Caesarem appello: differenze tra le versioni
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'''Caesarem appello''' alla lettera ''Mi [[appello]] a [[Cesare (titolo)|Cesare]]'' è la frase, della prima [[epoca imperiale]], con cui il [[cittadinanza romana|cittadino romano]], rivendicando tale status con l'espressione ''[[civis Romanus sum]]'' (''sono cittadino romano''), si sottraeva alla giurisdizione del magistrato provinciale e otteneva il trasferimento della causa a [[Roma]].
Fu questo il modo con cui [[San Paolo]] si sottrasse al giudizio del governatore che rispose ''Cesarem appellasti, ad Cesarem ibis (''ti appellasti a Cesare, andrai da Cesare) e venne condotto a Roma, processato e assolto dal [[prefetto del pretorio]] [[Sesto Afranio Burro]].
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Il giurista [[Giulio Paolo]], in ''[[Sententiarum receptarum ad filium libri quinque]]'', fa riallacciare l'istituto della ''appellatio ad Caesarem'' alla precedente [[provocatio ad populum]] dell'[[età repubblicana]] e spiega che
{{Quote| Iulia de vi publica damnatur qui […] civem Romanum antea ad populum † provocationem † nunc imperatorem appellantem necaverit necarive iusserit.}}
(Traduzione libera: ''In base alla [[legge Giulia]], colui che è condannato prima invocava la ''provocatio ad populum'' ora l'appello all'imperatore''.)
Con la successiva estensione della cittadinanza romana a tutti i soggetti liberi dell'impero, l'istituto venne a perdere d'importanza.
== Voci correlate ==
* [[Cittadinanza romana]]
* [[Civis Romanus sum]]
* [[Provocatio ad populum]]
{{Governo di Roma antica}}
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