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Figlio di Giuseppe e Rosa Vucovich (nelle fonti anche ''Vukovich''), aveva pochi mesi quando la famiglia si trasferì a [[Venezia]], dove visse fino al 1866. Tornato a Zara, vi frequentò le scuole locali: le sue prime prove di giornalismo furono legate al giornale degli studenti ginnasiali zaratini «Tra noi», che lo vide nel 1872 fra i principali collaboratori. Laureatosi in legge a [[Graz]] nel 1878, fu per breve tempo impiegato nell'ufficio del Governo di Zara<ref>A Zara aveva sede il Governatore della [[Regno di Dalmazia|Dalmazia]]: uno dei vari "Kronland" (Regni) in cui era divisa la [[Cisleitania]] austriaca.</ref>. Poco incline a quel tipo di attività, diede le dimissioni e iniziò la pratica notarile nello studio Pappafava: ben presto si rese conto della propria insofferenza anche verso questa professione, purtuttavia mise a frutto quest'esperienza frequentando la vastissima biblioteca e l'archivio della famiglia Pappafava, ove poté leggere una serie di libri, pergamente e manoscritti, prevalentemente legati alla storia di Zara e della Dalmazia. La passione per gli studi non lo lascerà più, e ne fece uno dei massimi conoscitori di storia locale del suo tempo, attentissimo anche all'attualità e a qualsiasi forma di produzione artistica.
 
Collaboratore di circa un centinaio fra giornali e riviste, inizò con una serie di articoli per «L'Ofanto» - un modesto giornale di [[Cerignola]] - ma nel volgere della sua vita scrisse fra l'altro per la [[Giosuè Carducci|carducciana]] «[[Cronaca bizantina]]», per la rivista «Natura e arte» della [[A. Vallardi Editore|casa editrice Vallardi]], per «[[La Lettura]]», per le riviste «Avvenire» e «Difesa» fondate dallo [[Spalato|spalatino]] [[Antonio Bajamonti]], per il giornale «Libertà e lavoro» di [[Giuseppe Caprin]]. Fu anche fondatore e direttore di due riviste letterarie, denominate «Scintille» (1886) e “Cronaca«Cronaca Dalmatica”Dalmatica» (1888).
 
Personaggio di spicco dell'ambiente culturale zaratino, Sabalich condusse una vita punteggiata di aneddoti singolari: si racconta che temesse di passare sotto il campanile del [[Cattedrale di Sant'Anastasia (Zara)|Duomo]], per timore che questo crollasse; sul suo conto correva anche la storiella secondo la quale si facesse accompagnare sempre da un amico nelle sue frequentazioni dei caffè cittadini per fargli bere anche un sorso della bevanda da lui ordinata, temendo di ammalarsi ma non volendo dare l'impressione di non consumare l'ordinazione; allo stesso modo, non osava premere i bottoni dei campanelli elettrici per paura di fulminarsi e dormiva con porte e finestre spalancate in ogni stagione, per riuscire a scappare celermente in caso d'incendio. Grandi e piccole manie che sottintendevano qualche problema di natura fisica o psicologica, tanto che - ammalatosi di [[agorafobia]] e [[talassofobia]] - dovette rinunciare a tornare all'amata Venezia.