Polizeiregiment "Bozen": differenze tra le versioni

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== Controversie e commemorazioni ==
Per le sue particolari caratteristiche di reggimento composto da altoatesini arruolati forzosamente e impiegato a Roma come unità non combattente, la scelta di colpire il "Bozen" è stata uno dei punti toccati dalle polemiche su via Rasella. Uno dei primi ad aver criticato l'opportunità dell'azione e ad aver espresso vicinanza ai caduti fu [[Marco Pannella]], leader del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]], che nel 1979 affermò: «Ricordare che erano sud-tirolesi i ragazzi di via Rasella è fare insulto alla Resistenza? [...] E dico [...] che vorrei poter portare fiori sulle tombe di quei 40 ragazzi, il cui nome non è scritto da nessuna parte, se non nella nostra convinzione che non si trattava di cose (come qualcuno sembra credere) ma di persone, di uomini che avevano delle madri, delle mogli, dei figli, che erano capaci di pensare, di sentire, di baciare»<ref>{{cita web|http://www.radioradicale.it/exagora/una-inutile-strage-4-via-rasella-il-terrorismo-la-sinistra-il-fascismo|Intervento di Marco Pannella al 21° congresso del Partito Radicale|sito=radioradicale.it|data=2 aprile 1979|10 ottobre 2014}}</ref>. Le conseguenti lunghe polemiche con il PCI portarono a una denuncia verso l'esponente radicale, da parte dei deputati comunisti [[Antonello Trombadori]] e Giorgio Amendola, per [[vilipendio]] delle forze armate<ref>{{cita news||http://archiviostorico.corriere.it/1994/marzo/20/tornaconto_per_comunisti_nell_polemica_co_0_94032015543.shtml|"tornaconto per i comunisti?" nell'80 la polemica di Pannella|Corriere della Sera|20 marzo 1994}}</ref>.
Dopo la guerra, ogni cinque anni a marzo i reduci del "Bozen" si sono riuniti presso il [[Santuario di Pietralba]], dove tra gli [[ex voto]] è custodito un quadretto con i nomi dei caduti di via Rasella<ref name=stampa79/>. Nel 1981 l'ex senatore [[Friedl Volgger]], uno dei fondatori della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), nell'annunciare sull'organo di stampa del partito una commemorazione che si sarebbe svolta il 29 marzo, scrisse:
 
Dopo la guerra, ogni cinque anni a marzo i reduci del "Bozen" sipresero sonoa riunitiriunirsi presso il [[Santuario di Pietralba]], dove tra gli [[ex voto]] è custodito un quadretto con i nomi dei caduti di via Rasella<ref name=stampa79/>. Nel 1981 l'ex senatore [[Friedl Volgger]], uno dei fondatori della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), nell'annunciare sull'organo di stampa del partito unal'annuale commemorazione che si sarebbe svolta il 29 marzo, scrisse:
 
{{citazione|Sulle tombe delle innocenti vittime delle Fosse Ardeatine brillano ininterrottamente dei ceri e vengono deposte sempre nuove corone. Per i folli fanatici che nella città eterna senza alcuna necessità hanno provocato un bagno di sangue in una compagnia di innocui poliziotti ci sono state medaglie d'oro e posti in Parlamento. Le Fosse Ardeatine sono diventate per gli italiani un luogo di commemorazione nazionale.
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Nel 1984 [[Josef Rampold]], direttore del quotidiano ''[[Dolomiten]]'', principale giornale in lingua tedesca dell'Alto Adige, criticò l'allora presidente della Repubblica Italiana [[Sandro Pertini]] per non aver reso omaggio, in occasione delle sue visite a Bolzano, alla lapide posta nel cimitero militare cittadino in memoria dei «sudtirolesi che furono uccisi nel proditorio attentato di via Rasella [...] arruolati e utilizzati semplicemente come corpo di guardia non facendo del male a nessuno»<ref>{{cita news||http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/09/27/da-bolzano-un-attacco-pertini.html|Da Bolzano un attacco a Pertini|la Repubblica|27 settembre 1984}}</ref>. Pertini replicò domandando al direttore del quotidiano se si fosse «mai recato, nelle sue visite a Roma, alle Fosse Ardeatine, ove sono raccolte le salme di 335 innocenti uccisi dai tedeschi per rappresaglia dell'attentato di via Rasella»<ref>{{cita news|||Secca replica di Pertini al quotidiano Dolomiten|La Stampa|2 ottobre 1984}}</ref>. Nella discussione si inserì anche il filosofo e senatore a vita [[Norberto Bobbio]], attivo nella Resistenza nelle file del [[Partito d'Azione]], il quale – all'interno di un'intervista in cui definì alcune azioni gappiste quali l'[[uccisione di Giovanni Gentile]] e l'attentato di via Rasella atti di terrorismo, ossia atti di violenza fini a loro stessi – affermò che non avrebbe avuto problemi a deporre un fiore sulle tombe dei militari altoatesini: «A parte la teatralità del gesto, contrario alla mia natura, non ho alcun motivo serio per rifiutarlo. Sono state vittime innocenti perché scelte a caso»<ref>Intervista a Norberto Bobbio a cura di {{cita news|[[Giampiero Mughini]]|http://www.lezionibobbio.erasmo.it/copertine/3198.pdf|Giustizia e libertà: il nodo è ancora qua|[[L'Europeo]]|20 ottobre 1984}}</ref>.
 
