Open innovation: differenze tra le versioni

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{{F|economia aziendale|arg2=sociologia|data=giugno 2009}}
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{{Quote|L'open innovation è un paradigma che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso ad idee esterne, così come a quelle interne, ed accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche.|Henry Chesbourgh, 2006}}Il mutamento dei processi economici dovuti principalmente alla globalizzazione ha costretto ad una riformulazione del concetto tradizionale di innovazione. Questo nuovo contesto economico, dove la convergenza delle tecnologie ha reso il processo di innovazione maggiormente rischioso e i mercati integrati hanno abbassato la vita media dei prodotti, ha stimolato una revisione e un aggiornamento della nozione di innovazione. Tra i primi a rispondere a questa esigenza troviamo Henry Chesbrough che nel saggio “The era of open innovation” (2003), focalizza l'attenzione sulla trasformazione in atto del modello di innovazione tradizionale, che può essere definito come ''closed innovation, ''e i nuovi paradigmi che invece spingono verso una “apertura” nella ricerca di innovazione oltre i confini dell'impresa.
'''''Open Innovation''''' è un termine promosso da [[Henry Chesbrough]], professore e direttore esecutivo del ''[[Center for Open Innovation at Berkeley]]''.
 
== '''Modelli tradizionali di innovazione''' ==
L'idea centrale di questo concetto è che, in un mondo come quello attuale dove la [[conoscenza]] viene largamente diffusa e distribuita, le [[Azienda|aziende]] non possono pensare di basarsi solo sui propri centri ricerca interni, ma dovrebbero invece comprare o concedere in licenza le innovazioni (per esempio con i [[Brevetto|brevetti]]) attraverso scambi con le altre aziende. Inoltre, le invenzioni sviluppate internamente ma non utilizzate nel proprio [[business]] dovrebbero essere date all'esterno (attraverso contratti di licenza, [[joint ventures]], [[spin off|spin-offs]]). Al contrario, il modello ''closed innovation'' si riferisce ad un processo che limita l'utilizzo della conoscenza interna entro le mura dell'azienda e non favorisce l'utilizzo della conoscenza esterna. Alcune aziende che promuovono l'Open Innovation sono [[Procter & Gamble]], [[InnoCentive]], spigit, [[Scandinavian Airlines System|SAS]] e [[IBM]]. Iniziano a presentarsi sul mercato anche modelli e servizi di Open Innovation orientati al delivery di soluzioni o progetti, favorendo quindi il ritorno economico di questo approccio.
Il modello tradizionale guardava all'innovazione come uno dei fattori principali di vantaggio concorrenziale nei confronti delle altre aziende che agivano sul mercato. Questo portava da una parte a mantene alte le barriere con l'esterno, producendo in prima persona, attraverso settori di Ricerca e Sviluppo interni, innovazioni della quale l'azienda era l'unica proprietaria, generando così un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti basato sulla commercializzazione della ricerca. Dall'altro lato il ricorso a risorse esterne per migliorare e arricchire la ricerca interna veniva ridotto ai minimi termini visto che l'accento veniva posto sull'importanza di governare in termini “proprietari” tale processo, investendo maggiormente sulla attività di tutela della proprietà intellettuale.
 
== '''Modello di innovazione aperta''' ==
Prima della [[seconda guerra mondiale]], il modello ''closed innovation'' era il paradigma utilizzato nella maggior parte delle aziende. Le aziende maggiormente innovative mantenevano un elevato livello di segretezza sulle loro scoperte e non cercavano di reperire e/o assimilare informazioni esterne ai loro laboratori di [[ricerca e sviluppo]]. Negli ultimi anni però vi è stato un significativo sviluppo della tecnologia e della società che ha facilitato moltissimo la diffusione delle informazioni (in particolare i sistemi di comunicazione ed [[internet]]). Al giorno d'oggi le informazioni possono essere trasferite in modo talmente facile che sembra impossibile bloccarle. In questo contesto il modello Open Innovation suggerisce che, piuttosto che bloccare questi flussi di informazioni, le aziende possono invece utilizzarli a loro vantaggio.
Numerosi sono i fattori specifici che hanno stimolato una revisione e aggiornamento del concetto di innovazione. Alcune dinamiche, determinate del cambiamento dei mercati e dei modelli economici, hanno reso svantaggioso e vulnerabile il modello tradizionale. Con la mobilità data dal nuovo mercato del lavoro sta diventando sempre più difficile trattenere le conoscenze e i talenti all'interno delle mura aziendali, ed anche i mercati dei capitali, stanno maggiormente investendo su proposte di business fondate su combinazioni di saperi e apporti diversi. Inoltre si sta affermando come modello organizzativo di successo la filiera e le relazioni orizzontali tra imprese. Questo ha portato le aziende verso una apertura, da qui “open innovation” sia nella ricerca delle competenze sia per quanto riguarda innovazione e ricerca. Non si ritiene che sia più necessario sviluppare internamente la ricerca per generare valore, ma la tendenza è quella di puntare su di un modello di business che sappia sfruttare e valorizzare al meglio le migliori innovazioni che il mercato offre all'esterno, trasferendole all'interno del nostro modello di business. La creazione di valore passa così da essere il risultato della trasformazione interna di input in output, nella sintesi migliore tra risorse interne ed esterne. L'innovazione chiusa offre benefici nel momento in cui il network interno è molto esteso da possedere tutte le risorse per poter sviluppare con continuità nuovi prodotti o servizi, quando però questo viene a mancare diventa più vantaggioso per l'azienda mettere in atto un networking che includa agenti esterni come università, start-up, istituti pubblici e privati, fornitori esterni, creando un flusso mobile di informazione e scambio più adattabile alla situazione attuale. Inoltre l'utilizzo di risorse esterne permette una riduzione del processo che intercorre dall'ideazione di un prodotto alla sua effettiva commercializzazione. Per il passaggio da un modello tradizionale a quello dell'open innovation è stato di fondamentale importanza l'incremento sostanziale del numero di risorse esterne a cui le aziende possono attingere ed i soggetti utili alla cooperazione e collaborazione.
 
In quest'ottica, diventa strategico per le aziende capire quali informazioni esterne portare al proprio interno e quali informazioni interne cedere all'esterno.
 
Nonostante la somiglianza del nome, Open Innovation ha poco in comune con l'[[Open Source]], che enfatizza invece lo scambio e non la vendita o la concessione in licenza delle innovazioni.
 
== Bibliografia ==
* Luca Quarantino, Luigi Serio, L'innovazione aperta in Sviluppo&Organizzazione, n°234, ESTE – Edizioni Scientifiche Tecniche Europee, 2009
* Henry Chesbrough, Open Innovation: Researching a New Paradigm, Oxford University Press, 2006
* Henry Chesbrough, The Era of Open Innovation, Mit Sloan Management Review, Spring, 2003
* Antonio Capaldo, Alleanze strategiche in Sviluppo&Organizzazione, n°199, ESTE – Edizioni Scientifiche Tecniche Europee, 2003
== Voci correlate ==
* [[Open source]]