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La particolare angolazione visiva di Tacconi lo rende un autore imprescindibile per l'analisi del periodo irredentista dei dalmati italiani: la storia per Tacconi non è mai solo l'analisi scientifica delle fonti, ma persegue lo scopo preciso e dichiarato d'essere funzionale agli scopi nazionali della sua gente, appartenente alla patria italiana. Le decine di scritti di carattere storico o cronachistico presentano quindi sempre di fondo questa finalità, sia che si parli di un qualsiasi periodo della storia dalmata che apertamente di irredentismo adriatico.
Una notevole mole di lavori è dedicata ai rapporti fra l'Italia e la Dalmazia: sia nella cultura che nella politica, con innumerevoli accenni ai personaggi apertamente italiani della costa orientale dell'Adriatico, quali (in ordine alfabetico) [[Arnolfo Bacotich]], [[Antonio Bajamonti]], [[Antonio Cippico]], [[Arturo Colautti]], [[Alessandro Dudan]], [[Vincenzo Fasolo]], [[Roberto Ghiglianovich]], [[Natale Krekich]], [[Pier Alessandro Paravia]], [[Giuseppe Praga]], [[Oscar Randi]], [[Francesco Rismondo]], [[Giuseppe Sabalich]], [[Nicolò Trigari]], [[Luigi Ziliotto]] e altri; o legati alla storia di quelle terre, come (in ordine alfabetico) [[Bruno Coceani]], [[
Altro tema particolarmente caro a Tacconi fu quello dei rapporti fra Italia e Jugoslavia, e più in generale fra gli italiani e gli slavi nelle terre dell'Adriatico orientale. Le critiche di Tacconi si spartiscono equamente nella denunzia della politica italiana troppo accondiscendente (a suo dire) nei confronti dei vicini jugoslavi, e contemporaneamente nella denunzia dell'aggressività genericamente jugoslava e specificamente croata (sempre a suo dire) contro l'Italia e contro la memoria della presenza italiana in Istria, a Fiume e in Dalmazia.
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