Total factor productivity: differenze tra le versioni
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A partire dal contributo di [[Robert Solow]] (1957), il calcolo della TFP venne messo in relazione alla [[funzione di produzione]] e alla teoria neoclassica della crescita. In particolare, Solow dimostrò come il tasso di crescita della TFP calcolato come la differenza fra l’[[indice di Divisia]] dell’output e l’indice di Divisia degli input risulta uguale al [[progresso tecnico]] ''Hicks-neutral'', scorporato dai fattori di produzione e che lascia invariati i rapporti fra le [[produttività marginale|produttività marginali]] dei singoli fattori.
Dopo diversi studi applicati alla fine degli anni 60 e nella prima metà degli anni 70,<ref name="nota_dibattito"> Da ricordare a tale proposito l’aspro dibattito tra Jorgenson & Griliches (1967) e Denison (1972) circa la presunta tendenza della TFP a scomparire, essendo questa in fondo un residuo non spiegato, laddove si tenga conto di tutti i fattori che possono incidere sull’incremento della produzione.
</ref> negli anni 80 iniziò negli Stati Uniti una misurazione sistematica a livello settoriale della TFP, sotto la denominazione di '''MFP''' ('''''Multifactor productivity'''''), da parte del ''[[National Bureau of Economic Research]]'' (NBER) (cfr. ad es. Gullickson & Harper, 1987).<ref name="nota_numeri_indice"> La larga diffusione degli studi di TFP negli anni 80 fu in parte dovuta anche agli sviluppi in materia di numeri indice. In particolare, Diewert (1976) riuscì a dimostrare che l’utilizzo dell’[[indice di Törnqvist]] per approssimare in ambito discreto l’indice di Divisia fornisce una misura esatta del "residuo" laddove la sottostante funzione di produzione sia una [[funzione di produzione translogaritmica|translogaritmica]]. Inoltre, poiché la translogaritmica può essere considerata un’approssimazione al secondo ordine di una qualsiasi funzione di produzione, l’indice di Törnqvist sembra così dare buoni risultati anche laddove la sottostante funzione di produzione abbia una forma funzionale diversa.
</ref> Negli anni 90 gli studi sulla TFP si sono moltiplicati. A questi si sono aggiunti gli studi con approccio [[econometria|econometrico ]] all’analisi della produttività, come ad esempio la ''[[Stochastic Frontier Analysis]]'' (SFA) (Battese & Coelli, 1992, 1995; Coelli et al., 2005), e quelli che applicano la [[programmazione lineare]] per la stima della funzione di produzione, come la ''[[Data Envelopment Analysis]]'' (DEA) (Cooper et al., 2000).
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Essendo ormai largamente condiviso e accettato l’uso di misure di produttività totale dei fattori, gli sforzi degli ultimi anni sembrano essere nel senso di:
# elaborare metodi condivisi di misurazione dello stock di [[capitale]], dei servizi da capitale e del loro costo;<ref name="nota_capitale"> In tal senso sembra andare il manuale recentemente pubblicato dall’OCSE (2001).
</ref> # migliorare gli indici di quantità per tenere conto dei miglioramenti qualitativi dei beni attraverso la creazione di [[indici edonistici di prezzo]] (Triplett, 2004).
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Negli anni 60, dato il collegamento esplicito posto da Solow (1957) con la funzione di produzione aggregata e con l’ipotesi di [[progresso tecnico]] neutrale ''à la'' [[John R. Hicks|Hicks]], la TFP venne investita, in quella che è successivamente divenuta famosa come la ''Cambridge capital controversy'', dalle critiche che colpirono queste ultime. In particolare, da un lato, si negava in nuce la possibilità di utilizzare misure aggregate del capitale e la tendenza all’uguaglianza tra tasso di rendimento del capitale e [[produttività marginale]] dello stesso, e tutto ciò minava alle basi la funzione di produzione aggregata neoclassica formulata in termini di lavoro e capitale; dall’altro, si criticava la concezione del progresso tecnico, propria del primo Hicks (1964) e dei neoclassici, che distingueva spostamenti lungo la funzione di produzione da spostamenti della funzione stessa.
Di diversa natura sono state le critiche di Read (1968), Rymes (1971, 1972, 1983), Cas & Rymes (1991) e Durand (1996). In particolare, nei suoi lavori pionieristici [[Thomas K. Rymes]] mise in evidenza come l’errore di trattare il capitale come un fattore produttivo scarso, al pari di lavoro e terra, assunzione implicita nella concezione di progresso tecnico Hicks-Meade-Solow, invece di un bene riproducibile nella riproduzione del quale si trasferiscono pertanto gli incrementi di produttività conseguiti dal sistema, finisca per condurre a risultati a volte paradossali. Tra questi, il fatto che la distinzione tra progresso tecnico incorporato e scorporato, l’unico catturato dalla TFP, riposi in ultima istanza sulla possibilità di "incorporarlo" nel capitale a costo zero. La conseguenza è che ridefinizioni "statiche" di cosa è e cosa non è capitale inevitabilmente modificano il tasso stimato della produttività.<ref name="nota_rymes"> Così, ad esempio, Rymes osserva che, considerando le spese in [[Ricerca e sviluppo]] come esclusivamente spese in capitale fisico, invece che spese correnti, la TFP necessariamente diminuisce (Rymes, 1983, p.305). Rymes mostra anche come, nel caso semplificato di due economie in equilibrio di lungo periodo che sperimentassero lo stesso tasso di progresso Harrod-neutral, si osserverebbero TFP differenti qualora vi fossero differenze nelle [[elasticità di output]] del lavoro (Rymes, 1971, p.84).
</ref> Un ulteriore difetto è la stretta dipendenza della TFP dal livello assunto di "lordità" (''grossness'') dell’output, difetto messo in luce recentemente anche da Gullickson & Harper (1999) e Balk (2003). Così ad esempio, la TFP calcolata sulla base del valore aggiunto è necessariamente maggiore di quella calcolata sulla base del cosiddetto [[output settoriale]],<ref name="nota_output_settoriale"> Per ''sectoral output'' si intende la produzione lorda settoriale al netto delle transazioni intraindustriali.
</ref> che è a sua volta maggiore o uguale di quella calcolata sulla base della produzione lorda. Inoltre, essendo la relazione tra la TFP basata sul valore aggiunto (<math>\ \pi_{VA}</math>) e quella basata sulla produzione lorda (<math>\ \pi_{KLEMS}</math>) la seguente: :<math>\pi_{VA} = (1 + \frac{M}{VA})\ \pi_{KLEMS}</math>
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==Note==
<references/>
==Bibliografia==
* Abramovitz, M. (1956) Resource and output trends in the United States since 1870, ''American Economic Review'', 46(2), pp. 5–23;
* Balk, M. (2003) On the relation between gross-output and value-added based productivity measures: The importance of the Domar factor, Working paper, Centre for Applied Economic Research;
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