Locomotiva FS E.330: differenze tra le versioni
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Stern brevettò nel [[1907]], integrando il [[brevetto]] nel [[1908]], un circuito in grado di convertire a bordo la corrente di alimentazione da [[Sistema trifase|trifase]] a [[Sistema bifase (elettrotecnica)|bifase]], con conseguente variazione del [[Motore elettrico|numero dei poli]] per ottenere due velocità di rotazione dei motori. Nello stesso brevetto egli suggerì l'applicazione del suo schema a una locomotiva a quattro velocità (le altre due ottenute con un collegamento in cascata), aggiungendo un [[autotrasformatore]] Scott per la conversione della corrente da trifase a bifase.<ref name="ReferenceB"/>
Il brevetto del Milch, depositato nel 1910, risolse il problema della
Il numero dei contatti dei [[Locomotiva elettrica|combinatori]] risultò alla fine essere di 103.<ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|n. 2, pp. 38-42|Verole Marsili n. 2}}.</ref><ref name="Cita|Mascherpa|n. 225, p. 28">{{Cita|Mascherpa|n. 225, p. 28}}.</ref> Gli anelli collettori<ref>Nelle macchine elettriche asincrone gli anelli collettori collegano l'avvolgimento dell'[[Rotore (elettrotecnica)|indotto]] col reostato di avviamento.</ref> furono posti sull'albero del motore (tre da un lato e quattro dall'altro)<ref>Nello schema previsto dal brevetto Stern del 1907 i punti di commutazione avrebbero dovuto essere 24. Nel suo brevetto integrativo del 1908 egli aveva ridotto il loro numero a 9. Fu con lo schema Milch brevettato nel 1910 che il numero fu ridotto a 7, permettendo la costruzione dell’E.330 con le tecnologie allora disponibili: cf {{Cita|Mascherpa|n. 224, pp. 19-20}}.</ref>, in posizione vantaggiosa per le ispezioni e la manutenzione ma con difficoltà costruttive per le tecnologie allora disponibili, giacché i cavi di collegamento tra i collettori e gli [[Indotto (elettrotecnica)|indotti]] dovettero passare in cunicoli a collo d'oca attraversanti i perni di manovella, le manovelle e gli alberi.<ref name="Cita|Mascherpa|n. 225, p. 28"/><ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|n. 1, pp. 12-13|Verole Marsili n. 1}}.</ref>
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