Max Havelaar: differenze tra le versioni

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Multatuli scrisse ''Max Havelaar'' come protesta contro queste politiche coloniali. Nonostante lo stile di scrittura asciutto, il romanzo fece capire agli europei che vivevano in Europa che la loro ricchezza era il risultato della sofferenza di altre persone in altre parti del mondo. Alla fine questa consapevolezza determinò l'introduzione di una nuova "politica etica" (''Ethische politiek'') con cui il governo olandese cercò di "ripagare" il proprio debito con i sudditi coloniali assicurando l'istruzione ad alcune classi di indigeni, in genere ai membri dell'élite leale verso il governo coloniale.
 
Il romanziere indonesiano [[Pramoedya Ananta Toer]] affermò che, dando inizio a queste riforme dell'istruzione, ''Max Havelaar'' fu responsabile del movimento che fece finire il colonialismo olandese in Indonesia dopo il 1945 e che il romanzo fu strumentale all'inizio della [[decolonizzazione]] in Africa e in altri posti nel mondo. Così, secondo Pramoedya, ''Max Havelaar'' è "il libro che uccise il colonialismo".<ref name="pramoedya1999">Pramoedya Ananta Toer (1999). "The book that killed colonialism" (Il libro che uccise il colonialismo). ''The New York Times Magazine''. [[April 18]] aprile: 112-114.</ref>
 
Nell'ultimo capitolo l'autore annuncia che tradurrà il libro "nelle lingue che conosco e nelle molte lingue che posso imparare". Infatti ''Max Havelaar'' è stato tradotto in trentaquattro lingue (la prima traduzione fu quella in inglese nel 1868). In Indonesia il romanzo fu citato come fonte d'ispirazione da [[Sukarno]] e altri leader nazionalisti, tra i quali il discendente euroasiatico di Multatuli, [[Ernest Douwes Dekker]], che aveva letto il romanzo in versione originale. Il libro fu tradotto in [[lingua indonesiana|indonesiano]] nel 1972.<ref name="feenberg1997">Feenberg, Anne-Marie (1997). "''Max Havelaar'': an anti-imperialist novel". ''MLN'' 112(5):817-835.</ref>
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Nella '''parte C''' viene raccontata la storia di Saïdjah e Adinda. Si tratta delle avventure di un giavanese oppresso. Questo racconto è un duro attacco allo sfruttamento dei giavanesi, la denuncia della disperazione di un popolo e dell'indifferenza delle autorità. Dekker paragona il racconto a ''La capanna dello zio Tom'': un romanzo basato sull'esperienza di persone oppresse, che fece molta più impressione di una descrizione vera, ma arida, dell'oppressione.
 
Nella '''parte D''' scrive Eduard Douwes Dekker stesso, con lo pseudonimo di Multatuli: ringrazia Stern amichevolmente per il suo scritto, attacca Droogstoppel (che chiama "miserabile prodotto di oscena avidità e blasfema ipocrisia") e gli ordina di scomparire. Segue un attacco contro la corruzione descritta nel romanzo. Alla fine Multatuli scrive al capo dello stato, il re [[Guglielmo III dei Paesi Bassi]], chiedendogli di intervenire.
 
Questa parte è composta da più sezioni in cui Havelaar racconta le sue esperienze, in particolare a Sumatra. Havelaar racconta anche la parabola della pietra giapponese, originariamente scritta da [[Wolter van Wolter van Hoëvell]] (1812-1879). La pietra non vuole rimanere nella sua condizione modesta e si sottopone a un cambio di identità. Si trasforma in pioggia e in roccia - "ma non era contenta". Alla fine torna alla sua antica condizione. È un racconto con una morale da cui il lettore può trarre una lezione: l'ambizione rende infelici, accontentarsi è meglio che desiderare.