Niccolò Tommaseo: differenze tra le versioni

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Trasferitosi a Firenze nell'autunno del [[1827]], conobbe, tra gli altri, [[Gino Capponi|Capponi]] e divenne una delle più importanti voci dell<nowiki>'</nowiki>''Antologia''. Di questo periodo ([[1830]]) è anche la pubblicazione del ''[[Nuovo Dizionario de' Sinonimi della lingua italiana]]'' cui deve gran parte della sua fama. A causa delle proteste del governo [[Impero austriaco|austriaco]] contro un suo articolo in favore della [[Guerra d'indipendenza greca|rivoluzione greca]], dovette autoesiliarsi a [[Parigi]], mentre le rimostranze austriache portarono alla chiusura della rivista.
 
Intorno al [[1831]] comincia ad occuparsi di poesia, influenzato anche dai ''Canti'' [[Giacomo Leopardi|leopardiani]] che erano in parte già comparsi assieme alle sue opere nel "Nuovo Raccoglitore".<ref name=Wolken>Rolf Fieguth, Alessandro Martini (a cura di), ''Die Architektur der Wolken: Zyklisierung in der europäischen Lyrik des 19. Jahrhunderts'', Peter Lang, 2005, [http://books.google.it/books?id=f66WJBwfdmwC&pg=PA132 pag. 132].</ref> Tommaseo, comunque, mal sopportava ed avversava Leopardi e le sue idee, scrivendo - in una lettera inviata a [[Gino Capponi]] nell'agosto 1833<ref name=Wolken/> - "Feci stanotte un sogno bellissimo [...] Poi, parevami di essere, quasi libero, nell'anticamera delle carceri; e v'era più gonfio in viso e più leggiadretto che mai, l'uomo che ha il genio del Tasso in fondo alla gobba, come il Tasso l'aveva in fondo al bicchiere". Quest'odio scaturiva dal fatto che non gradisse "la [di Leopardi] bestemmia fredda e la sventura noiosa"; d'altronde disse anche: "che io abbassi troppo il L.[eopardi] e il Giordani, può essere; ma vi confesso che le opinioni religiose e morali hanno gran peso nel giudicare, ch’io fo, degl’ingegni: l’uomo che neghi Dio e la bellezza, eziandio umana, del Cristianesimo, parmi natura gretta e dannata in questa vita a gelo perpetuo" (tratto dalla risposta del 13 ottobre 1836 ad [[Alessandro Poerio]]).<ref>Paolo De Caro, ''Intorno a un esemplare delle Operette morali 1835 conservato nella Biblioteca Provinciale di Foggia'', [http://www.bibliotecaprovinciale.foggia.it/capitanata/2013/2013pdf/2013_9_59_deCaro.pdf pag. 17]. La disistima verso Leopardi durò fino alla sua morte (Leopardi pensava che fosse stata "quella pazza bestia di Tommaseo" a far naufragare il progetto di stamprare i suoi scritti a Parigi presso l'editore Baudry: vedi la lettera di Leopardi a Louis de Sinner del 22 dicembre 1836) e ben oltre: scrisse due epigrammi contro di lui ("Natura con un pugno lo sgobbò: / 'Canta', gli disse irata; ed ei cantò" e "Esser vorresti uccello? Siam lì: sei pipistrello") e lo continuò a chiamare "conte crostaceo" ed "il Gobbo". Vedi Giovanni Gentile, Recensione a N. Tommaseo e G. Capponi, "Carteggio inedito dal 1833 al 1874 per cura di I. Del Lungo e P. Prunas, vol. II - Bologna, Zanichelli [1914] (pp. VIII-795 in 16°)" in «La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 13, 1915, [http://www.fondazionebenedettocroce.it/lacritica.fbbc/index.php/critica/article/viewFile/1847/1846 pagg. 384-86]. In una lettera del 1836 a Cesare Cantù scrisse: "Leopardi quacchero [...] nel dumila il Leopardi non avrà d'eminente nell'opinione degli uomini nè anco la spina dorsale, perchèperché i bachi della sepoltura glie l'avranno appianata". Vedi Ettore Verga (a cura di), ''Il primo esilio di Nicolò Tommaseo, 1834-1839: lettere di lui a Cesare Cantù'', Milano, Cogliati, 1904, [https://archive.org/stream/ilprimoesiliodi00tommgoog#page/n83/mode/2up pag. 60]. Nel ''Diario Intimo'' scrisse che Leopardi possedeva "un ingegno falso e angusto". Vedi ''Diario intimo'', Einaudi, 1946, [http://books.google.it/books?hl=it&id=QzM2AAAAIAAJ&focus=searchwithinvolume&q=Un+ingegno+falso+e+angusto pag. 135].</ref> Negli anni parigini pubblicò l'opera politica ''Dell'Italia'' ([[1835]]), il volume di versi ''Confessioni'' ([[1836]]), da alcuni considerato una sorta di risposta ai ''Canti'' di Leopardi,<ref>Nell'edizione del 1835 dei ''Canti'' il Leopardi aveva pubblicato la poesia ''Palinodia al marchese Gino Capponi'', la quale conteneva probabilmente un diretto attacco al Tommaseo (vv. 227 sgg.: "Un già de' tuoi, lodato Gino; un franco / di poetar maestro [...]"), che si sentì in dovere di affrettare la pubblicazione. Vedi Rolf Fieguth, Alessandro Martini (a cura di), ''Die Architektur der Wolken: Zyklisierung in der europäischen Lyrik des 19. Jahrhunderts'', Peter Lang, 2005, [http://books.google.it/books?id=f66WJBwfdmwC&pg=PA132 pag. 132-33]. Sebbene l'associazione col Tommaseo del "franco di poetar maestro" sia stata accettata da molti studiosi, lo stesso [[Gino Capponi]] successivamente affermò, rispondendo il 9 novembre 1875 a Fedele Lampertico, che in realtà si trattasse di un riferimento al [[Alessandro Manzoni|Manzoni]]. Vedi Gino Tellini, ''Filologia e storiografia da Tasso al Novecento'', Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2002, [http://books.google.it/books?id=MUYWe-XyXVgC&pg=PA122 pag. 122 nota 71].</ref> il racconto storico ''Il [[Duca di Atene]]'' ([[1837]]), il ''Commento alla [[Divina Commedia]]'' ([[1837]]) e le ''Memorie Poetiche'' ([[1838]]).
Da Parigi si spostò in [[Corsica]], dove con la collaborazione del magistrato e letterato [[Bastia|bastiese]] [[Salvatore Viale]], proseguì le ricerche di [[italianistica]], contribuendo alla raccolta della copiosa tradizione orale còrsa e definendo la lingua isolana come il più puro dei [[dialetto|dialetti]] italiani.
Si stabilì a [[Venezia]] dove continuò a pubblicare numerose opere, fra cui le prime due stesure del [[romanzo]] ''[[Fede e bellezza]]'' considerato il suo capolavoro, precoce tentativo di romanzo psicologico. Sempre di questi anni è la pubblicazione dell'importante raccolta dei ''Canti popolari toscani, corsi, illirici e greci'' ([[1841|1841-42]]); questo è il documento più schietto col quale l'Italia mostrava, grazie a Tommaseo, di avere decisamente compreso l'importanza scientifica delle raccolte di poesia popolare. Altrettanto importante pubblicazione sono le ''Scintille'' ([[1842]]), esempio unico di cosmopolitismo culturale dell'epoca.