La teoria dei colori (Goethe): differenze tra le versioni

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Il giallo e il blu sono quindi i due colori primari dalla cui interazione e variazione di intensità si ottengono tutti gli altri. Al giallo, principio del chiaro, Goethe assegna il polo positivo (+); al blu, principio dello scuro, attribuisce il polo negativo (-). Il giallo è il più affine alla luce, che è unicamente e originariamente [[bianco|bianca]]; quanto più si aumenta la torbidezza del mezzo ad essa sovrapposto, tuttavia, tanto più il [[giallo]] che ne scaturisce tenderà al colore [[arancione]], fino a trasformarsi in [[rosso]]: un esempio è dato dal disco del [[sole]], la cui bianca luminosità, essendo attenuata dall'[[atmosfera]], ci appare gialla; man mano che il sole si abbassa verso l'orizzonte però, aumentano gli strati di atmosfera frapposti tra noi e il sole, cosicché quest'ultimo apparirà arancione, e infine rosso al [[tramonto]]. Viceversa, aumentando la chiarezza di un corpo trasparente illuminato sovrapposto all'oscurità, questa si schiarisce progressivamente passando dal [[violetto]], al blu [[indaco]], e infine all'[[azzurro]]: un esempio è dato dal colore del [[cielo]], rischiarato dall'atmosfera illuminata dal sole; di giorno ci appare azzurro, mentre man mano che la luminosità dell'atmosfera svanisce, diventa blu e violetto, finché non comparirà il nero originario della volta stellata.
[[File:Die beiden Farbränder fotografiert durch ein Prisma.JPG|left|thumb|Il bianco di una striscia, vistaposta su sfondo nero, visto attraverso un prisma si polarizza: sul bordo di sinistra appaiono i colori scuri (-), su quello di destra i colori chiari (+)]]
[[File:Prisma-lightSpectrum-goethe.gif|thumb|Spettro luminoso: distanziando progressivamente il prisma, i due poli del colore tendono a congiungersi nel [[verde]]]]
Simili fenomeni sono riproducibili col [[prisma]] usato in maniera inappropriata da Newton. Questi lo considerava soltanto uno strumento con cui riuscire a vedere singolarmente i diversi colori ritenuti originariamente componenti la luce, ma Goethe rileva come le lunghezze d'onda relative ai vari colori non siano preesistenti ad esso, bensì conseguano dall'interazione della luce col prisma stesso, che funge da elemento torbido grazie a cui si produce l'effetto cromatico sopra descritto.<ref>Anche il filosofo idealista [[Hegel]] sottolineò come il prisma non sia uno strumento neutro, ma sia la causa dell'insorgere dei diversi offuscamenti chiamati "colori", enumerati arbitrariamente da Newton come sette: {{citazione|Nella teoria dei colori il prisma era finora uno strumento essenziale ma è merito di Goethe averlo demolito. La conclusione che viene da questo fenomeno è soltanto quella che, siccome nel prisma si mostrano sette colori, questi dunque sono l'elemento originario, e la luce è costituita da essi. Questa conclusione è barbara. Il prisma è trasparente e offuscante [...] e offusca la luce secondo il modo della sua figura. [...] Ma ora si dice che il prisma non ne è la causa; ma i colori che sono contenuti nella luce, vengono poi prodotti. Sarebbe lo stesso se qualcuno volesse mostrare che l'acqua pura non è originariamente trasparente, dopo aver rimestato un secchio pieno con uno straccio immerso nell'inchiostro, e dicesse poi "vedete signori miei l'acqua non è chiara".|[[Friedrich Hegel]], ''Filosofia della natura. Lezioni del 1823-1824'', a cura di Marcello Del Vecchio, pp. 101-102, FrancoAngeli, 2009 ISBN 9788856819304}}</ref> In particolare, sovrapponendo il prisma ad una striscia [[bianca]] su fondo [[nero]], comparirà su uno dei due bordi il [[giallo]] (confinante col bianco) che tende al [[rosso]] (confinante col nero), sull'altro bordo l'[[azzurro]] (confinante col bianco) che tende al [[violetto]] (confinante col nero); distanziando il prisma dalla striscia bianca, si vedranno il giallo e il blu unirsi progressivamente a formare il [[verde]]. {{citazione|Se combiniamo giallo e azzurro, che consideriamo i primi e più semplici colori, si ottiene il colore che chiamiamo verde. In esso il nostro occhio trova un autentico appagamento. Se ambedue i colori madre si equilibrano perfettamente nel composto, di modo che l'uno non si nota prima dell’altro, occhio e animo riposano su questo composto. Perciò il verde è di solito prescelto per la tappezzeria delle stanze di soggiorno.}}
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In esso si sostiene come la fondamentale suddivisione dei colori tra chiari e scuri risalga già agli [[antichi Greci]],<ref name="Greci" /> i quali non utilizzavano dei nomi fissi per indicare i diversi tipi di colore, ma li distinguevano più che altro in base alla loro limpidezza o tenebrosità, così che soltanto il bianco e il nero erano adoperati in maniera definita, a differenza degli altri. Ad esempio il termine ''xanthos'' poteva indicare tanto il giallo lucente quanto il rosso vivo del fuoco, come pure le tinte purpuree e persino blu.
 
La dottrina greca dei colori originati dalle due opposte polarità, chiaro e scuro, rimase predominante durante il [[Medioevo]], in cui soprattutto quella aristotelica continuò a essere discussa e commentata. Concezioni analoghe furono sviluppate nel [[Rinascimento]], grazie ad esempio a [[Leonardo da Vinci]], artista e scienziato insieme, che vedeva nel bianco e nel nero i duegli estremi fondamentali della gamma cromatica,<ref>[[Leonardo da Vinci]], ''[[Trattato della pittura]]'', cap. CXXI.</ref> a partire dai quali studiò il modo in cui due colori complementari si pongono reciprocamente in risalto, distinguendo le tinte prodotte dalla luce, come il giallo e il rosso, dai colori delle ombre, spesso tendenti al verde e all'azzurro.<ref>Leonardo, ''op. cit.'', capp. CLVI-CLVIII.</ref>
 
==Il carteggio con Schopenhauer==