludwig von Haller]], che faceva parte del Gran Consiglio della Repubblica. Nella vasta cerchia delle loro amicizie rientrava la granduchessa [[Giuliana di Sassonia-Coburgo-Gotha|Julie di Sassonia-Coburgo-Sachfeld]], sorella del duca [[Ernesto I di Sassonia-Coburgo-Gotha|Ernesto]] e già cognata dello zar [[Alessandro I di Russia|Alessandro I]] in quanto moglie separata del granduca Costantino.
 
Le autorità cittadine raccolsero informazioni sul conto di Metilde. Un rapporto del [[1816]] del procuratore di Berna riferisce le dicerie circolanti a Milano, secondo le quali ella avrebbe avuto, quando il marito era in Spagna, « con un'altra persona un qualche intrigo amoroso di cui restarono delle conseguenze ».<ref>Michel Crouzet, ''Stendhal'', 1990, p. 381.</ref>
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Forse, come sospettava Stendhal, Metilde aveva una relazione con il conte Giuseppe Pecchio, ed entrambi erano affiliati alla ''Società dei Federati'', un circolo cospirativo legato ai liberali piemontesi, che si proponeva di suscitare un'[[Moti del 1820-1821|insurrezione]] a Milano contando sull'appoggio del [[Carlo Alberto di Savoia|principe di Carignano]]. Federati erano quasi tutti gli amici di Metilde, Federico Confalonieri e la moglie Teresa Casati, Giuseppe Vismara, [[Giovanni Arrivabene]], Pietro Borsieri, [[Benigno Bossi (patriota)|Benigno Bossi]], Gaetano de Castilla, i cugini [[Emanuele Marliani]] e Bianca Milesi, Camilla Besana Fé, Maria Frecavalli. Le donne affiliate erano chiamate « maestre giardiniere ».
 
A seguito della denuncia di Carlo de Castilla, fratello di Gaetano, Confalonieri fu arrestato il 13 dicembre [[1821]] e fece i nomi dei complici, tra i quali figuravano Metilde e Stendhal, allora già rientrato in Francia. Metilde fu arrestata il 24 dicembre [[1821]], la sua casa fu perquisita e vi furono trovate lettere di Giuseppe Vismara, allora rifugiato a [[Torino]], nelle quali lei risultava il tramite di spostamenti di denaro tra un fratello di Giuseppe Pecchio e lo stesso Vismara.
 
Non avendo ammesso nulla, fu rilasciata il giorno dopo ed ebbe così il tempo di accordarsi con il Pecchio per dare un'innocua giustificazione alle contestazioni degli inquirenti, che la interrogarono nuovamente il 26 dicembre senza poter raggiungere prove sufficienti di un suo coinvolgimento nella congiura. Fu messa comunque per un breve periodo agli arresti domiciliari.<ref>B. Pincherle, « Metilde nel processo dei carbonari », in ''In compagnia di Stendhal'', Milano 1967, p. 185</ref>
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== Bibliografia ==
* Bruno Pincherle, « Metilde nel processo dei carbonari », ''In compagnia di Stendhal'', Milano, All'Insegna del Pesce d'Oro, 1967, pp. &nbsp;147 e ss.
* Adolfo Jenni, ''Metilde Dembowski Viscontini in Svizzera e il Foscolo a Berna'', Milano, Casa del Manzoni, 1958
* Annie Collet, ''Stendhal et Milan: de la vie au roman'', I-II, Parigi, J. Corti, 1986-1987 <small>ISBN 2-7143-0155-X, ISBN 2-7143-0187-8</small>