[[Vittorio Foa]], anch'egli un ex azionista, nel 1991 raccontò che visitando con la moglie il cimitero di [[Castelrotto]] era rimasto stupito nel vedere tombe di persone morte a Roma nel 1944: «Dopo un po' capimmo, erano i morti di via Rasella: erano dei ladini, soldati territoriali nella Wehrmacht. Ancor più del tragico spettacolo dell'ossario della via Ardeatina quel cimitero di montagna mi ha riportato al tema della selezione in una guerra»<ref>Vittorio Foa, ''Il cavallo e la torre. Riflessioni su una vita'', Torino, Einaudi, 1991, p. 158.</ref>. Un'altra manifestazione di pietà per la sorte dei militari altoatesini giunse nel 1999 da Alberto Benzoni (vicesindaco di Roma per il [[Partito Socialista Italiano]] dal 1971 al 1985) e sua figlia Elisa, che – tra le riflessioni conclusive di un saggio su via Rasella molto critico verso l'opportunità dell'azione e l'atteggiamentola posizione tenuta in merito deldal PCI nei decenni successivi – scrissero:
 
{{citazione|chiediamo anche un fiore per i riservisti del Bozen. Per la sorte che hanno subito, del tutto inconsapevoli; e per la condanna persecutoria, del tutto strumentale, di cui sono stati oggetto dopo morti. Strano destino il loro: si aprono le porte della comprensione collettiva ai giovani di Salò, e perfino agli esponenti della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|X MAS]]; mentre l'Italia rifiuta anche un segno di ricordo ai contadini sudtirolesi che non erano mai stati volontari in nessun tipo di esercito e in nessun tipo di guerra. Nel loro caso non occorre scomodare grandi e impegnativi disegni di pacificazione nazionale e di rispetto per i valori delle opposte fazioni. Niente fascismo e antifascismo, né questioni ideologiche; non c'è niente da riconoscere. Basta un semplice gesto di pietà<ref>{{cita|Benzoni 1999|p. 123}}.</ref>.}}
 
In diversedue occasioni a via Rasella sono state affisse senza autorizzazione lapidi in memoria dei caduti del "Bozen", poi rimosse dalla polizia: nel 1996 dal gruppo di estrema destra [[Movimento Politico]]<ref>{{cita news|Giuliano Gallo|http://archiviostorico.corriere.it/1996/gennaio/17/Una_lapide_Roma_via_Rasella_co_0_960117639.shtml|Una lapide a Roma in via Rasella, provocazione fascista sulla strage|Corriere della Sera|17 gennaio 1996}}</ref> e nel 2000 da sconosciuti<ref>{{cita news||http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/08/19/via-rasella-sequestrata-lapide-che-ricorda-bozen.html|Via Rasella, sequestrata lapide che ricorda i Bozen uccisi|La Repubblica|19 agosto 2000}}</ref>.
 
== Ordine di battaglia ==