Piero Calamandrei: differenze tra le versioni
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=== Lo studioso ===
Della sua vasta produzione giuridica, è da ricordare soprattutto l'''Introduzione allo studio delle misure cautelari'' del
=== Sotto il fascismo ===
Politicamente schierato a sinistra, subito dopo la [[marcia su Roma]] e la vittoria del [[fascismo]] fece parte del consiglio direttivo dell<nowiki>'</nowiki>''[[Unione Nazionale (Italia)|Unione Nazionale]]'' fondata da [[Giovanni Amendola]]. Partecipò, insieme con [[Dino Vannucci]], [[Ernesto Rossi]], [[Carlo Rosselli]] e [[Nello Rosselli]] alla direzione di ''[[Italia Libera|Italia]] Libera t''
un gruppo clandestino di ispirazione azionista.<br> Manifestò sempre la sua avversione alla dittatura mussoliniana, aderendo nel [[1925]] al [[Manifesto degli intellettuali antifascisti]] di [[Benedetto Croce]]. Durante il ventennio fascista fu uno dei pochissimi professori e avvocati che non ebbe né chiese la tessera del [[Partito Nazionale Fascista]]<ref>Dell'intero Ordine degli avvocati di Firenze, solo tre iscritti non chiesero la tessera del partito fascista: oltre allo stesso Calamandrei, [[Adone Zoli]] e Ugo Feri</ref> continuando sempre a far parte del movimento antagonista, collaborando ad esempio con la testata ''[[Non Mollare]]''.
Nonostante ciò, nel 1931 giurò come professore universitario fedeltà al regime fascista e divenne collaboratore di [[Dino Grandi]] nella redazione del codice di procedura civile (del quale scrisse anche la relazione ministeriale di accompagnamento<ref>Cipriani, ''Il codice di procedura civile tra gerarchi e processualisti'', Napoli, 1992, p. 7 ss.</ref>).
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