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'''Rotari''' (? - [[652]]) fu re dei [[Longobardi]] e [[Re d'Italia (dal Medioevo)|re d'Italia]] dal [[636]] al [[652]].
Già duca di [[Brescia]], [[arianesimo|ariano]] della famiglia degli Arodi, ascese al trono nel [[636]] alla morte di [[Arioaldo]], del quale sposò la vedova [[Gundeperga]], [[chiesa cattolica|cattolica]] e portatrice del "carisima" dell'antica dinastia dei [[Letingi]] ereditato dalla madre [[Teodolinda]]. Secondo la tradizione, alla morte di Arioaldo i duchi della corrente cattolica liberarono Gundeperga dal castello dove il marito l'aveva rinchiusa per farla governare per dieci mesi, prima di concederle il privilegio di scegliere il nuovo re e sposo. Le fonti non consentono di verificare la veridicità di questa tradizione, che se vere attribuirebbe a Gundeperga un ruolo identico a quello svolto nel [[590]] dalla madre. Il matrimonio con la regina cattolica indicava, comunque, la volontà del nuovo re di proseguire in una politica di tolleranza verso i cattolici.
Rotari condusse numerose campagne militari, che portarono quasi tutta l'[[Italia]] settentrionale sotto il dominio del regno longobardo. Conquistò ([[643]]) la [[Liguria]], compreso il capoluogo [[Genova]], la [[Corsica]], [[Luni]] e [[Oderzo]], mentre neppure la schiacciante vittoria ottenuta sull'[[esarcato d'Italia|esarca]] [[impero bizantino|bizantino]] di [[Ravenna]], sconfitto e ucciso insieme a ottomila suoi uomini presso il fiume [[Panaro]], fu sufficiente a sottomettere l'Esarcato.
La memoria di Rotari è legata soprattutto al celebre [[Editto di Rotari|Editto]], promulgato il [[22 novembre]] [[643]], con il quale codificò il [[diritto longobardo]] rimasto fino ad allora legato alla trasmissione orale. L'Editto apportò significative innovazioni, come la sostituzione dell'antica [[faida]] (vendetta privata) con il [[guidrigildo]] (risarcimento in denaro), e limitò fortemente il ricorso alla pena capitale.
Governò con energia e colpì con durezza i [[duca|duchi]] che gli si opponevano, facendone eliminare molti; questo tuttavia non gli alienarono il sostegno e l'affetto del suo popolo, che in lui ammirava il legislatore e, soprattutto, il guerriero. Anche il [[Ducato di Benevento]], che durante il suo regno espanse a loro volta il suo dominio conquistando la [[Puglia]] e la città di [[Salerno]], riconobbe l'autorità del re; il duca Arechi inviò alla corte di [[Milano]] il proprio figlio ed erede Aione. Morì nel [[652]] e venne sepolto a [[Pavia]].
{{Relongobardi|periodo = [[636]] - [[652]]|precedente = [[Arioaldo]]|successivo = [[Rodoaldo]]}}
{{ReItalia|periodo = [[636]] - [[652]]|precedente = [[Arioaldo]]|successivo = [[Rodoaldo]]}}
==Fonti==
*[[Paolo Diacono]], ''[[Historia Langobardorum]]'' (''Storia dei Longobardi'', Lorenzo Valla/Mondadori, Milano [[1992]])
==Bibliografia==
* Jörg Jarnut, ''Storia dei Longobardi'' (Torino, Einaudi [[2002]])
* Sergio Rovagnati, ''I Longobardi'' (Milano, Xenia [[2003]])
[[Categoria:Biografie]]
[[Categoria:Longobardi]]
[[Categoria:Re longobardi]]
[[Categoria:Sovrani italiani]]
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