Favor debitoris (principio generale): differenze tra le versioni

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L'espressione ''Favor Debitoris'', come si può facilmente dedurre dalla parola stessa, sta a indicare lo sbilanciamento dell'ordinamento giuridico a tutela del [[Debitore]].
{{A|da rivedere; il principio del favor debitoris, tutt'altro che pacifico nella sua effettiva sussistenza, non determina un rapporto paritario fra creditori e debitori, ma esprime una chiara preferenza per questi ultimi|diritto|ottobre 2006|{{Utente:*Raphael*/Firma}} 14:49, 24 ott 2006 (CEST)}}
Il principio del '''favor debitoris''' è un principio non scritto ma immanente al sistema, secondo cui il rapporto fra debitori e creditori deve essere un rapporto paritario, sostanzialmente neutro nei confronti sia degli uni che degli altri.
 
==Origine storica==
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Dalla Relazione al [[Codice civile]] del [[1942]] emerge chiaramente l'idea secondo cui il rapporto fra debitori e creditori deve essere un rapporto paritario, sostanzialmente neutro nei confronti sia degli uni che degli altri.<br/>Tendenzialmente, il Codice civile non dà rilievo particolare alla situazione economica e sociale del debitore nè del creditore (salvo ipotesi eccezionali), e ripudia il principio del ''favor debitoris'', collocandolo alla stregua di un "antico pregiudizio", dando invece spazio alle regole [[Macroeconomia|macroeconomiche]] di [[politica monetaria]] e fiscale.<br/>La giurisprudenza, addirittura capovolgendo l'impianto ottocentesco, individua nella prassi i ''creditori deboli'' nei confronti dei ''debitori forti'' (quelli che beneficiano del fenomeno [[Inflazione|inflativo]] e svalutativo, delle clausole protettive dell'erosione del potere di acquisto della moneta, nonché della distribuzione di alcuni oneri sociali su tutta la collettività) ed individua alcune norme che ancora darebbero rilievo al principio del ''favor debitoris''.
 
==Le argomentazioni==
==L'articolo 1189 del Codice civile==
Per lungo tempo ci si è chiesti se, nonostante la sostanziale apparenza neutra del codice, non esista invece un principio '''generale''' di ''Favor Debitoris''. Per l'avvaloramento di questa tesi si è fatto ricorso ad una moltitudine di esempi pratici, come la teoria dell'inesigibilità della prestazione in caso di impossibilità che mitiga un rigidissimo art. 1218, le norme sulla [[rescissione]] in materia di lesione generale o stato di bisogno, la riduzione della [[clausola]] penale manifestatamente iniqua e ancora il divieto di patto commissorio nonchè l'estesa e specifica normativa del [[Codice del Consumo]].
 
L'art. 1189 del [[Codice civile]] dispone testualmente che il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in [[buona fede]].</br>
Per la [[Cassazione]], la norma in esame determina una scissione tra estinzione dell'[[obbligazione (diritto)|obbligazione]] e realizzazione del diritto e perciò si presenta come norma di carattere eccezionale, la cui ''ratio'' va ravvisata nel trattamento favorevole del debitore al quale il legislatore concede di non ripetere il pagamento, attribuendo a quello già eseguito in buona fede un effetto liberatorio.</br>
In altri termini, nel caso di pagamento effettuato al [[Rappresentanza|rappresentante]] apparente del creditore, il Codice civile dispone la rilevanza della buona fede e quindi la rilevanza dell'errore scusabile da parte del debitore.</br>
Tra l'altro, la Cassazione ritiene che l'art. 1189 citato si applichi anche in relazione alle ''obbligazioni pubbliche contributive'', comprese quelle verso gli Enti previdenziali, ritenendo di prescindere dalla natura pubblica di una delle parti di questo rapporto obbligatorio.
 
==L'articolo 1224 del Codice civile==
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==Gli articoli 1370, 1371 e 1469-''quater'' del Codice civile==
 
Queste tre norme, per la [[dottrina]], ribadiscono il principio della cd. ''interpretatio contra stipulatorem'', e dunque del ''favorFavor debitorisDebitoris'', rispettivamente per i [[Contratto|contratti]] di massa, per i contratti a titolo gratuito e per i contratti del consumatore, dove il predisponente (o il dante causa o il professionista) gode di una maggiore forza contrattuale della quale, però, non può approfittarne a discapito dell'altro contraente.
 
==In conclusione==
Come suddetto non si deve però ritenere che la parte del debitore sia sempre la più debole economicamente, egli può essere ad esempio persona assai più facoltosa dell'eventuale creditore; nel caso specifico il codice evita quindi di intromettersi negli accordi fra privati (escluse le situazioni di manifesto squilibrio vd. [[rescissione]]) e sì può quindi affermare che il ''Favor Debitoris'' non è stato utilizzato come principio '''generale''' dal nostro legislatore durante la stesura del codice, ma non negare che in alcuni specifici casi influenzi la redazione delle varie disposizioni.
 
==Voci correlate==
*[[Codice civile]]
*[[Favor Debitoris (Termine)]]
*[[Favor Creditoris (Termine)]]
 
[[Categoria:diritto civile]]